Bce, prezzi e tassi: tre errori da evitare (anche nelle polemiche)
La Bce ha compiuto una inversione a U della strategia, con la politica delle decisioni “riunione per riunione”
di Donato Masciandaro
3' di lettura
L’inflazione cala, la Bce è oscura. I due fatti vengono accoppiati e sono oggetto di tanti commenti. È positivo che i fari sulla politica monetaria siano ben accesi. È però negativo che spesso tali commenti contengano almeno uno di tre diversi errori di analisi. Sono errori che vanno evitati, per evitare di rendere il quadro macroeconomico ancora più incomprensibile. I tre errori possono essere raccontati utilizzando la saggezza popolare dei proverbi.
Primo errore: una rondine non fa primavera. Traduzione: è sbagliato dire: «Inflazione sta cadendo, quindi la politica monetaria deve cambiare». L'errore in questa affermazione è quello di trarre conclusioni definitive da dati provvisori. Media e commentatori hanno dato grande risalto a dati sull'inflazione in Germania, Francia e Spagna che, in dicembre, sono stati inferiori alle attese. Le analisi più attente hanno messo in luce alcune ragioni congiunturali – come l'andamento dei prezzi dell'energia – per non trarre conclusioni premature da questi dati sulla dinamica dell'inflazione nel corso dei prossimi mesi. Ma c'è una ragione più strutturale per essere prudenti, che la più recente analisi macroeconomica ha battezzato con un nome evocativo: le cicatrici recessive. Di che cosa si tratta? Nella analisi tradizionale c'è una netta separazione tra le performance di orizzonte lungo di un territorio – come l'area euro – e quello che le azioni congiunturali – come è la politica monetaria – possono fare. La politica monetaria può stabilizzare l'inflazione, non incidere sul trend. Questa visione è messa oggi in discussione da un’evidenza empirica che ci racconta una storia diversa: profonde recessioni - come è stata quella del Covid – possono lasciare cicatrici nei comportamenti di famiglie, imprese e mercati che permangono nel tempo, e di cui il disegno delle politiche economiche deve tener conto. Quindi è corretto che la Bce dia ai dati di dicembre il giusto peso: sono dati mensili, niente di più. Allo stesso tempo però è fondamentale che il rischio di cicatrici recessive si trasformi in una accentuata attenzione della Bce a quello che, nel bene e nel male, è il motore dell'economia: le aspettative di famiglie, imprese e mercati. Quindi, l'imperativo nel disegno della politica monetaria deve essere la trasparenza. E qui emerge il secondo errore.
Secondo errore: guardare il dito, non la luna. Traduzione: la politica monetaria della Bce può essere criticata per l'assenza di trasparenza, non per l'orientamento restrittivo. Diverse critiche sono state rivolte alla Bce per la sua volontà di normalizzare la politica monetaria, riportando i tassi nominali in territorio positivo. Ma giudicare il “che cosa” – l'innalzamento dei tassi – quando il nodo cruciale è “il come” – l'assenza di trasparenza – è semplicemente senza senso. La Bce ha compiuto una inversione ad U della sua strategia, con la politica delle decisioni “riunione per riunione”. Se l'obiettivo prioritario di una banca centrale è influenzare le aspettative, una tale politica è autentica tossina, perché aumenta l'incertezza. Quindi deve destare preoccupazione non la restrizione monetaria, ma il fatto che sia “al buio”. E soprattutto, le preoccupazioni sulla politica monetaria non devono essere trasformate in osservazioni sull'assetto istituzionale della Bce, che è il terzo errore emerso in questi giorni.
Terzo errore: prendere lucciole per lanterne. Traduzione: valutazioni sulle attuali scelte di Christine Lagarde e del suo consiglio nulla hanno a vedere con l'assetto istituzionale che definisce indipendenza ed accountability della Bce. Chi confonde il disegno della politica monetaria con l'architettura istituzionale della banca centrale fa sorridere, nei casi più lievi, e ridere, nei casi più grossolani. Tutta l'evidenza empirica finora disponibile dà un doppio messaggio univoco: l'azione monetaria deve essere tenuta lontana e separata dall'influenza dei politici, e affidata ad una burocrazia – la banca centrale – che deve essere vincolata al diritto-dovere di perseguire la stabilità monetaria. Nell'area euro il doppio messaggio è garantito da regole robuste e chiare. I politici possono chiedere alla Bce di spiegare il suo deficit di trasparenza. Nulla di più. Ma neanche di meno. Cosa che non stanno facendo.
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