Ecco come CellarVerse porta anche le piccole cantine (e i loro Nft) nel metaverso
L’associazione dei “non fungible token” a un bene di consumo tangibile come il vino permette una strategia di vendita che punta sull'esclusività e non sul prezzo
di Gianni Rusconi
4' di lettura
Ha fatto parlare di sé lo scorso novembre, quando si presentò all’attenzione dei media come la prima start up a lanciare (gratuitamente) nel metaverso le cantine vinicole italiane, caratterizzando all’occasione le bottiglie come un’opera d'arte grazie al contributo di artisti emergenti e mettendole in vendita attraverso certificati digitali (gli ormai noti Nft) che garantiscono la proprietà del bene e comunque la possibilità di ricevere a casa quando si vuole le bottiglie acquistate.
L'idea di dare vita a CellarVerse e di associare i “non fungible token” a un bene di consumo tangibile come il vino è venuta a Paolo Angeleri e Rosangela Mastronardi (supportati da altri tre soci) e al Sole24ore i diretti interessati spiegano come si è arrivati a trasformare l'idea in una vera e propria società a garanzia limitata (Sagl) di diritto svizzero con sede a Chiasso e interamente finanziata con mezzi propri.
«Gli Nft sono stati una moda che ha preso piede nel momento di massima esplosione delle criptovalute, però non abbiamo mai creduto in beni puramente digitali e quindi abbiamo cercato di pensare a quale valore aggiunto potessimo dare a questa categoria di asset. Da amanti del vino ci siamo subito voluti focalizzare su questo settore e ci è venuta l'idea di creare dei veri e proprio phygital asset, ossia dei beni che siano al contempo fisici, come la bottiglia, e digitali, come i certificati che rappresentano il badge di appartenenza alla community».
La finalità del progetto, come spiegano ancora i fondatori della startup, è chiaro: diventare un punto di riferimento per gli appassionati del vino e per gli operatori del settore in modo innovativo, facendo leva su una strategia di vendita che punta tutto sull’esclusività dei prodotti e non sulla “price competition” e che vuole avvicinare al mondo degli Nft anche chi non è esperto di digitale, a cui è riservata la possibilità di completare i propri acquisti utilizzando valute tradizionali e senza avere un wallet elettronico.
La particolare forma societaria di CellarVerse, invece, si spiega con un tecnicismo, e cioè il fatto che tra gli obiettivi societari non c'è l’emissione di token (e quindi criptovalute, le cui leggi in materia sono ancora in evoluzione in relazione agli elevati rischi di frode) e che gli Nft emessi saranno rappresentativi solo di beni fisici e quindi non assimilabili a partecipazioni societarie o strumenti di pagamento.
La missione della start up, in altre parole, è quella di sfruttare le potenzialità del mondo virtuale per dare vita a una community che possa incontrarsi liberamente per eventi e momenti di approfondimento da vivere con una user experience realmente immersiva.
Per le cantine che sposeranno l'idea della piattaforma, l’ingresso nel metaverso è completamente gratuito e aprirà un canale di sbocco sul mercato alternativo a quello tradizionale, attraverso il quale proporre solo particolari bottiglie (collezioni speciali a numero limitato) che porteranno un tag Nft per garantirne l'univocità e la tracciabilità.
La prima vendita in assoluto su CellarVerse (12 bottiglie di “La Lana” prodotte da Campi Valerio) è andata sold out in meno di una settimana, ricordano ancora i founder della startup.
La flessibilità della procedura di acquisto, invece, risponde alla volontà di soddisfare sia utenti con una conoscenza avanzata degli strumenti digitali legati alle criptovalute sia utenti semplicemente attratti da questo mondo.
«Sul sito è possibile infatti registrarsi e operare con il proprio wallet digitale e concludere la transazione pagando in Ethereum ma anche creare il proprio profilo e pagare con carta di credito, esattamente come avviene in un e-commerce tradizionale, riservandosi l'opzione di collegare il proprio wallet e trasferire gli Nft acquistati in precedenza e custoditi temporaneamente da CellarVerse».
In ogni caso, chiunque può decidere di acquistare una “bottiglia speciale” da una delle cantine affiliate e lasciare che la stessa bottiglia possa rimanere fisicamente conservata presso il produttore anche se questa diventa a tutti gli effetti di proprietà del compratore che ne possiede anche una versione virtuale, sempre disponibile alla visione nel metaverso.
Qualsiasi produttore di vino, anche i più piccoli e di nicchia, può approdare sulla piattaforma virtuale e diventare parte del network senza alcun investimento iniziale e con l'unico requisito di mettere a disposizione un quantitativo minimo di 12 bottiglie esclusive per la vendita, per un massimo 240 bottiglie l’anno.
«La scelta di un numero inizialmente basso di bottiglie su base annua – spiegano in proposito Angeleri e Mastronardi – è dettato da alcune ragioni specifiche. In primis, l’esclusività del bene associato al certificato digitale è uno dei valori che vogliamo mantenere e se aumentassimo troppo il numero di bottiglie proposte saremmo costretti ad abbassare il livello della selezione sui vini inseriti a catalogo. Il mercato di riferimento, inoltre, è nuovo e la sua capacità di assorbimento al momento limitata: vogliamo quindi seguire l'ampliamento del mercato e non anticiparlo con un'offerta superiore alla domanda».
Al momento, confermano infine i fondatori, i produttori affiliati sono otto e coprono geograficamente le aree del vino più prestigiose. Per il 2023 l’obiettivo è quello di finalizzare le trattative già avviate con una ventina di altre cantine italiane e di aprire la piattaforma al mercato internazionale con alcune aziende sudafricane, svizzere e argentine.
Quanto ai numeri finora prodotti dalla società, il cui modello di revenue si basa sull’applicazione di una percentuale sulle vendite legata ai servizi accessori forniti, gli utenti registrati sono oltre 500 (con un trend di crescita mensile superiore al 25%) e le vendite completate in piattaforma circa una cinquantina. Numeri limitati, ma la missione di CellarVerse è come detto un'altra e l'attenzione è non a caso rivolta al primo evento sia fisico che virtuale che si dovrebbe tenere entro la fine del primo trimestre, «l'occasione per far capire alla community e agli operatori del vino il grande valore potenziale di questo progetto».
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