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Cari manager, per affrontare il mercato cinese serve una strategic review

È necessario realizzare un’analisi di impatto di ogni rischio per verificare se l’approccio seguito in passato sia ancora appropriato e rilevante

di Alfonso Emanuele de León *

(EPA)

4' di lettura

In un precedente articolo (intitolato “Le nubi che si addensano sul mercato cinese per le imprese italiane”) abbiamo trattato le principali nubi che si stanno addensando sul mercato cinese con i maggiori interrogativi di breve termine: lo scenario macro politico di un potenziale conflitto nel Pacifico; l’evoluzione economica del paese dopo i duri lockdown e l’ondata di contagi che ha investito la Cina con la riapertura post-Covid; la potenziale bolla del mercato immobiliare e da ultimo la nuova politica economica autarchica cinese e di consumo più democratico più centrato sulla classe media e non sul consumo del lusso di beni di importazione.

Indipendentemente dall’approccio che abbiano adottato fino ad oggi le aziende italiane, urge una review strategica del mercato cinese. È necessario realizzare un’analisi di impatto di ciascuno di questi rischi sull’esposizione delle proprie aree di business in Cina verificando se la strategia precedente sia ancora appropriata e rilevante. In base alla mia recente esperienza, vi sono tre possibili strategie per affrontare il mercato cinese nei prossimi anni:

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1) Incrementare gli investimenti - China for China. In realtà ci sono già i primi segnali che il 2023 sarà l'anno del rimbalzo come lo sono stati il 2021 ed in parte il 2022 in Occidente, ed in un mercato molto orientato al consumo come quello Cinese c’è da aspettarsi un revenge spending molto marcato per il 2023. E nonostante tutto può anche essere una strategia e decretare che per la propria azienda i rischi siano gestibili ed anzi aumentare gli investimenti approfittando del momento per guadagnare quote di mercato. In un paese iper-competitivo come la Cina nel quale tutti hanno cercato di entrare nell’ultimo ventennio, il momento di pausa e riflessione offre la possibilità di una maggiore redditività degli investimenti.

Esiste una declinazione di questa scelta strategica, che viene denominata “China for China” ed è seguita da tanti gruppi industriali ad esempio automobilistici: considerare il mercato come fine a sé stesso, quasi un mercato autarchico, e giocarvi come un player locale con l’obiettivo di massimizzare quote di mercato e profittabilità, senza pensare ad ulteriori benefici fuori dalla Cina in termini di immagine, brand awareness e acquisti fatti dai turisti overseas. È come se il mercato venisse isolato ed analizzato come un mondo a sé stante. China for China però significa anche richiedere al mercato di portare profitti da subito, senza alcuna altra funzione strategica per il business globale.

2) Exit - cut the losses. È la strategia per chi ha investito per tanti anni e per altrettanti anni ha perso soldi in Cina nella speranza che poi le famose praterie si trasformassero in pascoli verdeggianti, ma forse è entrato troppo tardi o semplicemente ha scoperto che il mercato è troppo affollato e costoso per avere un impatto. Forse in questo caso e alla luce dell’impatto dei diversi rischi sopra citati la cosa migliore è fare quello che gli americani chiamano Cut the losses, come per il giocatore che ha perso a Las Vegas per il quale forse la strategia vincente è alzarsi dal tavolo senza continuare a perdere.

Esiste anche una sottovariante di questa strategia per chi era entrato nel mercato cinese attraverso le piattaforme digitali del paese: mantenere la presenza ma attraverso piattaforme cross-border che non richiedono avere una legal entity nel paese, né costose registrazioni o permessi.

3) Attendista - wait and see. La terza strategia è intermedia: ridurre al minimo le strutture locali e la presenza in Cina, minimizzando gli investimenti e le perdite cercando di raggiungere subito il break-even, e rimanere in questa situazione fino a quando non si delineano meglio gli scenari ed i rischi. Per fare questo bisogna operare una review spietata del proprio conto economico cinese, fare delle ipotesi conservative al limite del pessimistico circa le vendite per evitare che nel corso dell’anno poi vi siano delle sorprese, operare scelte dolorose e sostanzialmente aspettare che passi la burrasca.

Se l'outlook proprio delle ultime settimane sembrerebbe indicare che la prima strategia di continuare ad investire come prima in Cina non sia una scelta del tutto escludibile, d’altro canto nell’esecuzione della seconda e della terza strategia vi sono delle sottovarianti a seconda del settore e della configurazione attuale dell’azienda nel mercato:

1) La sopra citata opzione di passare da Tmall flagship a Tmall Global (cross-border).
2) Utilizzare delle agenzie terze (TP operators) che gestiscano il marketing, la brand awareness e ovviamente le attività di e-commerce.
3) Considerare di passare il business ad un distributore locale.
4) Cercare accordi di distribuzione direttamente con retailers locali concedendo loro accordi di esclusività.

Dopo tre decenni di convergenza tra l’economia cinese ed il sistema economico mondiale, tre decenni nei quali ci eravamo forse illusi di comminare tutti insieme nella stessa direzione, dispiace osservare questa nuova fase divergente, ma al momento è necessario effettuare un esercizio di realismo e mettere il proprio business al riparo dalla tempesta in attesa di tempi migliori, attendendo il momento nel quale si potranno riaccendere gli investimenti.

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