Auto e consumatori

Auto, il nuovo dieselgate: ibride plug-in a rischio di cause per gli illusori bassi consumi

In Italia, tra archiviazione penale e risarcimenti civili, il dieselgate va verso l’oblio. Ma si può aprire un nuovo fronte sulle auto elettrificate

di Maurizio Caprino

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3' di lettura

Per molti il dieselgate è «lo scandalo Volkswagen». Ma molte altre case automobilistiche in vari Paesi hanno patteggiato sanzioni, preso impegni per richiamare modelli finiti sotto inchiesta e subìto blitz di polizia. Rispetto alla Volkswagen, la differenza non sta solo nel minor clamore mediatico, ma anche nella possibilità di ottenere un risarcimento: sono difficili cause contro altri costruttori. Piuttosto, iniziano a intravedersi fronti apparentemente inimmaginabili sulle vetture ibride oggi in crescita anche sull’onda lunga del dieselgate.

Difficile fare causa a un costruttore quando non ci sono prove conclamate, ma solo indizi come i richiami volontari scelti da molte case automobilistiche. E, anche quando le prove ci sono, spesso il loro valore è più circoscritto rispetto a quello che il comune cittadino può credere: per esempio, le indagini penali della Procura di Verona contro la filiale italiana del gruppo Volkswagen viaggiano verso l’archiviazione perché le prove emerse non dimostrano un coinvolgimento di tale filiale.

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Così facevan tutti

Volendo fare una ricostruzione del dieselgate dal punto di vista esclusivamente storico (e quindi lasciando da parte le questioni giuridiche), non ci sono molti dubbi che un po’ tutti i costruttori avessero cercato di aggirare gli standard antinquinamento Euro 5 ed Euro 6 per il diesel: ben prima che fossero approvati, ne avevano lamentato l’onerosità e nonostante questo tutti erano riusciti a mettere sul mercato vetture più potenti e parche delle Euro 4 senza sensibili aggravi di prezzo.

Se qualche costruttore è stato sanzionato e altri no, probabilmente dipende solo da dettagli tecnici, questioni giuridiche e dalle strategie che molti hanno avuto il tempo di adottare appena Volkswagen è stata scoperta. L’importanza delle strategie, almeno in Europa, si vede dai report della Commissione Ue sui richiami nati dal Dieselgate: quelli imposti dalle autorità sono una minoranza.

Quindi, più spesso i produttori hanno apportato modifiche volontarie prima che qualcuno potesse costringerli ad ammettere responsabilità. E, in mancanza di responsabilità, diventa molto difficile fare causa a un produttore.

Perciò dal punto di vista giudiziario non ci si devono più aspettare grandi sviluppi dal Dieselgate. Tanto più che ora l’attenzione collettiva è più sui veicoli elettrici ed elettrificati, la cui diffusione crescente unita agli investimenti dei costruttori aiuta a far dimenticare lo scandalo.

Promesse legali ma eccessive

Eppure è proprio su questo fronte che potrebbero nascere nuove class action. Non per questioni ambientali, ma perché siamo tornati a una situazione analoga a quella che c’era fino a pochi anni fa per i consumi dei veicoli a motore tradizionale: le modalità di misurazione ammesse nei test di omologazione sono irrealistiche (tanto che la questione è all’attenzione anche della Commissione Ue).

Così, del tutto legalmente, per le vetture ibride plug-in (cioè a batterie ricaricabili) si vantano percorrenze nell’ordine di 50-80 chilometri e più con un litro sfruttando il fatto che per questo tipo di ibrido il ciclo di prova prevede di partire con le batterie cariche al 100 per cento.

Così, se non si chiedono grandi prestazioni, si può andare avanti per qualche decina di chilometri in modalità elettrica. Ma partendo scarichi o facendo viaggi lunghi i consumi reali sono pari o superiori a una tradizionale auto a benzina.

È vero che i produttori hanno imparato a inserire nella pubblicità e nel materiale informativo avvisi che attenuano l’enfasi degli slogan. Ma va comunque valutato se essi bastino. Tanto più che parliamo di vetture ancora poco conosciute dal grande pubblico, perché hanno caratteristiche reali diverse da quelle che la gente è abituata a tenere d’occhio.

Non è solo una questioni di consumi, ma anche di potenza. Parliamo di vetture che, per i parametri consueti, sono superpotenti: si possono superare di slancio i 200 cavalli anche su modelli compatti da famiglia. Ma sarebbe sbagliato attendersi le stesse prestazioni di una vettura tradizionale di pari potenza: il peso delle batterie si fa sentire. E chi volesse “sconfiggerlo” premendo a fondo l’acceleratore, se le ritroverebbe ben presto scariche e con consumi di carburante proibitivi. Tutto questo non è ancora molto chiaro al cliente comune.

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