Dormire in hotel leggendari: Grand Tour europeo in tre tappe
Lisbona, Londra, Venezia: dove la Storia incontra il lusso. Alberghi che hanno fatto da sfondo a grandi amori, creazioni letterarie e icone del cinema.
di Laura Leonelli
5' di lettura
Splende durante la notte ed è quasi un faro che ci guida nei sogni. Quando negli occhi di tutti i naviganti di terra e di mare compare la scritta del Ritz, quando quelle lettere azzurre, tre consonanti e una vocale, il minimo e il massimo della leggenda, rifulgono nel cielo di Lisbona, sappiamo di aver raggiunto un luogo unico al mondo. Non soltanto perché siamo saliti sulla terrazza dell'Hotel Ritz, ma perché abbiamo iniziato un viaggio diverso da tutti. Un viaggio dall'oceano al Mediterraneo, dalla capitale portoghese a Londra e a Venezia, per raccontare gli emblemi della storia dell'ospitalità e scoprire i protagonisti degli ultimi due secoli che, in questi stessi alberghi, hanno voluto riposarsi. Anche António de Oliveira Salazar sapeva benissimo che gli alberghi sono un luogo dove la storia scorre in un modo diverso, più lenta e veloce, più discreta e luminosa insieme, e per questo nel 1952 aveva immaginato un nuovo, straordinario albergo per la sua capitale. Un luogo di apertura al futuro, anche per dimenticare quanto era successo qualche anno prima. Nel segno della modernità, dunque, Salazar aveva affidato il progetto a un architetto sensibilissimo come Porfírio Pardal Monteiro, modernista cresciuto alla scuola di Le Corbusier. Dal suo rigore era nata l'idea di poggiare sulla collina più alta di Lisbona uno scrigno di cemento, monumentale eppure leggerissimo, dove le camere con le vetrate a tutta altezza e i grandi balconi erano il ponte di una nave che fendeva il paesaggio, dal Parco Edoardo VII ai tetti dei quartieri antichi, fino a raggiungere il fiume e il suo immenso porto. Cambiando il vento, la “navigazione” sarebbe proseguita anche all'interno del Ritz.
Quando nel 1959 l'albergo venne inaugurato, gli ospiti rimasero colpiti dalla singolarità dell'arredo, perché se da un lato la meravigliosa hall d'ingresso, la sala da ballo, le suite e le camere fiorivano nello stile “Louis Louis” di Henri Samuel, celebre interior designer francese già amatissimo dai Rothschild, dall'altro in ogni ambiente splendevano i capolavori degli artisti portoghesi. L'incontro era dei più originali, Audrey Hepburn, Grace Kelly, già principessa di Monaco, l'imperatrice Soraya, Zsa Zsa Gábor e Gina Lollobrigida che elegantissime passeggiavano tra i saloni di quella nuova Versailles e, contemporaneamente, si perdevano tra i colori degli arazzi Déco di Almada Negreiros, i graffiti picassiani di Alma Latina, e le pareti in foglia d'oro e bambù di Arnaldo de Almeida. Ovvio che una simile corrente di immagini andasse preservata e quando nel 2019 l'Hotel Ritz, già nella collezione Four Seasons, ha avviato un importante progetto di ristrutturazione, dalle parti storiche al nuovo ristorante stellato Cura, fino alla magnifica spa, Artur Miranda e Jacques Bec, designer e fondatori dello studio Oitoemponto, hanno adottato la formula “passato per il presente” e hanno riletto con rispetto e originalità lo stile dell'hotel. Provate a prendere un caffè ammirando un albero di orchidee bianche alto più di tre metri, oppure stendetevi sulla chaise longue che impreziosisce ogni suite, tra sfumature di beige, grigio, blu petrolio, azzurro e antracite, e tutto è chiaro.
Anche Olga Polizzi, che ha riscritto l'atmosfera del leggendario Hotel Brown's di Londra, oggi perla di Rocco Forte Hotels al suo 25esimo compleanno, si è posta il problema di come conservare il fascino passato e infondergli il senso del lusso contemporaneo. E l'impresa è stata ancora più stimolante visto che il Brown's è nato nel 1837, nello stesso anno in cui la regina Vittoria diciottenne saliva al trono, ed è il più antico hotel inglese, una casa come ricordava Winston Churchill: “Non vado in albergo, vado al Brown's”, diceva. Ma a rendere famoso, se non unico al mondo, questo splendido indirizzo nel cuore di Mayfair, non sono solo i suoi ospiti, ma i suoi fondatori, James Brown, che era stato maggiordomo di Lord Byron, e sua moglie Sarah, cameriera personale del poeta.
