Dall’acqua di mare ai distillati la strategia di crescita di Tarì
Fatturato di 600mila euro per l'azienda fondata da Fabio Blanco e Luca Modica
di Nino Amadore
2' di lettura
L’ultima nata si chiama Acquavitae e non è una birra ma un distillato. Di birra ovviamente. A lanciarla sul mercato il birrificio modicano Tarì, creato nel 2010 da Luca Modica e Fabio Blanco. Aquavitae, spiegano dall’azienda, è nato da una selezione di birre e creato «grazie alla sapiente esperienza e guida del mastro distillatore Giovanni La Fauci». Prima ancora, nell’estate dell’anno scorso, era stata lanciata Aquamaris, la birra che ha dentro l’acqua del mare, in collaborazione con l’azienda catanese da cui la birra prende il nome: l’azienda etnea è specializzata nel prelevamento di acqua marina nelle profondità del Mar Jonio, diverse miglia a largo dalle coste siciliane, e nel successivo processo di microfiltrazione e sterilizzazione che ne mantiene intatte salinità e composizione minerale.
Birra Tarì, che ha chiuso il 2019 con un fatturato di 600mila euro, nasce dalla passione e dalla sfida dei due fondatori: «Era il 2005 quando, appena laureato in ingegneria, iniziai a lavorare a Pavia per un'azienda impegnata nella trasformazione dei prodotti alimentari – racconta Luca Modica che in azienda ricopre il ruolo di responsabile commerciale –: vedevo le materie prime trasformate, come per magia, in prodotti finiti destinati ai consumatori. La cosa mi affascinò e notai che in quell’area del Paese si lavorava già alle birre artigianali, al contrario della Sicilia, dove si produceva soprattutto vino. Fabio era un appassionato come me e, non appena rientrato, ho pensato, insieme a lui, di provare a produrre birra artigianale».
Oggi Birra Tarì ha quattro dipendenti, coadiuvati da qualche collaboratore occasionale e ha realizzato 13 tipologie di referenze di cui quattro sono anche le birre di punta dell’azienda: Hell, la cui caratteristica principale è la semplicità; Trisca, legata al territorio siciliano; For Sale, prodotta con luppoli americani; Bonajuto, in cui sono protagoniste le fave di cacao. Il canale principale per la commercializzazione delle birre Tarì è quello dell’ Horeca in tutta Italia ma non mancano ordini che arrivano dall’estero. Birra Tarì è poi presente anche in altri circuiti, come quello delle enoteche e ovviamente online con l’ecommerce.
Nel 2019 è stato fatto un investimento di circa 250mila euro per lo sviluppo e il miglioramento degli ambienti di lavoro e per l’acquisto di nuove attrezzature, finalizzate all’ottimizzazione della qualità del prodotto. In particolare è stato affinato il settore dedicato all'imbottigliamento, grazie a un’applicazione delle etichette più precisa e puntuale. Per la linea di riempimento da 1.000-2.000 bottiglie all’ora - in base al formato utilizzato -, Birra Tarì ha scelto il sistema Alfatek a nove becchelli, sul cui nastro trasportatore vengono caricate, manualmente, circa 100 bottiglie per volta. «Per l’anno prossimo - spiegano i fondatori dell’azienda -, e, più in generale, per il futuro, guardiamo a ulteriori investimenti, per aumentare la capacità della cantina; soprattutto, però, miriamo all’ampliamento del nostro attuale mercato di riferimento. La qualità è il punto di partenza per stare sul mercato, ma ci sono anche la capacità di adattarsi alle nuove esigenze dei consumatori e un altro aspetto, spesso sottovalutato dalle imprese: l’attenzione alla corretta amministrazione dell’azienda. Seppur piccoli occorre avere sempre ben chiari i valori portanti per l'impresa, e gli obiettivi da raggiungere, altrimenti si arriva a essere solo un magazzino».
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