Dalla pelle vegetale ai ricami delle rifugiate: la sostenibilità fil rouge per i marchi emergenti
Tre progetti che mettono in contatto l’Italia con luoghi lontani per valorizzare il made in Italy e avere un impatto positivo sull’ambiente e sulle comunità
di Marta Casadei
3' di lettura
Mentre i big si confrontano con i primi bilanci di sostenibilità (come OTB che ha presentato il suo la scorsa settimana) le start up e i marchi emergenti del settore moda hanno fatto dell’attenzione all’impatto ambientale e sociale un pilastro del loro Dna. Gli esempi sono tanti e alla Milano fashion week ne abbiamo individuati alcuni.
L’asse Italia-Tanzania di Endelea
Il motto di Endelea, marchio fondato a Milano da Francesca De Gottardo nel 2018 , è “dream bold” che in italiano si potrebbe tradurre come sognare in grande, intensamente ma anche coraggiosamente. Intensi e coraggiosi sono anche i colori e i motivi della tradizione africana - dai tessuti Wax ai Kikoi, fino ai classici check Maasai, che hanno ottenuto la certificazione della patrocinio della Maasai Intellectual Property Initiative - che rappresentano il cuore delle collezioni, declinate in abbigliamento, accessori e complementi per la casa e la tavola: i prodotti, infatti, sono disegnati a Milano e realizzati a Dar Es Salaam, in Tanzania.
Endelea - che in lingua swahili vuol dire: andare avanti senza arrendersi alle difficoltà - ha ottenuto due riconoscimenti alla Milano fashion week: il Premio Camera Buyer e lo Young Designer DHL Award 2022. «Siamo un gruppo di donne che hanno scelto di dimostrare che un altro modo di fare moda è possibile. Questi due importanti riconoscimenti ci confermano che gli operatori del settore sono sempre più sensibili a questi temi e che noi siamo sulla strada giusta», ha detto Francesca De Gottardo, ceo di Endelea. Il marchio (che ha due società: una in Italia e una in Tanzania), a Dar es Salaam impiega 13 sarti (per l’85% donne) e investe il 3% del fatturato annuo lordo proprio in formazione locale, collaborando anche con le università locali. Tra novembre e maggio Endelea ha aperto due pop up store a Milano, rispettivamente a Isola e in Brera, per far vivere fisicamente l’esperienza di una moda etica (che per ora “viaggia” sullo store online).
Lara Chamandi e l’armonia tra donna e natura (con brevetto)
Il concetto di sostenibilità promosso da Lara Chamandi - giovane imprenditrice di origini libanesi, cresciuta tra Londra e gli Emirati e ora milanese d’adozione - passa per un rapporto speciale tra le donne e la natura. Un rapporto cui lei stessa ha deciso di dare forma con le proprie creazioni, presentate alla Milano Fashion Week con un’installazione site specific creata da Francesca Pasquali nella boutique Daad Dantone e realizzata con 150 metri di carta da riciclo con la stampa zodiaco, uno dei simboli della collezione.
La genesi di questo progetto - tuttavia - non è legata alla moda in sé e per sé ma è connessa aalla creazione di un materiale, Eathra, di derivazione vegetale, in corso di brevetto. «Ho iniziato a lavorare al progetto di una pelle di origine vegetale quando vivevo a Londra - racconta la designer e imprenditrice -; all’epoca mi occupavo di furniture design e non pensavo avrei lavorato a un progetto di moda. Poi invece ho pensato di creare un marchio di abbigliamento di lusso che utilizzasse materiali sostenibili e per farlo mi sono trasferita a Milano: la qualità del made in Italy è un pilastro del mio progetto». Il marchio «è pensato per accompagnare le donne in una sorta di viaggio spirituale verso un miglioramento personale. Con l’obiettivo di essere più responsabili». La collezione primavera estate 2023 guarda a «donne sofisticate che cercano pezzi di un guardaroba conscious». E gioca con il tema dei segni zodiacali - in quanto fonte di energia in continua mutazione - e in particolare con i Gemelli.
Sep Jordan, il lusso potenzia i diritti dei rifugiati
Un marchio di accessori di lusso per valorizzare il talento, lenire la depressione, portare lavoro là dove, invece, ci sono povertà e spesso disperazione. Con questa idea in mente, nel 2014 Roberta Ventura ha creato Sep - che sta per Social enterprise project - per avere un impatto il più possibile positivo sulle comunità di rifugiati.
L’azienda, che dal 2020 è una B Corp, impatta direttamente 6 dei 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile creati dall’Onu per migliorare il mondo entro il 2030. Lo fa con accessori e pezzi per la casa (come i copri cuscini) disegnati a Milano e prodotti con tessuti made in Italy da un team di ricamatrici rifugiate da paesi Mediorientali, tra cui la Siria e la Palestina, nello storico (fu aperto nel 1968 per accogliere i profughi palestinesi) campo di Jerash, in Giordania. Sono circa 500 le donne tra i 18 e i 56 anni che collaborano con l’azienda, che oggi ha una rete di vendita internazionale con quattro store monomarca ad Amman, Berlino, Ginevra e Milano. L’apertura della boutique milanese. che si trova a pochi passi dal Duomo, è avvenuta proprio durante la Milano fashion week e rappresenta uno step ulteriore nella promozione del talento e dei diritti delle donne rifugiate.
Consigli24: idee per lo shopping
Scopri tutte le offerteOgni volta che viene fatto un acquisto attraverso uno dei link, Il Sole 24 Ore riceve una commissione ma per l’utente non c’è alcuna variazione del prezzo finale e tutti i link all’acquisto sono accuratamente vagliati e rimandano a piattaforme sicure di acquisto online
loading...