ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùLa settimana dei mercati

La settimana delle banche centrali pesa sulle Borse, Milano -1,1%, Wall Street negativa

I timori sono legati alla crescita mondiale, la corsa del greggio verso i 100 dollari al barile e soprattutto la prospettiva che la Fed possa mantenere i tassi elevati più a lungo del previsto. La peggiore è Parigi (-2,6%), a Piazza Affari in luce le banche

di Enrico Miele

Aggiornato il 22 settembre alle 22:24

La Borsa, gli indici del 22 settembre 2023

6' di lettura

(Il Sole 24 Ore Radiocor) - La settimana clou delle Banche centrali si chiude con decisi passivi per i principali listini europei. La fuga dall’azionario ha coinciso, infatti, con i dubbi sulla crescita mondiale, la corsa del greggio verso i 100 dollari al barile - che amplifica le pressioni inflazionistiche - e soprattutto la prospettiva che la Fed possa mantenere i tassi di interesse elevati per un periodo di tempo più lungo del previsto. Tutto questo si è tradotto per la Borsa di Parigi in un bilancio settimanale in passivo del 2,6%, seguita sul secondo gradino del podio dei peggiori da Francoforte (-2,1%) e Milano (-1,1%). Perdono quota anche Madrid (-0,5%) e Londra (-0,4%). Stringendo lo sguardo sui titoli di Piazza Affari, la “palma d’oro” sulle cinque sedute va a Banco Bpm (+7,7%) al centro anche di scenari di M&A, UniCredit (+7,7%) grazie al buyback ed Mps (+6,4%) con il timing di uscita del Mef allo studio del governo. Dalla parte opposta, settimana da dimenticare per Cnh (-8,4%), Saipem (-7,6%) e la multiutility A2a (-7,3%).

In ultima seduta non si ferma onda lunga Fed, Milano -0,5%

La paura che i tassi di interesse restino alti più a lungo delle attese continua a “zavorrare” le Borse europee che nella seduta del 22 settembre, mentre vedono allontanarsi la fine della stretta monetaria, devono fare i conti anche con i segnali di difficoltà della manifattura. Sotto osservazione anche i titoli di Stato, con i rendimenti balzati a nuovi massimi (mentre il Treasury statunitense sfiora il picco da oltre 15 anni). E così i listini continentali, che pure hanno provato a recuperare verso metà seduta, sono peggiorati nel finale, chiudendo tutti al di sotto della parità. Non fa eccezione Piazza Affari, dove il FTSE MIB chiude in passivo con le vendite concentrate su banche, utility e auto. Mentre gli investitori continuano a interrogarsi sulle mosse delle banche centrali in tema di politica monetaria, terminano la seduta in "rosso" Parigi (CAC 40) e Madrid (IBEX 35), con Francoforte che sfiora la parità (DAX 40, poco sopra Londra (FT-SE 100). Dopo che le banche centrali di Svizzera e Regno Unito hanno lasciato invariati i saggi di riferimento, mentre quella della Norvegia li ha alzati di un quarto di punto, è toccato nelle scorse ore alla Bank of Japan aggiornare il mercato sulla propria politica monetaria. L'istituto centrale nipponico ha confermato la posizione ultra accomodante, segnalando di non avere fretta di ritirare gli stimoli all'economia.

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Wall Street negativa

Chiusura in calo per Wall Street. Il Dow Jones cede lo 0,31%, il Nasdaq perde lo 0,09%, mentre lo S&P 500 arretra dello 0,23%. Alla vigilia, la seduta si è chiusa in deciso calo, in scia ai ribassi del giorno prima. La Federal Reserve, come atteso, ha deciso di mantenere i tassi d'interesse al 5,25%-5,5%, il livello più alto degli ultimi 22 anni, ma ha fatto intendere che i tassi potrebbero restare elevati più a lungo per combattere l'inflazione. Dopo le decisioni della Fed e le parole di Powell, il rendimento del titolo del Tesoro a due anni è salito ai massimi dal 2006, oltre il 5,1%; giovedì il rendimento del decennale ha toccato nuovi massimi dal 2007, arrivando quasi al 4,5%. A preoccupare i trader, poi, è il mancato accordo, al momento, tra repubblicani e democratici per finanziare il governo ed evitare lo shutdown, ovvero la chiusura delle attività federali non essenziali, che scatterebbe il primo ottobre. Secondo gli esperti, uno shutdown avrebbe ripercussioni negative sul Pil del quarto trimestre. Lo S&P 500 e il Nasdaq Composite si avviano a chiudere la terza settimana in calo consecutiva - con ribassi rispettivamente del 2,7% e del 3,5% - la peggiore da marzo.

