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A Notting Hill, sta nascendo un nuovo hub d'arte e design

Nel 2023, aprirà le porte al pubblico un polo creativo per dare voce non solo agli artisti, ma anche ai visitatori e ai residenti. Dove poter acquistare, fare degustazioni, ascoltare musica e ballare

di Jackie Daly

Christopher Le Brun, Vincenzo De Cotiis e Yinka Ilori. Al centro, Julien Lombrail e Loïc Le Gaillard, co-fondatori di Ladbroke Hall e di Carpenters Workshop Gallery, accanto Ingrid Donat e Nacho Carbonell. © Tom Jamieson

6' di lettura

«È il parco giochi perfetto», urla Loïc Le Gaillard, per sovrastare il frastuono di martelli e trapani. Elmetto in mano, mi indica con un gesto l'ingresso di Ladbroke Hall, lo storico edificio di Notting Hill, ex sede londinese della Sunbeam Talbot Motor Company e nuovo polo di Carpenters Workshop Gallery. «Stiamo creando una comunità per i creativi e i residenti della zona», continua. «Chiunque voglia ampliare i confini di ciò che è considerato espressione artistica qui sarà il benvenuto». Siamo appena entrati nel magnum opus di Loïc Le Gaillard e del co-fondatore Julien Lombrail. Amici d'infanzia, i due hanno comprato la proprietà quattro anni fa e sono al lavoro per trasformarla nel loro fiore all'occhiello: un grande hub artistico che verrà inaugurato nella primavera del 2023, con un costo di circa 30 milioni di sterline.

Le Gaillard e Lombrail non sono soli nella loro avventura, hanno messo insieme un gruppo di artisti e di designer che li ha aiutati in questa utopia creativa. L'architetto anglo-ghaniano David Adjaye ha supervisionato la metamorfosi del lato dell'edificio che ospita la galleria, mentre l'architetto-artista Vincenzo De Cotiis, insieme alla designer-artista francese Michèle Lamy, ha curato l'area hospitality. Quando Ladbroke Hall aprirà in primavera, Adjaye presenterà i suoi nuovi arredi in una personale, mentre un secondo evento d'apertura – che introdurrà un'altra sezione della galleria e il suo focus sul vintage – presenterà anche pezzi dell'architetto brasiliano José Zanine Caldas, scomparso nel 2001.

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Adjaye, uno dei collaboratori chiave del progetto, ha anche concepito quello che diventerà la sua parte più prestigiosa: una sezione contemporanea dell'edificio che Le Gaillard definisce la sua «folle cattedrale» e che, se tutto procederà secondo i piani, verrà ultimata entro il 2025. Qui i raggi di luce filtreranno in interni quasi monastici attraverso il soffitto di vetro; sarà un luogo dove contemplare il design – qualcuno potrebbe addirittura dire “stare in sua adorazione”. «Ladbroke Hall è lo spazio che Julien e io sognavamo di creare fin dal 2006, quando abbiamo inaugurato la nostra piccola galleria a Chelsea», racconta Le Gaillard, ricordando il loro primo spazio, ricavato in un vecchio laboratorio di falegnameria, che negli anni è diventato una piattaforma per arredi e objets a cavallo fra arte e design. L'anno dopo era stata la volta di un nuovo avamposto a Mayfair, quindi di altri due a Parigi e di ulteriori gallerie a New York e a Los Angeles. Ladbroke Hall sarà la loro “mega Mecca”. «Non solo un luogo dove vedere grande arte e grande design, ma anche dove cenare divinamente, ascoltare e registrare ottima musica. Balleremo il tango, ascolteremo jazz, passeggeremo sulla terrazza sul tetto e in un giardino meraviglioso. Sarà un posto dove incontrare persone interessanti ed esplorare la creatività in tutte le sue forme», spiega.

Tavolo DC1716 (2017), Vincenzo De Cotiis. © Tom Jamieson

La galleria ha una lunga esperienza in materia di collaborazioni creative, e gran parte dei quasi 4mila metri quadrati di Ladbroke Hall sono stati concessi ad artisti e designer. «Abbiamo fatto fare loro un tour e ci hanno detto dove sentivano la maggiore energia. Li abbiamo lasciati fare, non abbiamo assegnato compiti o altro», spiega Le Gaillard, porgendomi un elmetto e scomparendo dentro una porta laterale. Una volta all'interno, camminiamo scansando impalcature e uomini che martellano prima di arrivare a quello che era l'ingresso del palazzo, perfettamente conservato e riconvertito in ristorante. Il menu sarà curato dallo chef Emanuele Pollini e l'atmosfera sarà firmata da De Cotiis, che l'ha descritta così: «Dettagli delicati e luminosi e le linee scure richiameranno immagini urbane». La sala sarà in parte occupata da lampade e dagli arredi della collezione En Plein Air, in fibra di vetro riciclata.

Un dettaglio del nuovo tavolo Yaawa, David Adjaye. © Tom Jamieson

Un ulteriore effetto wow verrà da quattro enormi opere d'arte site-specific realizzate dall'ex presidente della Royal Academy of Arts, Christopher Le Brun, che le ha definite un'improvvisazione sul repertorio classico della pittura – colore, luce e tempo. «Sono lo sviluppo su grande scala di temi e motivi di lavori esposti di recente a Londra e a Shenzhen», dice dei suoi pezzi. «È una pittura che non ha altro scopo che quello di dare piacere, consolazione, essere espressione della possibilità stessa dell'arte». Le Gaillard è entusiasta del contributo di Le Brun; cita come precedente l'intervento di Rothko al Four Seasons. «È venuto qui e voleva partecipare a quello che stavamo creando». Un altro pezzo forte del ristorante, che avrà 60 coperti, è il gigantesco lampadario che esprime l'approccio tattile alla scultura di Nacho Carbonell.

