Dal digitale all’engagement delle HR: così cambia l’organizzazione
Le persone hanno assunto una posizione ancora più centrale, ridefinendo paradigmi come il lavoro da remoto e la flessibilità della giornata di lavoro
di Gianni Rusconi
3' di lettura
Esistono coordinate precise per tracciare il profilo dell’azienda perfetta (dal punto di vista organizzativo) e per fissare i cardini sui quali appoggiare lo sviluppo di nuovi modelli di lavoro e collaborazione? E che ruolo giocano (e giocheranno) le nuove tecnologie digitali e la sempre maggior disponibilità di dati in questo processo di trasformazione? Domande che rimbalzano frequentemente sui tavoli del management e che sono state oggetto di analisi di una recente ricerca (“NextGen Organization”) condotta da Workday e The European House – Ambrosetti, coinvolgendo un gruppo selezionato di top executive di primarie imprese italiane.
Due i focus dell'indagine. Il primo ha indagato i fattori che hanno influenzato l’evoluzione delle strutture organizzative e le caratteristiche chiave delle aziende di nuova generazione. Il secondo ha invece approfondito i paradossi organizzativi (legati a evidenze e credenze) e l’impatto della tecnologia sui processi di gestione delle risorse umane. Lo scenario rispetto al quale vanno letti i risultati emersi è conosciuto e si specchia nel necessario recupero di produttività del sistema-Paese, per cui sono oggi di grande rilevanza elementi riferibili al capitale umano quali la “managerializzazione”, la corretta allocazione delle competenze e del talento, l’attenzione alla sostenibilità a 360 gradi.
La sfida da affrontare per le aziende ha più direttrici e una queste, come si legge nel rapporto, è sicuramente la capacità di sfruttare le opportunità legate alla “data economy” per sviluppare nuovi modelli organizzativi da una parte e per abilitare lo sviluppo e la trasformazione dei modelli di business e operativi delle imprese dall’altra. Una trasformazione che è accompagnata da una sempre maggiore apertura in chiave “open”, secondo logiche di cooperazione e (in alcuni casi) di competizione che permettono di intensificare gli scambi dei dati e di aumentare le opportunità di creare nuovi servizi verticali e nuove esperienze di consumo. E infine le persone, che hanno assunto una posizione ancora più centrale per via dell’emergenza pandemica, andando a ridefinire alcuni paradigmi come il lavoro da remoto e la flessibilità della giornata di lavoro.
Quali sono dunque le caratteristiche chiave proprie delle organizzazioni di nuova generazione? Gli esperti hanno messo in fila le seguenti. Si parte dalla “human centricity” all’interno delle realtà lavorative e si prosegue con la cosiddetta “sustainable sensitivity”, che pone la sostenibilità come un driver chiave sia all’interno, sia all’esterno dell’organizzazione. E poi una tendenza nota come “HR data-driven”, che lega all’utilizzo dei dati un’opportunità per migliorare le performance dei lavoratori, la produttività dell’azienda e il benessere dell’intera organizzazione, senza dimenticare il contributo dei dati stessi allo sviluppo di applicativi in grado di supportare l’evoluzione e la crescita delle risorse umane.
La combinazione di queste caratteristiche, si legge ancora nel rapporto, permette non solo di rispondere alle sfide competitive del mercato, ma anche di rendere più solida l’organizzazione sia internamente, promuovendo una cultura aziendale che soddisfi le esigenze di tutte le risorse, sia esternamente, lavorando sulla brand awareness e sulla brand identity dell’azienda. Ed è su questo piano che la tecnologia svolge appieno il proprio compito di abilitatore.
“La sempre più rapida diffusione della digitalizzazione all’interno delle strutture organizzative - ha osservato Corrado Panzeri, Partner e Responsabile dell’Innovation & Technology Hub di The European House Ambrosetti - offre nuove opportunità per lo sviluppo dei paradigmi di gestione delle Hr e nella creazione di valore per tutti i componenti di un’organizzazione”. Da qui, continua il manager, la necessità per i top executive di sfruttare in chiave futura le innovazioni tecnologiche, i dati e i nuovi driver di sostenibilità “per essere più vicini alle risorse umane ed aumentare i tassi di retention dei talenti interni, attrarre nuove figure e concretizzare nuovi modelli organizzativi”.
Innovazione, produttività ed equità, ma anche la capacità e la predisposizione ad alimentare maggiore attrattività ed engagement nei confronti delle persone, sono dunque i “must have” delle organizzazioni del futuro. E se per raggiungere questi obiettivi, come sottolinea Federico Francini, country manager di Workday per l’Italia, l’adozione delle tecnologie digitali sono una sorta di passaggio obbligat, nell’ambito delle risorse umane la gestione dei talenti basata sui dati comporta “l'abbandono dei vecchi metodi disgiunti a favore di un valore aggiunto che faccia sentire tutti inclusi e supportati sul posto di lavoro, assicurando che i giusti talenti ricoprano le giuste posizioni e creando un blueprint per lo skill development dei dipendenti”.
Quanto al problema dei “punti di frizione” che ancora oggi limitano l’evoluzione di un’organizzazione, conclude il rapporto, la sua soluzione è legata ad alcune azioni chiave, a cominciare dall’assunzione di un ruolo centrale delle Direzioni HR nella definizione delle strategie aziendali.
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