Oltre l’Expo

Dubai, città cosmopolita tra arte e tecnologia

Tra musei e grattacieli nella metropoli degli Emirati Arabi Uniti tanti i progetti in arrivo Da non perdere Il Padiglione Italia a cura di Davide Rampello e Italo Rota con un video di Gabriele Salvatores e la cucina di Niko Romito

di Sara Magro

4' di lettura

Una volta si andava a cercare fortuna in America, oggi si va a Dubai. Una volta chi partiva era un emigrato, oggi è un expat, parte di un popolo cosmopolita che non si riconosce nella sua patria originale. Ho chiesto a Nicola, ex pr manager di Four Seasons, perché non è tornata a casa durante la pandemia: «Dov’è casa? - ha risposto – Sono nata in Irlanda, sono cresciuta nel Regno Unito, ho girato dappertutto e da 15 anni abito qui. Forse questa è casa?» Lo stesso raccontano la guida italiana Luisa, la blogger libanese Léa, l’imprenditrice svizzera Stephanie. Negli Emirati Arabi Uniti, su 10 milioni di abitanti solo uno è originario di quella terra fino a cinquant’anni fa deserta e oggi emblema del futuro, più di New York e di ogni altra capitale.

L’Expo, i cantieri e i progetti

Già dopo il primo lockdown, la vita a Dubai è ripresa a pieno ritmo, con i cantieri a conquistare altri pezzi di deserto, perché la gente continua a trasferirsi lì nonostante i 50 gradi di temperatura e il 90% di umidità per sei mesi all’anno. Contano le buone vibrazioni, che in questo momento non mancano. È anche cominciata la bella stagione, secca, con il venticello ad animare i 25-28 gradi ideali e, con un anno di ritardo, ha inaugurato l’Expo con 192 padiglioni ispirati a tre temi: sostenibilità, mobilità e opportunità. Funghi fotovoltaici, cascate e giochi d’acqua, giostre panoramiche e poliziotti robot che ricordano ai passanti di indossare la mascherina. Come in una mostra interattiva, si vedono in fieri tanti progetti avveniristici, come il modellino dell’Hyperloop, il treno-razzo che collegherà Dubai e Abu Dhabi in 12 minuti (invece di 60) e quello dello Space X nel padiglione degli Stati Uniti: un bell’esperimento di come sarà la nostra vita.

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La rincorsa tra torri e grattacieli

Il Burj Khalifa, il più alto del mondo, arriva a 828 metri, la scalata si fa in pochi minuti fino al 148° piano con un ascensore che dà le stesse emozioni di un aereo al decollo. Quando guardi giù hai le vertigini, più a pensare a dove si è arrivati che per l’altezza. Ma anche questo un record sarà superato: il Dubai Creek Tower, un nuovo edificio in cantiere, raggiungerà i mille metri. Dal The View, la torre inaugurata ad aprile 2021, si sale per osservare nel suo insieme il miracolo di Palm Jumeirah, il quartiere a forma di palma costruito in soli sei anni sul mare, e proprio di fronte, il 21 ottobre, ha cominciato a girare la ruota panoramica più grande del mondo: 250 metri contro i 135 del London Eye. Ovunque è scritta la massima dello sceicco Mohammed Bin Rashid Al Maktoum: «Le cose bisogna prima sognarle e poi realizzarle». Sua altezza ha una vita onirica piuttosto intensa, con altre 300 isole artificiali di The World in costruzione e tantissimi nuovi progetti, non solo edilizi. Nel 2002, mentre sorvolava in aereo il deserto, notò una strana increspatura delle dune. Intuendo che lì sotto doveva esserci qualcosa, tornò con una squadra di archeologi e, scava scava, fu estratto un tesoro appartenuto a una misteriosa civiltà antichissima, oggi esposto al museo archeologico, Saruq Al-Hadid, anche lui appena aperto nella città vecchia affacciata sul Creek.

Gli Emirati hanno (solo) 50 anni

Questo sogno ininterrotto è iniziato esattamente cinquant’anni fa quando, il 2 dicembre 1971, gli sceicchi di sette tribù fondarono gli Emirati Arabi Uniti, di cui Abu Dhabi è la capitale, ma Dubai è la metropoli, con quasi tre milioni di abitanti che non hanno più nulla a che fare con i beduini del deserto e i pescatori di perle di due secoli fa. Oggi è una delle città più visitate del mondo con 70 centri commerciali, tra cui il Dubai Mall, il più grande del pianeta, e il Mall of the Emirates con la pista da sci per allenarsi prima delle vacanze sulle Alpi svizzere. Ma questo è anche il Paese che ha finalmente legalizzato le convivenze more uxorio e in cui le donne devono occupare almeno il 50% dei seggi nel Governo federale e il 66% dei ruoli istituzionali, e che progetta una città più felice e sostenibile con il Dubai 2040 Urban Masterplan.

Tra nuovi atelier e ristoranti stellati

Se fino a qualche anno fa Dubai sembrava solo il regno dello shopping, degli hotel extra lusso e dei record edilizi, oggi lo scenario è diverso perché la sua vitalità ha attirato artisti, chef stellati e altri creativi da ogni angolo della terra a collaborare alla costruzione di un’identità contemporanea. Si mangiano falafel, shoarma e baklava, ma anche cacio e pepe, ceviche e picanha. Nascono nuovi musei - quello del futuro aprirà nel 2022 con mostre sull’evoluzione tecnologica dei prossimi vent’anni - e hub multidisciplinari come il nuovo centro d’arte Jameel, che avrà un ristorante stile cucina nordica ma con ingredienti del deserto, e Alserkal Avenue, un quartiere di gallerie e atelier, come il Chi-Ka di una coppia serba che fa una collezione di abaya con tessuti per kimoni giapponesi: «Qui si creano ponti tra mondi diversi», dice il fondatore Nemanja Valjarevic, mentre sventola un numero di Vogue Uae, con la sceicca in copertina, come icona della nuova cultura emiratina, cosmopolita e internazionale. A un certo punto poi la città finisce e comincia il deserto: una distesa di sabbia impalpabile dove ci si sposta in fuoristrada (anche d’epoca) e in cammello. La sera, quando rinfresca, si aspetta il tramonto prendendo l’aperitivo nel bivacco di Sonara Camp e quando fa buio, qualche metro più in là, si apparecchiano i tavoli sotto file di lampadine accese. Comincia la cena, carne, pesce e verdure cucinate su grandi griglie all’aperto, mentre sul palco si esibiscono attrazioni vintage come l’equilibrista, il derviscio rotante e il mangiafuoco.

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