Michèle Lamy con Loïc Le Gaillard. © Tom Jamieson

L'idea di coinvolgere tutti i sensi si materializza appena mettiamo piede al mezzanino affacciato su una grande sala con pareti acusticamente isolate e un palco, pronta per accogliere musica e una varietà di eventi che spazierà dai supper club ai laboratori, dalle proiezioni di film alle installazioni, agli happening teatrali. «Vogliamo cambiare il modo in cui lavorano le gallerie contemporanee; il modello in cui vieni, ti limiti a guardare e poi vai via è sorpassato, è troppo limitante e spesso troppo commerciale. Viviamo in un'epoca in cui tutti abbiamo bisogno di investire molto di più nelle emozioni», spiega Le Gaillard mentre ci sporgiamo a guardare lo spazio sottostante da un'antica balaustra in ferro. «Vogliamo che le persone partecipino e vengano qui a passare il tempo».

È il momento giusto per guidarmi verso “Lamyland”, la visione dell'artista-designer francese Michèle Lamy per il bar-lounge e lo studio di registrazione di Ladbroke Hall. Lamy aveva in mente di progettare una sorta di «radura tecnologica» ispirata alla storia di Kingston, dove sono nati lo ska e il reggae giamaicani. «Ho anche creato il “bambino” del mio Les Deux Cafés (il suo ristorante di Los Angeles, ndr), dove tutto sarà biologico e sostenibile e ci sarà musica, molta molta musica», dice. Le Gaillard accelera il passo e scompare dentro una porta coperta da un telone che porta all'esterno. Lo seguo e rimango strabiliata dai profondi scavi nel terreno sul retro dell'edificio, preludio di quello che diventerà la wine cellar dell'architetto belga Nicolas Schuybroek e uno spazio espositivo sotterraneo: una specie di grotta, buia e piena di atmosfera, che rimarrà un po' segreta e sovvertirà il tradizionale concetto di galleria d'arte come white box.

Lady Midnight (2014) di Wendell Castle è collocata davanti a Colourful Balls Bubble Lamp (166/2019), 2019, di Nacho Carbonell e Bibliothèque Quatre Saisons (2015), di Ingrid Donat (a destra). © Tom Jamieson

Da qui ispezioniamo un altro spazio che diventerà una cucina da esterni e la reception dello studio fotografico; la progettazione del giardino sarà affidata a Luciano Giubbilei, che «ha vinto il Chelsea Flower Show nel 2014 ed è un vero artista», dice Le Gaillard mentre già sfreccia verso l'interno. «Sulla facciata ha creato una specie di serpente di vegetazione che fiorirà due volte all'anno». Le Gaillard vuole mostrarmi le gallerie del Carpenters Workshop, ovvero gli spazi privati di alcuni creatori che si trovano al primo piano – «il nostro piano nobile». Quello dell'artista svedese Ingrid Donat sarà un lussuoso salone dove boiserie originali si accompagneranno all'uso di pergamena e a preziosi tessuti cuciti a mano che rivestiranno le pareti.

Stag Chair Right (Black Plywood, 2007), di Rick Owens. © Tom Jamieson

Per Le Gaillard questi spazi sono una dichiarazione di intenti. «Vogliamo che tutti sentano di poter venire qui anche solo per conoscere il design e che la diversità arrivi non solo dagli artisti, ma anche da chi ci visita, sia che provenga da una scuola della zona sia che faccia già parte del settore della moda, dell'arte o del design. Abbiamo avuto un grande successo ed è il momento di restituire qualcosa. Stiamo seminando, e sappiamo che crescerà qualcosa di molto bello». Quando Ladbroke Hall aprirà al pubblico, esporrà importanti lavori di Rick Owens, Maarten Baas, Niko Koronis, Studio Drift e Atelier Van Lieshout e, tra le mostre in programma l'anno prossimo, c'è una personale dell'artista multidisciplinare londinese Yinka Ilori: «Testimonierà il mio percorso, quello di un designer che osserva le transizioni, coglie le nuove influenze e le traduce in nuovi modi di raccontare storie».

Una vista esterna dell'edificio di Ladbroke Hall, nel quartiere londinese di Notting Hill. © Tom Jamieson

Questo stuzzicherà l'appetito dei potenziali mecenati del nuovo hub, non più di 2mila persone «selezionate accuratamente, che condivideranno il nostro modo di vedere le cose. Ci aiuteranno a raccontare che cosa facciamo qui e a prendere decisioni, avranno accesso privilegiato ad alcuni eventi culturali che organizzeremo sia in questo spazio sia all'estero. Ma chiunque sarà sempre benvenuto», dice Le Gaillard, sottolineando che l'obiettivo della galleria è quello di avere un grande impatto sulla comunità, di nutrire la creatività dei giovani. Yinka Ilori non vede l'ora di esserne parte. «Notting Hill, specialmente Ladbroke Grove, è una zona ricchissima di energia», dice con un largo sorriso. «Al momento non esiste niente di simile a Ladbroke Hall. Non vedo l'ora di vedere come s'integrerà nella cultura locale».

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