Apre il Depot, museo pionieristico per 150mila opere nascoste
Visionario, rivoluzionario ed emozionante, il nuovo Depot Boijmans Van Beuningen sfida le tradizionali logiche di fruizione dell’arte. Ecco come
di Enrico Marro
I punti chiave
4' di lettura
Visionario, rivoluzionario, pionieristico, emozionante. Il nuovo Depot Boijmans Van Beuningen di Rotterdam, inaugurato venerdì dal re d’Olanda e da ieri aperto al pubblico, è destinato a essere molto più di un nuovo punto di riferimento del turismo culturale europeo. Questa ardita struttura ovoidale - alta quasi 40 metri e coperta da 6.609 metri quadrati di vetri curvati a specchio che la smaterializzano nella skyline di Rotterdam - sfida la fisica con la sua base più stretta del vertice, ma soprattutto sfida le tradizionali metriche di fruizione dell'arte.
Nuovi percorsi museali
Costretto a esporre in appena sei piani qualcosa come 151mila opere, il Depot progettato dal pluripremiato studio MVRDV di Winy Maas distrugge e ricompone percorsi museali e logiche di allestimento, annullando il distacco opera-spettatore. È un esperimento inedito, una svolta storica nell’architettura museale a cui ora guardano con interesse anche mostri sacri come il Victoria and Albert di Londra: una nuova dimensione dell’allestimento espositivo in cui il palcoscenico si confonde con il backstage, la rappresentazione con la conservazione, la vetrina con il deposito d’arte.
Il tesoro nascosto
Ma andiamo con ordine. Il Depot nasce da un’esigenza ben precisa: solo l’8% delle opere del Boijmans Van Beuningen riusciva a essere esposto nello storico museo, adiacente alla nuova costruzione. Un problema comune a tutti i grandi patrimoni museali del mondo. Da qui l’obiettivo visionario e apparentemente folle di rendere fruibili a tutti più di 151mila grandi opere finora “nascoste” nei magazzini.
Cinque zone climatiche
Trasformare un magazzino in un’esposizione significa ripensare da capo a piedi il concetto stesso di museo. Le necessità di conservazione delle opere impongono nuovi percorsi, non più cronologici o di stile, ma pragmaticamente legati ai materiali con cui sono costruite: metallo, plastica, legno, pittura e fotografia, con altrettante zone climatiche che ne assicurano le corrette condizioni termo-igrometriche. Al Depot è quindi normale incontrare un Van Gogh a due passi da un Warhol.
Dodici minuti per dodici visitatori
Nelle diverse aree di conservazione sono ammessi solo 12 visitatori alla volta per un massimo di 12 minuti, in modo da non alterare il microclima, che poi ha bisogno di tre quarti d’ora di chiusura al pubblico per essere ricostituito prima di poter accogliere un nuovo gruppo.
E all’interno della struttura non mancano collezioni private, come quelle di KPN (colosso olandese delle Tlc) e Rabobank, che affittano spazi per rendere fruibili le loro opere.
Le scale impossibili di Piranesi
Esplorare i sei piani del Depot è una delizia dei sensi, tra i profumi delle antiche tele e le geometrie impossibili di scale incrociate che sembrano uscite da un’incisione dell’olandese Escher (o da quelle settecentesche dell’italiano Giovan Battista Piranesi).
Un’esperienza unica, perché ci regala la vita segreta delle opere: visibili da ogni prospettiva e in ogni momento, anche in quello del restauro, ora diventato a sua volta parte integrante del percorso espositivo.
«Volevamo costruire qualcosa di completamente nuovo, in grado di “compattare” il tempo e mettere in relazione gli oggetti - spiega al Sole 24 Ore Winy Maas, fondatore dello studio MVRDV - una costruzione senza angoli, aperta e allo stesso tempo densa, con una superficie a specchio per poter abbracciare il verde del Museum Park e l’azzurro del cielo».
Tra teche sospese e maxipannelli
Impressionante il colpo d’occhio dei 13 “cristalli galleggianti” dell’atrio ideati da Marieke van Diemen, che contengono pezzi, tra gli altri, di Auguste Rodin e Maurizio Cattelan.
E molto intriganti le soluzioni tecnologiche adottate per rendere visibili le opere: nel nome dell’ottimizzazione e della razionalità geometrica centinaia di maxipannelli scorrevoli a scomparsa si alternano a grandi teche sospese o a pareti letteralmente ricoperte da tele.
L’innovazione tecnologica
Così come ardita è la struttura ovoidale, con una base di appena 40 metri di diametro costretta a reggere un “vaso” che si allarga fino a 60 metri.
«Il Depot ha rappresentato una grande sfida a livello tecnologico, con innumerevoli soluzioni innovative create anche per la sicurezza dell’edificio - spiega Arjen Ketting, uno degli architetti impegnati nel progetto - a partire dalle enormi porte d’ingresso a scomparsa».
La magia delle luci di Pipilotti
Massima anche l’attenzione alla sostenibilità, con l’edificio riscaldato da energia solare e geotermica, irrigato dall’acqua piovana e con opere che vengono illuminate da Led solo al passaggio dei visitatori.
Splendido poi, all’imbrunire, lo spettacolo dei fasci di luce colorati della videoinstallazione della svizzera Pipilotti Rist, che si proiettano sulla superficie specchiata del Depot.
Il ristorante sul tetto tra le betulle
Ciliegina sulla torta, la terrazza del sesto piano: un boschetto pensile di betulle e pini che abbraccia l'avveniristica skyline di Rotterdam, la “Manhattan sulla Mosa”, e il sottostante polmone verde del Museum Park sul quale si affacciano cinque musei.
Sulla sommità dell'edificio l’ultima sorpresa è il ristorante Renilde, guidato dal 32enne pluripremiato chef Jim de Jong, cresciuto alla scuola dei ristoranti stellati Le Cirque dell’Aia e Le Jardin des Sens di Montpellier.
Finanziato dalle donazioni
Costruito in quattro anni e mezzo, il Depot ha rappresentato un colossale investimento da 94 milioni di euro divisi tra pubblico e privato: nell’operazione sono infatti stati coinvolti, oltre al Museo Boijmans Van Beuningen, il Comune di Rotterdam e (con ben 27 milioni) la Fondazione De Verre Bergen.
Ma soprattutto migliaia di cittadini della seconda città olandese, con le loro generose donazioni destinate alla realizzazione della vetratura esterna.
Un progetto iconico, diventato realtà e destinato ad attrarre fino a 250mila visitatori l’anno. Alla scoperta di una nuova dimensione della fruizione dell’arte: più intima, inclusiva ed emozionante.
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