A Piazza Affari soffre Italgas, pesante Amplifon. Al top Tim

Tra i titoli milanesi, nell'ultima seduta del 22 settembre rimbalza Recordati dopo lo scivolone della vigilia. In progresso i titoli del petrolio dopo lo stop all'export russo di carburanti: salgono Eni e Saras. Acquisti anche su Moncler. Male invece Italgas che soffre il collocamento di titoli a 5 euro per azione da parte del consorzio di collocamento del bond Snam Rete Gas da 500 milioni convertibile in azioni della stessa Italgas. In "rosso" Pirelli & C, A2a e Prysmian mentre Amplifon ha accelerato al ribasso nella parte conclusiva della seduta. In Europa, pesanti le banche olandesi (Ing Groep e Abn Amro) dopo che la seconda camera del parlamento ha approvato l'aumento della tassazione sul settore. Bene Telecom Italia dopo le indiscrezioni sulla possibile cessione della rete senza passare per un'assemblea (e quindi senza il veto dei francesi di Vivendi). Fuori dal listino principale, continua a non scambiare Bioera dopo la richiesta di fallimento della Procura di Milano.

Cala Pmi manifatturiero settembre a 43,4 nell'Eurozona

Scende leggermente nell'Eurozona l'indice Pmi manifatturiero a settembre, passando da 43,5 a 43,4 punti, secondo una prima stima. L'indice dei servizi è salito a settembre a 48,4 dal 47,9 del mese precedente. L'indice composito aumenta a 47,1 punti dai 46,7 di agosto. Sono tutti numeri, tuttavia, sotto quota 50 e quindi indicano un prosieguo della contrazione dei settori di attività. Mentre il terzo trimestre volge alla conclusione, l’indice Pmi della produzione composita, è salito marginalmente rispetto ad agosto, «ma indicando di nuovo una forte contrazione dell’attività economica. Salgono a quattro i mesi consecutivi di contrazione dell’attività». In Germania, invece, migliora leggermente il settore manifatturiero con l'indice Pmi che sale a settembre a 39,8 dai 39,1 di agosto. Si tratta comunque di un numero che indica sempre contrazione del settore, sebbene meno accentuata del mese precedente, poiché inferiore a quota 50, spartiacque tra riduzione e incremento dell'attività. In miglioramento anche l'indice dei servizi che passa dai 47,3 di agosto ai 49,8 di settembre. L'indice composito, sintesi dei due indici, sale a 46,2 punti dai 44,6 di agosto.

Spread chiude a 184 punti, rendimento 10 anni sale al 4,58%

Finale di settimana in aumento per lo spread tra BTp e Bund conseguenza di una ulteriore risalita dei rendimenti del decennale italiano che ha anche sfiorato quota 4,60%. Il differenziale di rendimento tra il BTp decennale benchmark e il titolo tedesco di pari durata si attesta in chiusura a 184 punti, a fronte dei 180 del closing della vigilia. Il rendimento del decennale benchmark italiano si è portato al 4,58%, dal 4,49% dell'apertura e dal 4,55% dell'ultimo riferimento del 21 settembre. La settimana, segnata dalla decisione della Federal Reserve di tenere i tassi fermi a settembre ma prevedendo il mantenimento di un costo del denaro elevato più a lungo nel tempo, si era aperta con il decennale italiano al 4,47% e uno spread sotto i 180 punti.

BoJ mantiene lo status quo monetario

La Banca del Giappone, come atteso, ha mantenuto la sua politica monetaria ultra accomodante, nonostante l'inflazione nel paese, che rimane ben al di sopra dell'obiettivo del 2% e la grande debolezza dello yen rispetto al dollaro. La BoJ continuerà ad acquistare obbligazioni illimitate in modo che i rendimenti giapponesi a dieci anni non superino l'1%, la nuova linea rossa fissata a luglio, e ha mantenuto il tasso chiave negativo a breve termine al -0,1%. L'inflazione in Giappone è rimasta stabile in agosto al 3,1% su base annua, escludendo i prodotti freschi, come a luglio, secondo i dati ufficiali pubblicati poche ore prima della fine della riunione della Banca del Giappone (BoJ). Gli economisti avevano stimato un mini-rallentamento dell'aumento dei prezzi al consumo, al 3% escludendo i prodotti freschi.

Dollaro al top da marzo contro l'euro, in rialzo il petrolio

Sul mercato valutario, il dollaro consolida i massimi da marzo contro l'euro: l'euro/dollaro è indicato a 1,0636 da 1,0660 in chiusura. Debole lo yen dopo che la Bank of Japan ha confermato la politica monetaria ultra accomodante: la divisa giapponese scivola a 157,68 per un euro (da 157,18 in chiusura) e a 148,25 per un dollaro (147,42). Le tensioni sui mercati e l’apprezzamento del dollaro della vigilia hanno pesato sulla maggior parte delle materie prime. Tra le poche eccezioni troviamo il gasolio (4,5% all’ICE), a causa dell’annuncio del blocco delle esportazioni russe di diesel e benzina nel tentativo di calmierare i prezzi domestici. La mossa russa è particolarmente importante dato che, finora, nel 2023 la Russia è stato il principale esportatore marittimo di gasolio insieme agli USA secondo i dati di Vortexa. Il gas TTF è in calo dopo la fine dello sciopero in Australia in seguito all’accordo tra Chevron e sindacati.

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