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Armored Core VI: tornano i robottoni targati FromSoftware. L'eccellenza non è per tutti

Il caso di Armored Core VI: Fires of Rubicon (disponibile dal 25 agosto per Pc, Playstation e Xbox) è curioso

di Emilio Cozzi

ARMORED CORE VI FIRES OF RUBICON Live-Action Trailer

6' di lettura

Il caso di Armored Core VI: Fires of Rubicon (disponibile dal 25 agosto per Pc, Playstation e Xbox) è curioso: a dieci anni dal suo predecessore e a 26 dal titolo che inaugurò la serie action fantascientifica basata sul combattimento di giganteschi mech interamente configurabili (idea del regista e designer Shōji Kawamori), Armored Core VI segna un quasi ritorno alle origini da parte di uno studio, FromSoftware, nel frattempo diventato l'emblema globale di videogame completamente diversi. Giochi, culminati con gli oltre venti milioni di copie vendute da Elder Ring, capaci di creare un genere a sé, distinto da un bilanciamento perfetto e da una difficoltà ai limiti del punitivo, meritevole di una definizione tutta sua: i “Souls Like”, da una delle saghe più fortunate della premiata ditta, Dark Souls.
Fires of Rubicon doveva peraltro affrontare una sfida aggiuntiva: soddisfare le aspettative di Hidetaka Miyazaki, game director assurto all'Olimpo del settore, nonché attuale presidente di FromSoftware, che proprio alla serie Armored Core lega l'inizio della sua collaborazione con lo studio di Tokyo.
Detto altrimenti, il sesto capitolo della serie, affidato alla direzione di Masaru Yamamura, doveva mantenere la continuità con i titoli precedenti, rivolti a una nicchia, e a un tempo confrontarsi con un pubblico nuovo e con la popolarità globale acquisita dalla produzione FromSoftware (il fatturato del solo Elder Ring, pubblicato nel 2022, a oggi sfiora i 700 milioni di euro).
In estrema sintesi, l'obbiettivo è raggiunto: Armored Core VI distilla quanto di buono fatto da FromSoftware negli ultimi quindici anni pur nel rispetto dello spirito e degli affezionati della serie robotica, che nella profondità dei menu per l'assemblaggio dei mech e nella perfetta leggibilità dei combattimenti si sentiranno a casa.
Il che, beninteso, non significa sia un gioco per tutti, né che sia esente da difetti anche palesi.

ARMORED CORE VI FIRES OF RUBICON Live-Action Trailer

Trama, ambientazione, spirito (metallico)

Armored Core VI racconta di un futuro in cui l'umanità ha sviluppato una civiltà interstellare. Scoperta sul pianeta di frontiera, Rubicon 3, una sostanza chiamata Coral, insieme fonte energetica straordinaria e canale per la diffusione dei dati, l'ottimismo per un futuro radioso si frantuma presto in un'apocalisse, causata proprio dalla nuova risorsa, che con i “fuochi di Ibis” compromette il suo sistema solare. A cinquant'anni dalla catastrofe, però, si scopre che pur avendo contaminato pianeti interi il Coral non è esaurito. È solo pronto a generare una nuova corsa all'oro, in cui ogni corporazione, incurante dei costi e dei danni per gli abitanti, è pronta a tutto pur di controllare le riserve.Il giocatore, un mercenario schiavo la cui storia è svelata grazie alle informazioni fornite da un supervisore senza volto – attraverso un intercom che evoca Metal Gear Solid – deve riguadagnarsi una dignità. Per farlo, alla guida del suo mech schierato su Rubicon 3, serve non meglio precisati piani superiori.La sintesi fra le due anime di Fires of Rubicon – il rispetto dell'eredità e il confronto con un pubblico nuovo e potenzialmente vastissimo – è evidente già nelle sue premesse narrative: atmosfere oscure, trama criptica e tematiche – un universo in cui i destini umani sembrano subordinati a forze esterne al loro controllo - derivano chiaramente dall'approccio recente di FromSoftware. Pur senza il contributo di storyteller come George RR “Trono di spade” Martin – cui si deve l'intreccio di Elder Ring – è evidente quanto il disvelamento della storia, della propria storia, sia questione di volontà del giocatore. In questo senso Armored Core VI sembra la metafora di una ricerca disperata del fantasma dentro la macchina, un fantasma – un'umanità individuale – che sembra non poter soccombere a quanto c'è di più grande, più grosso.Non meno palese è quanto si possa del tutto farne a meno (della ricerca e del côté narrativo). Il cuore del gioco, pur coadiuvato da qualche cut-scene di grande efficacia, è altrove: è nella gestione dell'equipaggiamento e nella capacità di fare degli assemblaggi robotici il punto di forza del proprio approccio in battaglia.Meno evidente è che Armored Core VI possa finire in tre modi diversi. Per scoprirli tutti è necessario ripetere alcune missioni chiave facendo scelte diverse ogni volta.

