ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùInterventi

C’è troppa incertezza per progettare il futuro basandosi sul passato

La Commissione europea, nelle sue stime sull’inflazione della primavera 2023, ha previsto che quest’anno l’inflazione nell’area dell’euro sarà del 5,8%, in leggero rialzo rispetto a quanto previsto in inverno.

di Maria Demertzis

(Savvapanf Photo - Fotolia)

3' di lettura

La Commissione europea, nelle sue stime sull’inflazione della primavera 2023, ha previsto che quest’anno l’inflazione nell’area dell’euro sarà del 5,8%, in leggero rialzo rispetto a quanto previsto in inverno. Secondo la Bce, ad aprile i prezzi dei prodotti alimentari nell’area dell’euro erano più alti del 15% rispetto all’aprile 2022. Con un’inflazione dell’area dell’euro all’8,4% nel 2022, 100 euro nel 2021 varranno solo 86 euro nel 2023. È comprensibile che i cittadini siano spazientiti. Per la maggior parte del 2022 la Bce ha esitato ad affrontare l’inflazione, sostenendo che era causata principalmente dall’energia e che quindi le sue politiche non potevano risolvere il problema. Nel primo trimestre del 2022 si era scommesso che la guerra in Ucraina sarebbe stata di breve durata, che i prezzi dell’energia si sarebbero stabilizzati e che l’inflazione sarebbe presto tornata ai livelli precedenti la guerra. La Bce non era preparata all’eventualità di una guerra lunga e di un sistema finanziario internazionale sempre più frammentato.

Il problema non è che la Bce abbia sbagliato a prevedere il futuro. Con un’incertezza così elevata, è improbabile che qualcuno possa prevedere con precisione il futuro anche con un anno di anticipo. Tuttavia, la Bce ha posto, e continua a porre, troppa enfasi sul passato per capire il futuro.

Loading...

Ciò si evince dall’enfasi posta dalla Bce sulla dipendenza dai dati. A onor del vero, anche la Fed negli Usa sta seguendo questo approccio. Ma quali sono le informazioni arrivate nell’ottobre 2019 sarebbero mai state utili per prepararsi al 2020, l’anno in cui la pandemia ha colpito?

La politica monetaria opera con un lungo scarto temporale di quasi due anni. Le informazioni che riceviamo oggi ci spiegano soltanto come alcune delle politiche applicate due anni fa si siano trasmesse nell’economia. Tali informazioni non ci dicono cosa accadrà in seguito o come progettare oggi le politiche per il futuro. E quanto maggiore è il livello di incertezza, tanto meno il passato – con i relativi dati – è un buon predittore del futuro.

Nel marzo 2022, subito dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia e con un’inflazione al 7,5% (mentre l’inflazione di fondo, il tasso al netto delle componenti volatili, sfiorava il 3%), la politica avrebbe dovuto cercare di valutare ciò che stava per accadere, non ciò che è stato. Quali tipi di indicazioni, al di là dei dati, avrebbero potuto aiutare a modellare la politica in modo diverso? Alcuni elementi sul radar avrebbero dato una buona indicazione che l’inflazione non sarebbe stata di breve durata.

In primo luogo, c’è stato lo stimolo fiscale che sapevamo sarebbe arrivato. È emerso che, a partire da settembre 2021, i governi dell’Ue hanno stanziato fondi per sostenere le famiglie e le imprese di fronte agli aumenti delle bollette energetiche. Si tratta di una cifra equivalente ai fondi per la ripresa economica dell’Ue messi in campo all’inizio della pandemia. Inoltre, le spese militari sarebbero dovute aumentare e si sarebbero dovuti trovare i fondi per fornire aiuti militari e umanitari all’Ucraina. Tutto ciò sarebbe equivalso a un enorme stimolo fiscale che non avrebbe fatto nulla per contenere le pressioni inflazionistiche. In secondo luogo, alla fine di maggio 2022, i Paesi dell’Ue erano chiari sul fatto che non avrebbero bloccato le importazioni di energia russa per non mettere a rischio la copertura del loro fabbisogno energetico. Ciò avrebbe esercitato una pressione sui prezzi dell’energia e sostenuto i prezzi elevati più a lungo.

Infine, mentre gli effetti di secondo impatto sotto forma di aumenti salariali non sono stati immediatamente visibili, il rischio che si verificassero aumentava di giorno in giorno. La Bce ha impiegato fino al settembre 2022 per rendere positivo il tasso di riferimento, quando l’inflazione dell’area dell’euro era quasi al 10% e l’inflazione di fondo quasi al 5 per cento. Questo è quanto successo allora. E adesso?

I prezzi dell’energia sono scesi ai livelli prebellici. I salari e i profitti sono ora i fattori che contribuiscono all’inflazione. Avendo iniziato troppo tardi ad aumentare i tassi, è probabile che la Bce non si fermi finché non vedrà una riduzione dell’inflazione e sta per commettere lo stesso errore e uscire in ritardo, e a quel punto la ripresa sarà già compromessa. Misurare il successo in base a quanto ci si è preparati per il passato è uno standard inadeguato a cui attenersi. Una politica capace di reagire all’incertezza non cerca di prevedere il futuro, ma mira ad applicare politiche che raggiungano risultati soddisfacenti per il più ampio spettro di possibilità.

Riproduzione riservata ©

loading...

Loading...

Brand connect

Loading...

Newsletter

Notizie e approfondimenti sugli avvenimenti politici, economici e finanziari.

Iscriviti