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Big data in agricoltura, al via una mappa Ue per prevenire le crisi

Affidato ad Areté, società italiana esperta in agribusiness, uno studio per valutare la creazione di un sistema di allerta rapido per prevenire le crisi di mercato delle commodities a livello centralizzato

di Alessio Romeo

Da siccita' ad alluvioni, clima piega l'agricoltura

3' di lettura

Prevedere per sopravvivere. Dai big data potrebbe arrivare un’ancora di salvezza a beneficio soprattutto dei piccoli agricoltori, i più esposti all’emergenza climatica e ai grandi sconvolgimenti che stanno attraversando i mercati delle commodity agricole. Con la creazione di un sistema di allerta rapido, sulla falsariga di quanto già avviene per le emergenze sanitarie, per prevenire le crisi di mercato, attraverso un sistema di gestione centralizzato a livello europeo.

È l’obiettivo del primo studio europeo sull'utilizzo e le potenzialità dei dati per il sistema agroalimentare, che la Commissione ha affidato ad Areté, azienda italiana specializzata in analisi economiche per l’agribusiness. Un progetto strettamente legato all’agricoltura di precisione e alla rivoluzione digitale che investe il settore e sta cambiando non soltanto il modo di produrre ma la capacità di controllo delle filiere, influenzando in modo determinante la capacità (e la velocità) con cui gli operatori sono in grado di reagire ai sempre più frequenti sconvolgimenti del mercato e alla crisi climatica.

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Le aziende che ultilizzano sistemi agritech sono già in grado di risparmiare fino al 30% non solo di acqua ma anche di altri input agricoli riducendo il dosaggio di agrofarmaci e fertilizzanti. Tuttavia le soluzioni di agricoltura 4.0 sono presenti su meno dell’8% della superficie agricola nazionale, un dato che, girandolo in positivo, lascia intuire le potenzialità di sviluppo del settore.

Di fronte alle montagne russe che hanno caratterizzato negli ultimi anni i mercati delle commodity servono soluzioni nuove. Per alcune materie prime come grano, zucchero, latte e oli vegetali l’aumentata volatilità ha portato i prezzi a raddoppiare o triplicare (ma anche a crolli improvvisi) nel giro di pochi mesi, «rendendo sempre più difficile sia per gli operatori agricoli ma anche per la parte industriale affrontare queste situazioni di mercato», spiega Enrica Gentile, ad di Areté e responsabile dello studio Ue che permetterà di mappare nei prossimi 18 mesi i sistemi più performanti di gestione dei dati in agricoltura nel mondo, per analizzare il potenziale delle tecnologie Ict e dei cosiddetti big data, nell’ottica di migliorare l’attuale sistema informativo Ue sui mercati agroalimentari, dalle fasi di fornitura dei mezzi tecnici per l’agricoltura alla distribuzione finale.

Una necessità resa più evidente dallo smantellamento della rete di sicurezza garantita dalla vecchia Politica agricola comune, i cui aiuti erano legati a prezzi di riferimento delle singole commodity – fissati i n estenuanti negoziati – con compensazioni per i produttori, mentre oggi, dopo vent’anni di riforme all’insegna della deregulation, sono stati livellati verso un forfait sganciato dai livelli produttivi. Un orientamento al mercato che, di fronte a rincari del 200% in pochi mesi come quello sperimentato dagli oli vegetali subito dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, non ha funzionato.

«L’obiettivo dello studio – spiega ancora Gentile – è individuare le migliori pratiche in uso nel mondo sui sistemi di monitoraggio e di precisione. Oltre ai 27 paesi Ue studieremo soprattutto i sistemi di Usa, Canada e Australia per vedere chi ha i sistemi più efficaci e come vengono usati anche a livello pubblico per aiutare a prevenire i momenti di crisi, prevedere quando si stanno per verificare determinate situazioni di mercato per anticiparle. Lo scopo è mettere a punto un sistema che veicola in modo chiaro e tempestivo le informazioni agli operatori per gestire efficacemente le crisi per evitare che si ripeta – aggiunge – quello che è accaduto anche con il Covid, quando improvvisamente sparisce la disponibilità di prodotti importanti».

Dopo la crisi ucraina, con i prezzi triplicati e la difficoltà a reperire oli vegetali come quello di girasole, ricorda l’ad, «abbiamo ricominciato a usare l’olio di palma, poi quando anche i prezzi di quest’ultimo sono schizzati anche olio di oliva, con ripercussioni sull’approvvigionamento industriale che arrivano fino al consumo. Senza contare che nei Paesi poveri queste crisi significano carenza di prodotti e di cibo e crisi alimentari gravissime, perché a certi prezzi molti Paesi non riescono ad approvvigionarsi. Le difficoltà logistiche o il crollo della domanda – conclude – impattano anche sui Paesi dipendenti dall’export di alcuni prodotti, come successo recentemente nei casi di cacao e caffè».

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