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Corsa ai rigassificatori in Europa, ma davvero ce ne servono così tanti?

Alcuni studi sollevano dubbi: se tutti i progetti annunciati saranno realizzati davvero, la capacità di importazione di Gnl rischia di essere eccessiva. Soprattutto se riusciremo a rispettare gli obiettivi di decarbonizzazione

di Sissi Bellomo

3' di lettura

Il gas liquefatto ha permesso all’Europa di “salvarsi” dai tagli di Gazprom, superando l’inverno senza blackout. Ma la foga nel procurarsi nuovi rigassificatori rischia di rivelarsi eccessiva: nel giro di pochi anni potremmo realizzare di aver speso miliardi di euro, in gran parte denaro pubblico, per una dotazione di impianti mastodontica rispetto alle reali esigenze di sicurezza energetica.

È quanto sostiene uno studio dell’Institute for Energy Economics and Financial Analysis (Ieefa), centro di ricerche indipendente basato negli Stati Uniti. «Questa è la polizza assicurativa più costosa e inutile del mondo», sintetizza Ana Maria Jaller-Makarewicz, una degli autori della ricerca, commentandone i risultati.

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L’Europa, comprese Gran Bretagna e Turchia, raggiungerebbe una capacità di importazione di Gnl di oltre 400 miliardi di metri cubi l’anno nel 2030 (Bcm) se tutti i progetti annunciati fossero realizzati davvero, un incremento di quasi il 50% rispetto al 2022. Pe

r fine decennio Ieefa prevede tuttavia che nel continente la domanda complessiva di gas si ridurrà a 390 Bcm (da 413 Bcm nel 2021) per effetto delle politiche di decarbonizzazione e che il fabbisogno di Gnl sarà di appena 150 Bcm: potrebbe quindi aprirsi «un gap di capacità inutilizzata» di ben 250 Bcm, tanto grande da non essere giustificabile nemmeno con la prudenza di avere infrastrutture ridondanti.

Quello lanciato da Ieefe non è il primo allarme. A conclusioni simili era arrivato anche uno studio pubblicato a dicembre da Global Energy Monitor (Gem), altro think tank Usa di vocazione ambientalista, che notava gli effetti contrastanti provocati in Europa dalla crisi del gas russo: da un lato una corsa ai rigassificatori (peraltro con scarso coordinamento tra i vari Paesi Ue e poca attenzione al fatto che fino al 2025-26 l’offerta di Gnl non crescerà quasi nulla), dall’altro un’accelerazione delle rinnovabili e di soluzioni per ridurre in modo strutturale i consumi di gas, come le pompe di calore, di cui c’è stato un boom di installazioni. Gem aveva messo in evidenza anche il costo elevato dei rigassificatori.

Il governo tedesco ha da poco rivisto il budget per l’acquisto e il mantenimento delle 5 navi FSRU di cui la Germania vuole dotarsi entro il 2023 e dai 1,94 miliardi di euro previsti all’inizio il conto è già salito a 6,56 miliardi.

Snam ha comunicato che la nave Golar Tundra, che ha appena raggiunto Piombino, è stata comprata per 350 milioni di euro.

Se poi si vorrà riconvertire gli impianti per importare idrogeno, come molti dicono di voler fare, bisogna aggiungere un costo extra del 20-30% secondo il Fraunhofer Institute, centro di ricerca tedesco.

Il punto centrale comunque è l’estrema difficoltà di prevedere quale sarà il reale fabbisogno europeo di Gnl nel futuro. Ci sono troppe variabili coinvolte, come fa notare Anne-Sophie Corbeau, ricercatrice del Center on Global Energy Policy (Cgep) presso la Columbia University: «Dipende dall’evoluzione della domanda di gas, dell’offerta domestica (biometano compreso), dalle fonti di rifornimento alternative (via gasdotto, Ndr) e dai prezzi del gas a livello globale».

Bisognerebbe inoltre valutare il potenziale impatto delle politiche di decarbonizzazione senza darne per scontato il successo, come sembrano invece fare molte ricerche, tra cui quella di Ieefe.

«Gli obiettivi del piano REPowerEu implicano che la domanda euopea di gas sia più che dimezzata entro il 2030 – spiega Corbeau – Ma gli obiettivi per mettere la Ue su questa traiettoria sono così ambiziosi e probabilmente “aspirazionali”, ad esempio quelli sull'eolico e sull'idrogeno, che è importante chiedersi: di quanto l’Europa li mancherà?»

Nel paper pubblicato a febbraio dal Cgep la studiosa ricorda che il target Ue di avere 510 GW di capacità eolica entro il 2030 implicherebbe costruire nuovi impianti per 36 GW l’anno, ma nel 2022 non si è andati oltre 15 GW. Quanto all’idrogeno verde, Bruxelles punta ad una produzione Ue di 10 milioni di tonellate nel 2030, che richiederebbe elettrolizzatori con una capacità di 130 GW, ma se si guarda ai piani dei singoli Paesi e ai progetti finora annunciati si arriva solo a circa 40 GW.

Il fabbisogno di gas fossile potrà essere molto diverso a seconda di come andranno le cose: se saremo in grado o meno di accelerare la transizione verde, rispettando i traguardi che ci siamo dati. Per il Gnl in particolare l’ultimo Energy Outlook di Bp – l’ultimo davvero, perché la pubblicazione sarà interrotta – indica una forbice di previsioni enorme a seconda degli scenari ipotizzati, con importazioni europee da 30 a 200 miliardi di metri cubi nel lontano 2050.

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