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Cosa ci è piaciuto

Senza troppi panegirici, Armored Core VI è quello che la serie avrebbe sempre voluto essere: una declinazione degli scacchi in uno scenario fantascientifico in cui robot dal design strepitoso – evidente omaggio alla tradizione nipponica dai samurai a Patlabor attraverso Gundam - possono darsi mazzate in ogni maniera concepibile. L'assemblaggio dei mech – l'approccio “scacchistico” – è parte integrante dell'esperienza di gioco, che deve tenere sempre conto della tridimensionalità del campo di battaglia – si vola e non poco - e delle specificità degli avversari. Ogni parte del robot, dai propulsori alle gambe, fino al chip che permette una diversa gittata delle armi, e soprattutto la combinazione di ogni singolo pezzo danno risultati diversi e tangibili durante i conflitti. La gestione magistrale dell'inquadratura, la fluida dinamicità dei combattimenti e la loro perfetta comprensibilità sono pura essenza FromSoftware (sembrano un distillato di Sekiro, del 2019): per essere sconfitti, i nemici – in particolare i boss – devono essere prima studiati in dettaglio, poi approcciati con il set-up più opportuno, quindi affrontati sfoggiando una coordinazione oculo manuale non da tutti. Doveroso sottolineare come la combinazione esalti la soddisfazione della vittoria, ma anche come la pazienza e la pervicacia necessarie possano scoraggiare il giocatore più casual. Dal primo iconico capitolo, venduto nella sua versione Xbox con un'interfaccia hardware per collezionisti - la riproduzione di un cockpit del mech - gli alti e bassi della serie trovano una soluzione in Fires of Rubicon. I suoi pregi sono messi in evidenza dalle mappe sconfinate, ma raggiungono l'apice nelle “arene”, livelli che, simulando la realtà virtuale, costringono ad affrontare i propri avversari senza possibilità di fuga (il targeting fisso, capace di inorridire i fan di lunga data, è in realtà una delle novità più azzeccate del capitolo).Amaste i robottoni e un'esperienza in cui la calma riflessione anticipa l'inferno in battaglia, Armored Core VI avrebbe i droidi che sta(va)te cercando.

Cosa non ci è piaciuto.

Va bene onorare le proprie radici, soprattutto, si perdoni il gioco di parole, eliminandone la legnosità, ma una certa ripetitività sarebbe stato meglio evitarla. Andrebbe precisato che in questo capitolo il fatto di potere, anche a piacimento, ripetere tutte le missioni è parte dell'esperienza: in primis perché, come detto, è l'unico modo per svelarne tutti i finali. Poi perché ogni rifacimento garantisce crediti ed equipaggiamenti supplementari, utili per migliorare la configurazione del proprio mech. È un elemento che permette anche di rigiocare combattimenti già vinti con approcci tattici radicalmente diversi. Certo, sempre si abbia voglia di farlo.È infatti sulla disposizione al sacrificio che si manifesta il difetto peggiore di Armored Core VI, cioè la sua curva di apprendimento a prova di eroi (della pazienza). Se del grado di difficoltà, comunque e sempre alto, FromSoftware ha fatto una bandiera identitaria, sfoggiando quasi sempre un bilanciamento perfetto dei propri titoli, in Armored Core VI gli autori peccano di presunzione, sadismo o almeno di superficialità: alcuni boss possono sembrare un muro insuperabile e, ancora più grave, del tutto smisurato rispetto al momento in cui il gioco impone li si affronti. Non è raro impiegare decine di tentativi per sconfiggere un nemico particolarmente arcigno. Anche peggio è che a volte non si capisca se si stia davvero migliorando, né perché. Si possono spendere due ore per sconfiggere un avversario e trascorrere le successive quattro senza mai soccombere (a proposito, la campagna single player dura fra le 20 e le 25 ore). Sebbene non si escludano patch correttive – escamotage che FromSoftware ha già adottato con produzioni precedenti -, la frustrazione può salire così tanto da far abbandonare il gioco. È un peccato (e un difetto grossolano), perché Armored Core VI riserverebbe ben altri godimenti.

Nel futuro, forse.

A proposito di anticipazioni, rimane ancora invalutabile uno degli aspetti che potrebbero, in realtà, segnare una svolta significativa per tutta la serie: il multiplayer. Quanto messo a disposizione dal gioco mentre scriviamo queste righe, con mappe dov'è possibile confrontarsi uno contro uno, o tre contro tre, promette di fare di Armored Core VI uno dei titoli più coinvolgenti, longevi e spassosi degli ultimi anni, in particolare se si cercano combattimenti in cui sfoggiare rodate tattiche di squadra e intelligenza nell'assemblare lo schieramento dei mech.I server per ora attivi, però, non permettono un match-making all'altezza e costringono a giocare in lobby o gruppi chiusi, per forza di cose ristretti. Non è da escludere la cosa sarà risolta a breve. E, a quel punto, è garantito che con gli scacchi robotici di Armored Core si giocherà molto più a lungo del previsto.Per ora Fires of Rubicon è il titolo più hardcore della produzione FromSoftware. Decida il giocatore se sia un pregio o un difetto.

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