ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùUno scrittore e il suo lusso

Collezionare oggetti che raccontano luoghi e fanno viaggiare intorno al mondo

Sono le piccole cose a dare il senso dell'identità. Che si tratti di stilografiche artigianali o di stivali indispensabili nella vita di tutti i giorni, è dai dettagli che nascono la ricerca delle origini e il desiderio di conservazione

di Amitav Ghosh

Amitav Ghosh. Foto Méthieu Génon.

4' di lettura

Esistono oggetti che racchiudono l'intera storia del mondo, anche se sono piccoli o apparentemente insignificanti. È il caso, ad esempio, dei chiodi di garofano o della noce moscata. Quest'ultima, partita dalle isole Molucche nel XVI secolo per andare a conquistare il mondo, è stata protagonista di vicende avvincenti. Possiamo dare attenzione a una cosa così infinitesimale, apparentemente trascurabile, e seguirne le avventure romanzesche come se si trattasse di una persona: arricchisce la conoscenza. La storia della diffusione di alcuni prodotti nei secoli ci aiuta anche a rintracciare similitudini tra il periodo coloniale e la globalizzazione contemporanea. Sono proprio questi oggetti di uso quotidiano a suscitare la mia curiosità e il desiderio di ricercarne le origini, capirne l'evoluzione.

Ultimamente sono attratto dai quadrifogli che trovo nell'erba. La loro forma, il significato scaramantico che viene loro attribuito, mi spinge a saperne di più. Le piante, a maggior ragione per la crisi climatica incombente, sono il bene più prezioso che abbiamo, in loro sta la nostra salvezza. È interessante riflettere su come il valore che attribuiamo alla natura e ai suoi frutti sia cambiato nel corso del tempo. Per un certo periodo, quando le navi della Compagnia Britannica delle Indie Orientali erano i vettori dei destini commerciali del mondo, alcune spezie raggiunsero un valore economico altissimo. La presenza o meno della noce moscata, ad esempio, poteva determinare la riuscita di un evento importante nelle corti del Vecchio Continente.

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Ma veniamo ai giorni nostri. Viviamo in un'epoca in cui le modalità di comunicazione sono rapidissime. Il fatto di scrivere lentamente, usando una penna, soprattutto se stilografica, ha acquisito un valore speciale. Per questo motivo tante persone hanno sviluppato una passione per tali oggetti. Io stesso, che da sempre li colleziono, sono molto felice di aver scoperto l'incredibile mondo della produzione indiana di stilografiche artigianali. Sino a poco tempo fa le ignoravo. Sono oggetti superbi, realizzati da uomini che, seduti per ore e ore al tornio, dentro una piccola bottega polverosa, impiegano sino a quattro giorni per confezionare una penna completamente decorata a mano. I tempi di attesa per ordinarle e riceverle sono lunghi, arrivano fino a 95 settimane, ma la loro bellezza è tale che vale la pena di aspettare. Sono contento di averne parlato all'interno di un servizio andato in onda sulla BBC: ho personalmente contribuito a farle conoscere, specialmente quelle che provengono dalla città di Pune.

Sulla mia scrivania tengo questi capolavori indiani e poi tantissime fotografie che ho scattato nel corso della mia vita di antropologo e scrittore. Sono un fotografo compulsivo: prima usavo macchine analogiche, poi sono passato alle digitali e adesso utilizzo lo smartphone, però amo ancora stampare le foto. Mi piacere guardare le persone che ho incontrato, quelle che mi sono care, i luoghi in cui sono stato. Le immagini hanno un forte potere evocativo e narrativo. Per il resto, il mio studio è un vero caos: ci sono così tante cianfrusaglie che quasi mi vergogno a parlarne: pile di libri, pile di lettere, risme di fogli di carta con parole scritte e subito dopo cancellate. A volte, per trovare spazio, devo farmi largo con le braccia. Nelle altre stanze, invece, c'è un po' più di ordine, il che mi consente di godere del piacere di osservare le stampe e i quadri appesi, così come dei disegni, degli schizzi e delle fotografie d'autore che gli amici mi regalano.

Mi domando spesso quale idea una persona si farebbe di me entrando nelle stanze in cui vivo senza sapere che sono le mie: riuscirebbe a capire chi sono? Gli oggetti rivelano tantissimo di noi e parlano dei nostri gusti. Guardando quello che una persona conserva nella propria casa, se ne comprende lo stile, la propensione minimalista o ridondante, l'attrazione per la semplicità e il rigore o, all'opposto, per il decorativismo e l'abbondanza.

Io sono nato nel Bengala, che è una regione nord-orientale del Subcontinente indiano: le foreste di mangrovie e i delta dei fiumi mi sono familiari e tanti miei libri raccontano questi ambienti. Proprio dalle mie origini geografiche si capisce bene perché alcuni oggetti umili e di scarso valore economico, come un semplice paio di stivali, siano per me fondamentali. Si tratta di indumenti che consentono di vivere un'esistenza quasi normale. E sempre per questa mia provenienza, devo dire che sono stregato dalle navi. Sin da bambino le osservavo, le ammiravo e adesso solcano spesso le pagine dei miei romanzi. Navigare per noi è un po' come camminare, trascorriamo la nostra esistenza sull'acqua. La maggior parte degli avvenimenti centrali nelle nostre vite si svolge a bordo delle barche o si verifica grazie ad esse.

È indubbio, comunque, che tutti dovremmo imparare ad apprezzare gli oggetti che abbiamo già, senza essere spinti di continuo ad accumularne altri. Mi riferisco anche a quelli di uso quotidiano, in particolare i vestiti. Sono stato di recente molto colpito dai risultati di una ricerca relativa al numero di volte in cui indossiamo gli abiti che compriamo. Negli anni si è notevolmente abbassato e oggi è, in media, sei volte per ogni capo. Questo significa che siamo corresponsabili di uno spreco di risorse naturali enorme. Eppure la Terra ci sta dicendo chiaramente, con tutti i cataclismi che accadono, dagli incendi alle inondazioni, che se continuiamo così, rischiamo di perdere tutto. Io penso spesso a che cosa potrei rinunciare e, sinceramente, credo che sarei disposto a privarmi di quasi tutto. Ciò da cui non vorrei proprio separarmi sono le mie penne. Forse, però, potrei farcela... Magari ne terrei una sola, quella in legno marrone che uso per scrivere i miei libri.

Amitav Ghosh è uno scrittore, giornalista e antropologo indiano. Nato a Calcutta, ha un dottorato in Antropologia sociale a Oxford e ha insegnato a lungo scrittura creativa alla Columbia University di New York. Tra i suoi successi, Il paese delle maree (2005), Trilogia dell'Ibis (2008-2012), L'isola dei fucili (2019), il saggio La grande cecità. Il cambiamento climatico e l'impensabile (2017) e il racconto in versi Jungle Nama. Il racconto della giungla (2021), tutti editi per Neri Pozza. Vincitore del Jnanpith Award, il più prestigioso premio letterario indiano, è considerato tra i maggiori scrittori contemporanei. Il suo ultimo libro è The Living Mountain, pubblicato da Harper Collins India.

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