Quando viene inaugurato, l'albergo è ancora al 23 di Dover Street, quindi dopo una serie di acquisizioni cambia ingresso e si affaccia sulla parallela Albemarle Street. Da queste porte entrano nel 1871 Napoleone III e l'imperatrice Eugenia, in esilio a Londra durante gli anni della Terza Repubblica. Poi, dopo una serie di svariati principi, nel 1873 è la volta di Charles Brooke, Rajah di Sarawak, nipote di James Brooke, che tutti noi amanti di Emilio Salgari sappiamo essere stato l'acerrimo nemico di Sandokan. E nemico di un certo rigido perbenismo inglese era stato Mark Twain, che durante il suo soggiorno nel 1907 era sceso nella hall in vestaglia e ciabatte. Scandalo! Trent'anni dopo anche Rudyard Kipling, cui è dedicata forse la suite più bella, aveva soggiornato al Brown's e qui aveva scritto uno dei suoi capolavori, Il libro della giungla. “Non mi dimenticate! Ditelo a quelli della giungla che non mi dimentichino mai”, aveva implorato Mowgli alla fine del romanzo, andando incontro, solo, “a quegli esseri misteriosi che si chiamano uomini”. In quella strana giungla di ricordi che è il Brown's lasciano una traccia di sé anche George Orwell, William Faulkner e Charles Lindbergh che nel 1938 è in hotel con sua moglie e fa in tempo a vedere dalla finestra la prima distribuzione di maschere antigas. Del resto, un albergo deve garantire comfort in ogni momento della storia e in una brochure del 1941 si legge che il Brown's garantisce “the latest design of air shelter, gas proof and fitted with bunks and seating”. Comodi e al sicuro, anche durante i bombardamenti. E sembra che nulla di così spaventoso sia mai avvenuto, pensando che trentacinque anni dopo Robert Redford, quarantenne nel 1976, l'unico capello biondo della storia del cinema in grado di competere con quello di Marilyn Monroe, sorseggiava un drink nella hall del Brown's insieme a Mia Farrow. Più o meno contemporaneamente J.R.R. Tolkien si aggirava negli stessi saloni.
Di tutti i regni della Terra di Mezzo, Venezia è quella che regge meglio il confronto con il mondo del fantasy e ci sono alcune teorie che vedono addirittura una certa somiglianza tra i Masters of Lake-town, i signori di Esgaroth, e i dogi della Serenissima. Qualunque sia il verdetto, Tolkien avrebbe sicuramente apprezzato il soggiorno all'Hotel Danieli, da pochissimo ufficialmente entrato nel mondo dei Four Seasons, anche perché in origine il palazzo, citato per la prima volta in un documento del 1498, apparteneva alla famiglia Dandolo che di dogi ne poteva vantare quattro, Enrico, Giovanni, Francesco, Andrea, in carica dal 1192 al 1343. Per entrare nella storia dell'hôtellerie, Palazzo Dandolo ha dovuto aspettare il 24 ottobre 1822, e dunque siamo in pieno bicentenario, quando l'hôtelier Giuseppe Dal Niel, friulano, affitta il secondo piano della nobile dimora.
Vent'anni dopo e dopo un investimento di 100mila lire austriache e qualche passaggio di proprietà, il Danieli fa il suo ingresso sulla scena internazionale e nella magnificenza della sua architettura gotica, affacciata sulla Riva degli Schiavoni, accoglie alcune delle più romantiche storie d'amore. Il battesimo spetta a George Sand e ad Alfred de Musset che, il 30 dicembre 1833, giungono in gondola di fronte a quello che allora si chiamava Albergo Reale. Discretamente prendono due camere separate, Alfred si ammala, arriva il medico, Pietro Pagello, pare bellissimo, George Sand, al secolo Amantine Aurore Lucile Dupin, si innamora di lui e con lui fugge a Parigi. Poco dopo, finita la passione, Pagello tornerà a Venezia, solo, e l'amore a tre diventerà materia del film Les enfants du siècle, con Juliette Binoche, girato nelle stesse stanze di allora. Poi sarà la volta di Eleonora Duse, che incontra Gabriele D'Annunzio proprio davanti al Danieli ed esclama: “Vedo il sole!”. I raggi della passione splendono per otto anni, poi nel 1904 l'addio. Cinquant'anni dopo, nel 1957, Aristotele Onassis incontra Maria Callas al ballo al Danieli, offerto da Wally Toscanini. Nello stesso anno il Ritz stava già cambiando il profilo di Lisbona. La storia non dorme mai.
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