Accesso ai farmaci: le scelte dell’Italia
Con i nuovi piani nazionali per le malattie rare e quelle oncologiche, il ministero della Salute pone l'attenzione sulla centralità del malato e sulla riduzione o eliminazione delle disuguaglianze nell'accedere agli interventi di prevenzione e cura
di Francesca Cerati
3' di lettura
Migliorare l’accesso ai farmaci. Il tema è ormai una priorità a livello sia europeo che nazionale. Nel primo caso con il nuovo Regolamento europeo di Health Technology Assessment (Hta), che entrerà in vigore nel 2030, verranno messi a disposizione degli Stati membri le prime valutazioni cliniche congiunte sui farmaci antitumorali e le terapie avanzate. L’Europa, in pratica, si pone come obiettivo quello di formulare valutazioni condivise, evitando differenze e duplicazioni. Resterà comunque in capo all’Agenzia del farmaco nazionale, nel nostro caso Aifa, il compito di coniugare l’accesso e la sostenibilità, anche tramite un approfondito confronto tra i benefici e i costi delle nuove e vecchie terapie.
In Italia sono invece due i documenti di politica sanitaria rilasciati all’inizio di quest’anno e che vertono sulla centralità del malato e sulla riduzione o eliminazione delle disuguaglianze nell’accesso agli interventi di prevenzione e cura. A febbraio, il ministero della Salute tramite il suo Comitato nazionale malattie rare, ha infatti licenziato il Piano nazionale per le malattie rare. Grazie all’azione decisiva del sottosegretario alla Salute, Marcello Gemmato, il Piano «permetterà una più efficace presa in carico delle persone che vivono con malattia rara con l’obiettivo di un supporto terapeutico costante e soprattutto omogeneo su tutto il territorio». Ma sottolinea anche come declinare e sfruttare efficacemente le reti e l’utilizzo dei dati. Un mese prima, invece, è stato adottato il Piano oncologico nazionale 2023-2027, sviluppato secondo un approccio globale e intersettoriale, con una maggiore integrazione tra prevenzione, diagnosi precoce e presa in carico, compreso il miglioramento delle cure e la prevenzione delle recidive. Resta però il fatto che Regioni e Province autonome adotteranno le soluzioni organizzative più idonee in relazione alle esigenze della propria programmazione.
Entrambi i piani mettono in evidenza due aspetti cruciali della cura: l’eliminazione delle disuguaglianze regionali e un rapido accesso alle terapie innovative. Anticipando le priorità di Governo, The European House Ambrosetti, ha realizzato il report “Unmet needs e aree di miglioramento nella gestione dei pazienti affetti da Linfoma non-Hodgkin”, con l’obiettivo di comprendere le criticità nella presa in carico di questi pazienti, con particolare attenzione ai linfomi diffusi a grandi cellule B per i quali sono state approvate terapie innovative, in 5 regioni chiave: Lazio, Emilia Romagna, Lombardia, Veneto e Puglia. Obiettivi: come l’innovazione farmacologica entra all’interno dei percorsi diagnostico-terapeutici, come si integra, che ruolo hanno le reti ematologiche e oncoematologiche, come i dati possono essere messi a disposizione e quali gli indirizzi strategici economici.
L’analisi delle esperienze e delle strategie di presa in carico di questi pazienti nelle regioni considerate ha evidenziato una situazione eterogenea sul territorio nazionale e all’interno delle stesse Regioni, con alcuni tratti comuni. In tutte le Regioni, infatti, l’assistenza ematologica è garantita da Centri di riferimento altamente specializzati, che collaborano con gli altri reparti e con gli altri Centri periferici, nonché con le associazioni di volontariato al fine di favorire una assistenza ematologica multidisciplinare e integrata tra ospedale e territorio. Però, non sempre l’approccio collaborativo esistente trova riscontro in una Rete ematologica strutturata, presente oggi solo in 3 delle 5 Regioni coinvolte, peraltro con modelli organizzativi differenti (Cancer Care Network in Puglia e Lombardia, modello a rete Hub&Spoke in Veneto).
Anche nei percorsi diagnostico terapeutici assistenziali (Pdta) si osserva una differente strategia da una Regione all’altra: il Veneto ha di recente approvato un Pdta regionale per i Linfomi non-Hodgkin e la Puglia intende dotarsene; nel Lazio e in Emilia Romagna si intendono definire delle linee di indirizzo regionali per poi predisporre dei percorsi di cura su scala provinciale o di Area Vasta. Per quanto riguarda l’accesso all’Innovazione, in tutte si registra un buon livello, legato alla crescente diffusione dell’approccio value-based che guarda al valore complessivo di una terapia, considerando quindi gli impatti sugli outcome clinici rispetto al solo prezzo. Quali sono, infine, le esigenza condivise da tutte le Regioni: rafforzamento dell’assistenza di prossimità, e in particolare dell’assistenza domiciliare, adeguamento degli organici, implementazione del supporto psico-oncologico per pazienti e caregiver e l’uniformità nell’offerta di terapie di supporto e palliative, assoluta priorità per i pazienti.
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