Cisco: «allo studio pacchetti di ingegneria finanziaria per coinvestire sul 5G»
Il punto con Paolo Campoli, capo del segmento Service provider della multinazionale americana
di Simona Rossitto
3' di lettura
Operazioni di ingegneria finanziaria per consentire agli operatori di telecomunicazione di modulare gli investimenti in cloud, 5G e altre tecnologie in funzione della realizzazione del fatturato. Sono soluzioni che Cisco, spiega Paolo Campoli, capo del segmento Service provider a livello mondiale, sta studiando assieme ai fondi di private equity. Una formula del genere è già stata realizzata dal gruppo americano, tra i leader nelle tecnologie di rete, con British Telecom per l'offerta streaming. E ora, annuncia Campoli a DigitEconomy.24 (report del Sole 24 Ore Radiocor e della Luiss Business School), si sta discutendo anche con attori italiani. In Italia, in particolare, prosegue il manager, «stiamo guardando a varie opzioni, sono modelli di ingegneria finanziaria che stiamo studiando molto da vicino. Parliamo con attori istituzionali, private equity, è un ecosistema complesso».
«Reti hanno tenuto, è emerso il problema del digital divide»
Con il primo lockdown, ricorda Campoli, si è verificato che le reti italiane hanno tenuto bene «dal punto di vista della qualità percepita, ma sono emersi due o tre aspetti importanti, ancora sul tavolo. Innanzitutto il problema del digital divide, un tempo argomento da conferenze, è diventato improvvisamente una realtà discriminante. Oggi non avere un collegamento sufficiente significa far arenare tutto il business dell'impresa. Proprio ragionando sugli strumenti per accelerare l'ultrabroadband, è tornato in auge il ruolo del 5G inteso come tecnologia molto veloce, laddove la fibra non è ancora disponibile o non è remunerativa. Il 5G per sua natura ha una diffusione e un costo di start up più gestibile e si condividono un po' meglio gli investimenti. Quando si parla degli use cases del 5G, il fixed wireless access sta, infatti, diventando un cavallo di battaglia per molti operatori».
Il nodo della sicurezza
Un altro tema emerso con più forza nel lockdown è quello della sicurezza. A livello politico e geopolitico «l'Italia ha agito in maniera corretta e con gran anticipo, con il perimetro di sicurezza cibernetica». A livello pratico «spostare i dipendenti dall' ufficio a un ambiente domestico è un problema non da poco. Prima c'era la separazione degli strumenti che ora invece si mischiano tutti, prestando il fianco a chi fa attacchi informatici». Una soluzione, secondo Cisco, può essere trovata direttamente nelle reti che «possono proteggere il lavoratore da remoto in maniera ‘nativa'. Per il dipendente significa avere una rete che lo protegge. E' un tema, anche di business, molto centrale».
In questo campo, ricorda Campoli, Cisco ha già fatto un accordo con Telecom Italia per una soluzione che funziona su rete fissa e mobile e che consente di rendere le reti più intelligenti: «Abbiamo avuto un grosso successo, abbiamo abilitato questa soluzione su circa 700mila piccole imprese. E' diventata una best practice a livello mondiale». Ora il gruppo americano ha annunciato una soluzione simile con Verizon, basata sullo stesso paradigma «della rete che protegge, un servizio a valore aggiunto che diamo per il 5G».
Occorre condividere le infrastrutture per investimenti sostenibili
Quanto allo sviluppo del 5G in Italia e nel mondo, Cisco sta, per la serie delle ragioni suesposte, guardando alla formula del co-investimento. «Chi pensava alla realizzazione del 5G in 12 mesi aveva una visione troppo ottimista. Occorre un'operazione di infrastrutturazione, si richiede tanta pianificazione, capacità di fare innovazione. Bisogna investire tanto in torri, in sistemi di accesso radio, in fibra». Alla luce dello scenario descritto, secondo Campoli, «occorrono infrastrutture condivise o altrimenti saranno ben pochi gli investitori che riusciranno a reggersi sulle proprie gambe».
Restando in tema di co-investimenti, si parla spesso oggi di allargare il perimetro della rete unica in fibra a tecnologie come il 5G. «Gli economics – commenta Campoli - sono a favore di reti più condivise. D'altronde, se guardiamo ai grossi investimenti su cui stanno atterrando i private equity, si nota che vengono privilegiate infrastrutture 5G condivise o fiber company e tower company. Si reputa che 5G e fibra saranno le spine dorsali per creare la digitalizzazione in interi Paesi».
Ed è proprio su questa linea che si ascrivono i modelli di condivisione di co-investimenti con operatori su infrastruttura cloud messi a punto da Cisco. «Per chi ha la necessità di creare un'infrastruttura con esborso di capitale limitato, noi, lavorando con private equity, abbiamo realizzato pacchetti finanziari a condivisione di fatturato, permettendo inizialmente all'operatore di non investire, accendere i servizi e, quando decollano, dividere il fatturato secondo un modello di revenues share. Lo abbiamo già fatto con BT per servizi di video streaming, non è detto – conclude Campoli - che non sia realizzabile sul 5G, siamo molto ambiziosi».
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