Castelli: «Il Centro Italia cuore della futura legge sulle ricostruzioni»
Il neo commissario: «Procedono i lavori nel privato, quelli pubblici in ritardo. La stabilità del personale degli enti locali è fondamentale».
di Michele Romano
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Passare dalle norme ai cantieri: più che un modello organizzativo continua a essere un’assoluta necessità a sei anni e mezzo dalle scosse di terremoto che hanno portato morti e distruzione in quattro regioni del Centro Italia. «Ma i cantieri non si fanno con le carte, quanto piuttosto con il lavoro quotidiano degli uffici speciali per la ricostruzione, regionali e dei comuni: sono loro il raccordo con cittadini e tecnici, che progettano le case e le attività da rimettere in piedi». Guido Castelli, da poco più di tre mesi alla guida della struttura commissariale, la definisce «governance multilivello, rappresentativa della responsabilità diffusa», una sorta di rete di ruoli e competenze uniti dall’obiettivo di far rinascere l’Appennino centrale. Tutto questo in attesa della riforma annunciata dal ministro Musumeci, che dovrebbe portare alla nascita di un dipartimento nazionale per la ricostruzione post emergenze. «Di fronte a una calamità naturale ogni volta si perdono anni preziosi solo perché si procede per tentativi, più o meno riusciti, di normare la ricostruzione da capo – osserva il commissario -. Il Centro Italia si offre al Paese come modello per le politiche di prevenzione e ricostruzione, con il suo insieme di buone pratiche, frutto delle esperienze innovative maturate sul campo: sarà il cuore della futura legge sulle ricostruzioni». Nel frattempo, l’impostazione commissariale «esprime sicuramente la necessità di una governance centrale, funzionale al coordinamento delle funzioni pubbliche», dalla semplificazione all’attività amministrativa, fino alla programmazione degli interventi e al loro monitoraggio.
Grande l’area del cratere, piccola la dimensione demografica dei 138 comuni coinvolti (il 40% dei quali nelle Marche, ndr.), con centinaia di minuscole frazioni: da un lato, un patrimonio immenso di stili di vita, dall’altro la difficoltà oggettiva a gestire la sfida imposta da un’emergenza di queste dimensioni, tanto più dopo 10 anni di tagli e riduzioni di personale, che hanno fortemente indebolito la loro dimensione organizzativa. Così, il tema della stabilità del personale degli enti locali impegnato nella ricostruzione diventa «di fondamentale importanza, per mantenere quel prezioso bagaglio di competenze nei comuni anche negli anni futuri, necessario anche per mettere a punto programmi di sviluppo».
Considerando le manifestazioni di interesse e le richieste ricevute, le pratiche relative alla ricostruzione privata sono complessivamente 52 mila per un valore di circa 21,5 miliardi per via dell’aumento medio del 10% dei prezzi dei materiali e delle materie prime; di queste, sono state processate il 54,9% delle richieste per 10 miliardi. La maggioranza di quelle che mancano all’appello rappresenta però la ricostruzione privata del cuore del cratere, spesso si intrecciano con quella pubblica e richiedono «una programmazione oculata, perché parliamo di paesi e frazioni interamente distrutte, come Amatrice, Pescara del Tronto o aree ancora in zona rossa come Camerino». La ricostruzione pubblica, che pesa per circa 11 miliardi, è invece molto più indietro: «Stiamo correndo ai ripari – spiega Castelli – favorendo, tra le altre cose, iniziative di supporto amministrativo in favore dei comuni più piccoli o meno attrezzati».
Del resto, la ricostruzione è creatura viva e per questo necessita di continua attenzione e messa a punto. Per questa ragione, il commissario va anche avanti con la sua campagna di ascolto dei territori, dei tecnici (che hanno a disposizione la piattaforma digitale Ge.Di.Si. per la gestione dei progetti e dei contributi, ndr.), delle associazioni dei costruttori e delle imprese. L’obiettivo è soprattutto quello di riprogrammare le scadenze, «ragionando in modo definitivo su una programmazione chiara e realistica della ricostruzione privata del Centro Italia, lavorando al contempo a un provvedimento organico, insieme agli Usr e ai presidenti delle quattro Regioni». In agenda ci sono anche «una strategia di attacco sui borghi e i territori più devastati, che ancora attendono la svolta della ricostruzione» e un nuovo stock di ordinanze speciali, capaci di garantire ulteriori semplificazioni procedurali da aggiungere a quelle contenute nel Decreto Sisma.
Accelerare ulteriormente la ricostruzione per consentire la rinascita dell’Appennino Centrale, colpito già prima del sisma da una grave crisi socioeconomica che con le scosse del 2016 si è acuita in modo parossistico. «Le aree del cratere le immagino come un’alternativa sostenibile al modello delle grandi città, sempre più fragile di fronte ai cambiamenti climatici e alle nuove sfide della transizione energetica». Guarda molto avanti Castelli, forte anche delle risposte ai bandi di Next Appennino, il progetto di stimolo economico finanziato dal Fondo Complementare al sisma, che sono state di gran lunga superiori alle attese: a fronte di stanziamenti di poco superiori ai 600 milioni sono state registrate proposte per quasi il triplo. «C’è volontà di riscatto. Guai a non assecondarla».
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