Accordi commerciali: in Canada crescita record del food&beverage made in Italy
Aumentate le esportazioni di ortofrutta (+80%), formaggi (+35%) e vino (+24%): grandi opportunità dallo sblocco di altri negoziati come quelli con Usa e Mercosur
di Giorgio dell'Orefice
4' di lettura
L’ultimo in ordine di tempo è stato il Ceta, l’accordo di libero scambio tra Ue e Canada che, benché in vigore in via provvisoria dal 2017 e non ancora ratificato da tutti gli Stati membri, ha prodotto ottimi risultati soprattutto per l’agroalimentare made in Italy. Nel complesso le esportazioni italiane verso il Canada dal 2017 allo scorso anno sono aumentate del 36,3% con in prima fila l’agroalimentare con il +80% dell’ortofrutta trasformata, il +35% per il lattiero caseario e il +24% registrato dal comparto vino e bevande. Risultati che avrebbero dovuto spingere a negoziare altri accordi bilaterali mentre invece su questo fronte in questi anni è rimasto quasi tutto fermo. Le uniche due intese che sono state raggiunte dalla Ue hanno riguardato Cile e Nuova Zelanda, anche se la procedura di approvazione va ancora completata.
È questo lo scenario degli accordi commerciali internazionali che ormai da qualche anno (complici anche pandemia e guerra) sono rimasti in stand by. Del tutto assenti dal dibattito politico, eppure, quei negoziati possono aprire importanti opportunità, in primo luogo, per il wine & food made in Italy.
In questi anni si è assistito, anche a un altro importante evento con forti ricadute commerciali per l’agroalimentare italiano, ovvero la Brexit, l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea. Su questo fronte i timori iniziali e, soprattutto, la grande confusione sulle regole non hanno impedito di approdare ad equilibri che stanno reggendo alla prova. Gli scambi sono tornati ai livelli pre Brexit e oggi con una quota del 25% dell’import totale il Regno Unito è il primo mercato extra Ue per l’agroalimentare comunitario. Una tregua che si regge sul cosiddetto “protocollo irlandese” cioè un tacito accordo che nell’Irlanda del Nord si continuino ad applicare le regole commerciali Ue perché altrimenti essendo attigua all’Eire si rischierebbe l’arrivo sul mercato europeo di merci non assoggettate ai necessari controlli e al rispetto delle medesime norme fitosanitarie. Intanto, sono ripresi i colloqui tra Commissione Ue e Governo inglese e una soluzione potrebbe essere non troppo lontana.
Ma soprattutto nonostante il favorevole precedente del Ceta sono rimasti su un binario morto i due principali accordi commerciali quello col Mercosur (Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay) e il fondamentale negoziato con gli Stati Uniti.
Col Mercosur fu raggiunta una prima intesa a giugno del 2019 dopo una trattativa durata venti anni ma quell’intesa non è mai diventata operativa. Anzi, negli ultimi anni, è stata sottoposta a molteplici critiche e contestazioni che ne hanno finora impedito la ratifica. Contestazioni che hanno riguardato i contingenti di importazioni zootecniche e di zucchero al Sudamerica, nel mirino dei produttori europei. A questo va aggiunto che in tempi di transizione ecologica in Europa è stato più volte richiesto che nell’accordo vengano presi stringenti impegni ambientali anche da parte sudamericana e in particolare sulla deforestazione in Amazzonia. Richieste che sono diventate sempre più pressanti dopo che Parlamento europeo e Consiglio Ue hanno raggiunto un’intesa sulla proposta di regolamento Ue sulla deforestazione che in futuro potrebbe impattare sulle importazioni da paesi che non rispettano medesimi principi.
Di recente, e alla luce delle recenti elezioni in Brasile, si sono espressi a favore di una ripresa del negoziato con il Mercosur sia la presidente della Commissione Ue, Ursula Von der Leyen che l’Alto Rappresentante dell’Unione europea per gli Affari esteri, Joseph Borrell.
E infine il capitolo forse più importante, l’accordo di libero scambio Ue-Usa. Un tentativo di aprire un negoziato per arrivare a un accordo fu fatto ai tempi della presidenza Obama ma non si andò molto oltre. Ogni trattativa si infranse sulle divergenze di opinioni su temi come Ogm e carni agli ormoni. In generale va tenuto conto che, negli ultimi anni, sono avvenute trasformazioni che incideranno in maniera rilevante anche sui futuri negoziati commerciali. Pandemia prima e guerra Russia-Ucraina hanno riproposto in maniera forte il tema della sicurezza alimentare, intesa come sicurezza negli approvvigionamenti
«L’elemento del prezzo, del minor prezzo – ha commentato il ministro dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare, Francesco Lollobrigida – non può essere più l’unico elemento guida, la lente con la quale guardare ai mercati internazionali. È necessario privilegiare l’aspetto dell’affidabilità negli approvvigionamenti per non trovarsi in difficoltà come avvenuto sul fronte energetico. Un aspetto che rientra appieno nella riflessione che stiamo portando avanti sulla sovranità alimentare che significa ottenere garanzie sulla sicurezza alimentare di un paese, rafforzando i rapporti con partner storici come sono gli altri stati membri Ue ma anche paesi alleati come sono gli Stati Uniti».
«Una delle principali barriere allo sviluppo del nostro export – spiegano a Federalimentare – sono le lunghe procedure doganali, i complicati controlli veterinari e fitosanitari sui prodotti, se non addirittura i divieti promossi dai Paesi di destinazione. Laddove sono presenti accordi di libero scambio, tali barriere sono ridotte, se non eliminate. Nei Paesi dove non esistono accordi, invece, costituiscono un severo ostacolo, che limita fortemente le potenzialità di sviluppo del nostro export. Gli accordi doganali che la Ue sottoscrive con i Paesi terzi (che devono riconoscere anche la tipicità delle nostre produzioni) restano dunque uno strumento fondamentale per favorire lo sviluppo dell’export alimentare italiano».
loading...