Da Dior a Comme des Garçons, interpretazioni di poesia, durezza e romanticismo
Riflessioni sulla bellezza firmate Kim Jones, Kenzo riprende il multiculturalismo, Van Noten racconta una mascolinità soft
di Angelo Flaccavento
3' di lettura
Il fashion show come opera d'arte totale ha in Parigi il suo indiscusso centro nevralgico. Non c'è da sorprendersi: la città offre scorci unici, ma soprattutto è qui che si concentrano i gruppi con il più alto potere di spesa, e il più alto desiderio di mostrarlo tutto, flettendo i muscoli in una lotta senza quartiere. Nella fashion week in corso è spesso lo spettacolo a far la differenza, perché il messaggio moda è a questo giro alquanto uniforme, e punta dritto verso una morbida formalità.
La calca davanti al gigantesco tendone di Dior in Place de la Concorde è degna di un megaconcerto, come si conviene ad un marchio di tal portata, capace di smuovere celebrity e desideri collettivi. Dentro, lo spazio è neutro: un cubo nero. La lenta camminata dei modelli - sempre esangui, ossuti, poco più che adolescenti: qui come altrove, colpisce l'angustia anacronistica del canone di bellezza proposto - è introdotta e accompagnata da un video, proiettato sulle pareti, nel quale Robert Pattinson e Gwendoline Christie interpretano The waste land di T.S. Elliot. Come quei versi indimenticabili parlano di vita e morte, di terreni che fioriscono dopo le ibernazioni invernali, così la collezione parla dei cicli rigenerativi della moda, e omaggia il breve passaggio di un giovanissimo Yves Saint-Laurent alla direzione della maison, dopo l'inattesa scomparsa del fondatore.
L'espediente narrativo è certamente forzato, senza dire che l'energia ipnotica del poema è brutalmente interrotta da momentanei dettagli macro di accessori e look che smosciano il lirismo con la furia del product placement, ma il tutto fa da cornice ad una esplorazione a tratti toccante della fusione di maschile e femminile. Lavorando con una palette di bianchi nivei e grigi delicatissimi, il direttore artistico Kim Jones immagina forme ampie, avvolgenti, androgine nel senso puro invece che fiammeggiante del termine. La proposta è convincente. Quel che manca, nonostante il profluvio di mezzi, o forse proprio per questo, è l'emozione, sicché il romanticismo degli abiti rimane un po' a mezz'aria.
Da Kenzo, non bastano i pezzi sempiterni dei Beatles suonati dal vivo per piano e archi a portare gioia e ottimismo in quella che al momento appare come una operazione alquanto meccanica di multiculturalismo vestimentario. Perfetto sulla carta, il direttore creativo Nigo continua a mancare il segno, e il suo East meets West manca di energia. Anche perché per emozionare basta poco, il più delle volte.
Yohji Yamamoto, signore inveterato della decostruzione poetica, non smette di toccare con la sua idea di uomo duro ma romantico. A questo giro forse i fiocchi e i broccati hanno un che di costumistico, ma è male minore. Da Dries Van Noten, altro araldo, da sempre, di una mascolinità soft, si sta tutti in piedi su pedane, un po' come ad un concerto. Infatti i modelli deambulano mentre il duo sperimentale Lander & Adriaan si esibisce dal vivo. Si parte in nero - pura, elegantissima silhouette - ma presto inizia un turbinare di stampe botaniche che crea mimetismo e movimento sulle superfici, con la sottigliezza di cui solo Van Noten è capace.
La collezione reitera un codice noto, e in questo senso è rassicurante. Gioia e spensieratezza ricompaiono stagione dopo stagione, uguali ma diverse da Paul Smith, immarcescibile latore di britannica ironia. Equivale ad una riaffermazione identitaria anche la sfilata di Junya Watanabe: ritornano le giacchette striminzite, i pantaloni a tubo di stufa, i riferimenti sportivi e militari, ma questa volta in nero, e con tasche-gadget. Per Rei Kawakubo di Comme des Garçons, infine, l’avanguardia è una condizione permanente fatta di sperimentazioni formali e giocose deformazioni. Le maniche triple e le zip mostruose, qui, si vedono da tempo immemore, ma sempre con la scossa elettrica che solo la creazione vera riesce a dare.
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