«Con Pixel 7 abbiamo messo Google in una scatola. E ora usciamo dallo smartphone»
Parla Nanda Ramachandran, vice presidente del gigante di Mountain View che ci ha spiegato la strategia multi-dispositivo su Android e i loro piani sull’Italia
di Luca Tremolada
4' di lettura
«Fin dall’inizio l’idea è stata quella di mettere Google in una scatola». Chi parla è Nanda Ramachandran, vice presidente di Google da otto anni e a capo delle strategie della divisione business di Pixel, lo smartphone di Moutain View.
Lo abbiamo intervistato poche ore prima dell’evento Made by Google, che ha visto il debutto in Italia dei nuovi telefonini della famiglia Pixel e la presentazione di una serie di nuovi dispositivi come il primo smart watch di Google e il Pixel tablet che arriveranno nei prossimi mesi.
«Quando abbiamo pensato a Pixel - spiega il manager - l’idea era appunto quella di offrire “in una scatola” tutta la nostra esperienza e quello che abbiamo imparato con il motore di ricerca e l’intelligenza artificiale». In parole semplici: hardware dedicato per sfruttare le potenzialità di Android, il sistema operativo made in Google che oggi muove nove smartphone su dieci.
In questo senso, il modello di Big G gioca la stessa partita di Apple, che progetta le applicazioni direttamente con lo sviluppo del dispositivo, offrendo così prestazioni superiori. L’anno scorso ha debuttato il nuovo processore Tensor interamente progettato da Mountain View. E con il Pixel 7 il chip è stato completamente ridisegnato e aggiornato. Tuttavia, l’importanza degli smartphone nei bilanci di Google e di Apple non è la stessa.
La strategia commerciale di Google
Secondo i dati di Canalys, i Pixel di Google hanno raggiunto il 2% del mercato nordamericano, nel secondo trimestre del 2022. Apple oggi ha superato Samsung e ha una quota del 52%. Big G, però, partiva quasi dal nulla, e la sua crescita, anno su anno, è del 230%. Tuttavia rispetto ad Apple gli smartphone sono una voce piccola nel bilancio di Google.
«Il mercato del telefonino sta attraversando un momento difficile. L’incertezza sul mercato, per la crescita dei prezzi dal lato della domanda e il rallentamento nella fornitura di microchip (crisi dei semiconduttori) dal lato dell’offerta, hanno pesato sulla distribuzione del prodotto per tutti gli attori. Anche per noi ma ora la situazione è migliorata e nonostante i segni meno siamo ottimisti che il mercato ripartirà».
L’integrazione hardware-software
Ottimisti anche perché per Google la partita sembra avere confini più ampi di quelli dei tradizionali produttori di smarphone. «Anche noi pensiamo che il telefonino sia centrale nella vita delle persone e per il loro accesso a internet e ai servizi dell’economia digitale, ma non crediamo sia l’unico strumento. Il nostro ecosistema di prodotti si è allargato nel tempo, sono sempre di più i punti di ingresso dell’utente all’esperienza di Google. E questo ci aiuta a migliorare i nostri prodotti».
Un esempio, spiega il manager, è proprio nei progressi che abbiamo compiuto con il processore Google Tensor. «Oggi se chiedete a un utente quale è la funzionalità più apprezzata vi risponderà la durata, cioè la batteria - osserva Nanda Ramachandran -. Ma io aggiungo anche la sicurezza. Per la prima volta abbiamo inserito nel nostro hardware Titan M2 una soluzione di protezione che è uno standard internazionale utilizzato per rendere più sicure l’identità su Sim, carte di credito e chip. Vuole dire che introduciamo le più rigorose linee guida che oggi proteggono banche, operatori telefonici e governi. E poi c’è l’intelligenza artificiale: ogni anno si compiono passi in avanti. Particolarmente interessante su Pixel 7 è l’integrazione tra i servizi di traduzione di Google, la connessione con gli auricolari e l’uso degli algoritmi per la gestione delle chiamate».
La roadmap sull’AI
Se però sul fronte tecnologico è immaginabile la roadmap di Google nell’elettronica di consumo è meno chiara la strategia sul fronte commerciale. In parte come è accaduto in passato a Microsoft, sul fronte degli smartphone la direzione di questi grandissimi giganti delle tecnologie non è sempre chiara. Google e anche Microsoft sono giganti che non vivono di elettronica di consumo ma di cloud computing, servizi e pubblicità nel caso di Big G.
Per entrambi la strategia commerciale sui prodotti non è sempre lineare. Sollevò non poche perplessità, infatti, la scelta di Google di non vendere sul nostro territorio il loro smartphone. L'Italia in Europa è indubbiamente un mercato attraente sul fronte della domanda di smartphone, abbiamo in percentuale una altissima diffusione di dispositivi mobili per abitante, perché quindi preferire altri Paesi? «Era il 2020 - risponde il manager - ed eravamo agli inizi della pandemia. Decidemmo di non portare il Pixel 5 per due ragioni: la mancanza di infrastrutture di 5G e una oggettiva mancanza di prodotto dovuta alla crisi nella supply chain. Entrambi questi problemi sono stati risolti già a partire dal lancio della famiglia di Pixel 6. Anzi, a partire da quest’anno il mercato italiano è e sarà sempre più importante».
Anche per questo da quanto ci risulta sono in corso colloqui con gli operatori telefonici per vendere i Pixel attraverso abbonamento. Attualmente infatti i Pixel si trovano solo su Amazon o negli Store di Google. Per la grande distribuzione, fanno sapere i manager, occorrerà aspettare di avere più prodotti.
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