Con l’articolo 118 del Tub le banche gonfiano ancor più gli utili
Il divario tra tassi attivi e passivi praticati alla clientela sale a 317 punti base. Mef, Banca d’Italia e Bce sollecitano un aumento della remunerazione sui depositi, ma gli isituti tergiversano. Fallita la moral suasion serve un chiarimento risolutivo più che una tassazione straordinaria per ripristinare condizione economiche più eque a favore dei clienti
di Adriano Melchiori
I punti chiave
4' di lettura
Nel decennio dei tassi prima azzerati e poi negativi, dal 2012 fino al luglio 2022, non è stato semplice fare banca. Ma non lo è stato nemmeno fare il cliente risparmiatore. Nel decennio, infatti, la raccolta da residenti (pur salita da 1.761 a 2.073 miliardi) ha registrato un calo della remunerazione annua di 27,6 miliardi (da 36,9 a 9,3 miliardi), con un tasso medio diminuito dal 2,1 allo 0,45%. Ne hanno beneficiato i prestiti, scesi dal 3,76 al 2,25%. Il margine clientela, invece, è rimasto stabile attorno ai 180 punti base.
Cambio di scenario
Dalla scorsa estate, con l'avvio delle manovre di aumento dei tassi somministrate dalla Bce a dosi da cavallo per contrastare l'elevata inflazione, in nove mesi lo spread clientela è velocemente salito fino ai 317 punti base. Una corsa sostenuta dall'impennata del tasso medio dei prestiti approdato al 3,99 dal 2,25%, contrariamente alla raccolta mossasi lentamente dallo 0,45 allo 0,82%. Una diversa dinamica che ha dilatato il margine finanziario delle banche e ne sta ancora gonfiando gli utili, suscitando polemiche e ipotesi di tassazione straordinaria. Una dinamica che, stando alle parole del ministro Giorgetti, il Governo non può trascurare e che non trascurerà. Stiamo a vedere.
Tasso -0,20% sulle giacenze dei clienti
Nel frattempo le banche si giustificano evocando un ritorno alla normalità dopo il lungo periodo dei tassi negativi, durante il quale non li avrebbero mai applicati alla clientela e non avrebbero ricevuto alcun sussidio. In realtà, hanno potuto fare affidamento sui finanziamenti, sia convenzionali (Peltro) che a più lungo termine (Tltro), concessi dalla Bce a tassi negativi fino al -1%.
Le banche sono state remunerate dalla Bce per aver preso in prestito i 450 miliardi delle Tltro, con un beneficio a conto economico che nel 2021 Banca d'Italia ha stimato in circa 3,3 miliardi annui, considerandolo un apporto positivo a rettifica del costo della raccolta: un vero e proprio sussidio annuale pari a circa lo 0,22% dell'ammontare complessivo delle giacenze sui conti correnti. Una rettifica che, al netto dello 0,02% pagato ai clienti, trasforma in un tasso negativo del -0,20% l'introito (e non la spesa) delle banche sulla raccolta a vista dei conti.
Tassazione addizionale
Utili delle banche e dinamiche remunerative differenti fra prestiti e depositi sono stati stigmatizzati prospettando una loro tassazione aggiuntiva. Le banche hanno osservato che una addizionale del 3,5% esiste già per gli enti creditizi dal 2016. Da allora, infatti, l'aliquota Ires è diminuita dal 27,5 al 24% per le società, ma non per le banche. Hanno però omesso di ricordare che la deroga, sollecitata, ha consentito loro di evitare la svalutazione delle attività per imposte anticipate iscritte a bilancio.
L'addizionale vigente, quindi, è un aggravio d'imposta solo apparente perché il rimedio fu allora attuato a costo zero per le banche, innalzando al 100% la deducibilità degli interessi passivi prima limitata al 96%.
Liquidità a vista e a scadenza
Con la riallocazione della raccolta, nel decennio chiuso a luglio 2022 (data di uscita dai tassi negativi), i depositi a vista sui conti correnti sono più che raddoppiati da 722 a 1.497 miliardi, passando dal 41 al 72% della raccolta. Nonostante l'inversione di tendenza registrata in questi ultimi mesi (incidenza ridotta al 68% e tasso medio salito allo 0,29%), le giacenze dei conti a vista continuano a essere oggetto di attenzione, anche della Vigilanza. Nel frattempo, speculandoci, le banche pagano soltanto lo 0,29% i 1.368 miliardi di giacenze sui conti: una liquidità fondamentale per garantire la loro stabilità.
Finita la stagione espansiva della liquidità facile e conveniente, le banche farebbero bene a cercare di massimizzare, prima degli utili, il consolidamento del rapporto di fiducia con i propri clienti. Anche rivedendo le loro politiche di pricing dei conti correnti.Invece, parlando di tassi attivi per la clientela, le banche osservano che bisogna portare pazienza perché è già in atto una ricomposizione della provvista verso forme a scadenza più remunerative. E che la liquidità in eccesso non dovrebbe essere tenuta sui conti correnti, quasi a dire che le giacenze a vista non meritano di essere remunerate.
Eppure in passato, prima dei tassi azzerati e negativi, le banche hanno concordato con i clienti interessi attivi superiori agli attuali. Poi li hanno man mano unilateralmente azzerati per via dei tassi negativi. E ora che i tassi negativi non ci sono più, la remunerazione delle giacenze a suo tempo concordata non la vogliono ripristinare. O meglio, la ripristinano. Ma non a tutti. Solo ai clienti più importanti e a chi si lamenta. Siamo alle solite.
L'atteso chiarimento sull'articolo 118 del Tub
L'unico dietrofront che non s'è ancora visto, infatti, è quello generalizzato sui tassi azzerati e sulle spese aumentate dalle banche con modifiche unilaterali, ai sensi dell'art. 118 Tub, adducendo come giustificato motivo i tassi negativi. Da luglio 2022 i tassi negativi non ci sono più, ma le banche tergiversano e non rivedono le condizioni in senso favorevole ai clienti, nonostante siano state sollecitate a farlo anche da Banca d'Italia e dalla Bce. Variazioni dei tassi adottate in conseguenza di decisioni di politica monetaria che, se non ripristinate, recano pregiudizio ai clienti anche in contrasto con la ratio dell'ultimo comma dell'art. 118 del Tub.
Per smuovere le banche, come più volte sollecitato nei mesi scorsi da Plus24, basterebbe un chiarimento normativo (o ministeriale, come fece il Mise nel 2007) che confermi l'obbligo (già implicito nel principio di lealtà e buona fede) di ripristinare le precedenti condizioni qualora il giustificato motivo addotto venga meno. È un intervento doveroso e semplice per il Governo, se davvero non vuole trascurare la dinamica in atto e indirizzare le banche verso comportamenti più corretti ed equi, a cominciare dalla tutela della clientela più indifesa.
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