Come nasce «La la land»: la masterclass di Chazelle e l’ovazione a Wes Anderson
Il regista Chazelle e il compositore Justin Hurwitz hanno raccontato come nascono i loro film, mentre Wes Anderson ha ricevuto il premio Cartier
di Cristina Battocletti
I punti chiave
- Damien Chazelle e Justin Hurwitz hanno spiegato le musiche dei loro film
- Alexandre Desplat ha fatto la laudatio di Wes Anderson al premio Cartier
- È stato proiettato l’ultimo film di Anderson “The wonderful story of Henry Sugar”
3' di lettura
Damien Chazelle e Justin Hurwitz, due ragazzi talentuosi al college
Che grande e fortunata coincidenza: due ragazzi talentuosissimi si trovano nello stesso college, sperimentano, cementano la loro amicizia e insieme realizzano film iconici, che spostano il cinema un poco più in là. Si tratta di Damien Chazelle e Justin Hurwitz che insieme hanno girato “Whiplash” (2014), “La La Land” (2016), “First Man” (2018) e “Babylon” (2022). Il primo dietro la macchina da presa, il secondo componendo le musiche delle pellicole.
Si sono presentati con un pizzico di timidezza, soprattutto Chazelle, alla Masterclass che li vedeva protagonisti per raccontare il loro cammino comune, visto che anche Chazelle - che quest’anno è presidente della giuria della Mostra - è (o meglio è stato) un musicista e più precisamente un batterista. Vestiti con abiti informali (Chazelle con una maglietta nera, Hurwitz con un giubottino celeste) hanno raccontato il loro incontro, il loro modo di lavorare, la loro maniera di intendere l’arte da 38enni quali sono, tenendo sempre duro con gli studios, anche quando volevano cacciare Hurwitz e Chazelle lo ha difeso pretendendo che rimanesse al suo fianco.
Era stato Justin a chiamare Damien al College come batterista per un gruppo che cambiava nome ogni settimana. Justin aveva suonato il piano fino ai 18 anni, ma poi ha prevalso la sua indole di compositore e, solo inizialmente, quella di fare il cantante nella band con Damien.
«Tra musica e cinema ho capito che il cinema era la mia vita», puntualizza Chazelle, che nella trama di “Whiplash” ha sicuramente riciclato qualche pezzetto della sua vita. «Eravamo due drogati di musica», spiega Chazelle indicando Hurwitz. «La musica aiuta a esprimere le emozioni molto più dei film realistici», ha continuato Chazelle. «I musical non mi piacevano: entravi dentro la storia e poi qualcuno iniziava a cantare, mi annoiava da morire. Volevo realizzare un genere più accessibile e popolare».
La prima registrazione per ragioni legate ai costi viene effettuata in uno studio a Bratislava: «Per la prima volta avevo un’orchestra e leggevo sullo spartito. E mi accorgevo che lo scritto era così incalzante che i musicisti non riuscivano a respirare», spiega Hurwitz.«Ci sono molti passaggi che rifarei o farei in modo diverso».
La ripartizione del lavoro tra regista e compositore
Poi tra la proiezione di una pillola e l’altra dei loro successi, intervengono per spiegare tecnicismi, cantando i motivi l’uno all’altro per farsi capire. E raccontano il loro modo di lavorare. «È un rapporto di mutuo scambio», precisa Chazelle. «Io dò a Justin delle indicazioni e lui arriva con un prodotto e, a un certo punto, anche il mio film è una reinterpretazione di quello che ha realizzato Justin. Io con gli orchestrali faccio il poliziotto buono e lui quello cattivo, rassicuro gli strumentisti, mentre succede tutto il contrario con la regia».
Hurwitz ha diretto giovedì sera la Paris Jazz Big Band sui temi di «La la land» a palazzo Ca’ Giustian per un party organizzato da Cartier, uno dei main sponsor della Mostra, per celebrare l’inizio del festival in cui, tra gli ospiti, c’erano anche Luca Guadagnino e Isabelle Huppert.
Il premio Cartier “Glory to the filmmaker award” a Wes Anderson
Cartier ha anche conferito il premio “Glory to the filmmaker award” a Wes Anderson con una cerimonia che lo ha visto arrivare vestito con un gessato rosa, leggermente imbarazzato dall’ovazione della sala strapiena. Mentre si riavviava i capelli da paggetto, sorrideva contento ma beffardo, come nei suoi film. A fare la laudatio Alexandre Desplat, autore di sei colonne sonore di altrettanti film di Andreson. Giocoso e ironico Desplat ha parlato di un regista che ha capito l’importanza fondamentale della musica nei film e poi ha usato parole puntuali per lo stile del sodale americano: «Un cinema rivoluzionario, con una visione, profondamente tragico, con grande attenzione ai dettagli e una forte melanconia dietro i colori pastello».
Da par suo Anderson ha risposto con lo stesso piglio comico e composto dei suoi film, definendo il nome del premio “Glory to...” un concetto piuttosto biblico. «Ho controllato su wikipedia la lista di coloro che hanno ricevuto il riconoscimento prima di me, tutti dei grandi come Spike Lee, che è una delle ragioni per cui sono diventato regista, o Brian De Palma, lo hanno ritirato nel momento in cui hanno fatto i loro peggiori film. Spero che il film che state per vedere non sia proprio pessimo, ma potete consolarvi: dura solo 40 minuti». Risata colossale e un applauso durato al limite dell’imbarazzo del regista, che ormai aveva assunto una tonalità molto vicina al colore del suo vestito rosa con scarpe coordinate.
Ma in quel frangente è iniziata la magia del suo ultimo film tratto da Roald Dahl “The wonderful story of Henry Sugar”.
loading...