Carcere duro, quando è nato e cosa prevede il 41 bis
Introdotto «in via temporanea» con la legge Gozzini nel 1986. Ampliato con la strage di Capaci del 1992
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Era stato introdotto «in via temporanea» con la legge Gozzini. Ma poi il 41bis, cioè il «carcere duro», è entrato a far parte dell’ordinamento penitenziario e da oltre trent’anni è uno degli strumenti più utilizzati in materia di criminalità organizzata.
La strage di Capaci
Pubblicato nel 1986, riportava esclusivamente un comma: il ministro della Giustizia poteva sospendere le «normali regole di trattamento dei detenuti e degli internati», «in casi eccezionali di rivolta o di altre grazi situazione di emergenza».
Nel 1992, con la strage di Capaci cambia tutto. Arriva il «decreto antimafia Martelli-Scotti». Il 41bis viene modificato e ampliato ai detenuti reclusi per mafia. Nel 2002, la norma del «carcere duro» diventa definitiva e viene estesa anche ai condannati per terrorismo e altri reati.
Due ore d’aria al giorno
Il 41bis ha lo scopo di interrompere i legami dei detenuti con il mondo esterno e interno al carcere, quindi con l’associazione «criminale, terroristica o eversiva». Ha una durata di quattro anni, ma può essere prorogata per altri periodi, nei casi in cui i collegamenti con le associazioni criminali o terroristiche dovessero continuare.
Chi è detenuto al 41bis in cella è solo. I colloqui, che possono esserci una volta al mese, si tengono attraverso un divisorio di vetro, a eccezione di quelli con i minori di 12 anni. Massimo un’ora e sotto il controllo di un agente di polizia penitenziaria. Gli incontri sono «video-registrati». La socialità in carcere, in quelle due ore d’aria al giorno, è limitata a un gruppo di massimo quattro persone.
Dai mafiosi ai terroristi
Gran parte dei condannati al «carcere duro» ha commesso un reato di tipo mafioso, ma quattro detenuti su oltre settecento totali sono al 41bis per terrorismo interno e internazionale. Tra questi c’è Alfredo Cospito oltre ai Br condannati per gli omicidi di Massimo D’Antona e Marco Biagi: Nadia Desdemona Lioce, Marco Mezzasalma e Roberto Morandi.
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