Essere manager e leader: i requisiti del ruolo nell’era post covid
Consapevolezza della centralità delle persone, conoscenza delle soft skills, ascolto attivo e pensiero critico sono solo alcune delle caratteristiche
di Gianni Rusconi
3' di lettura
Essere manager negli anni a venire non sarà facile. Un assunto che esprime un concetto solo all’apparenza scontato: il post pandemia richiede infatti una serie di “requisiti” aggiuntivi a chi gestisce progetti, team o intere organizzazioni, e fra questi c’è la capacità di pensare al lavoro rispetto a un modello che sappia integrare perfettamente “permanenza” e cambiamento. Il processo di cambiamento, come osservano i docenti del Cineas (la scuola manageriale fondata dal Politecnico di Milano, che a questa tematica ha dedicato la nuova edizione del master “Management & Leadership skills”, iniziato lo scorso metà settembre), rischia però di essere un boomerang se affrontato senza un approfondimento delle competenze di leadership dei manager deputati a gestirlo, soprattutto nei casi di figure con background tecnico.
“La storia dell’economia aziendale - questo l’avvertimento lanciato dal coordinatore del master, Francesco Polverari - ci offre un elenco piuttosto lungo di rivoluzioni organizzative finite con il produrre lo stesso stress da lavoro che la rivoluzione stessa si era proposta di superare”. Meglio quindi approcciare il cambiamento preparandosi a dovere e il Cineas ha raccolto in tal senso cinque aspetti fondamentali nella vita aziendale rimasti immutati, ma da considerarsi (paradossalmente) essenziali per guidare la trasformazione organizzativa nell’era del lavoro a distanza.
Dopo un lungo momento iniziale in cui l'obbligo di operare in smart working ha restituito a molte aziende un risultato per lo più positivo, è emerso un senso di “stanchezza” al quale realtà anche molto innovative stanno rispondendo richiamando i propri collaboratori a svolgere le attività lavorative in ufficio. Un’azione correttiva non solo difficile da realizzare, secondo Polverari, ma anche poco auspicabile tenuto conto della tendenza delle persone a non voler tornare completamente indietro dopo l’esperienza appena vissuta.
La chiave per affrontare il “new normal” non va cercata di conseguenza nel contrapporre permanenza a cambiamento (dei modelli organizzativi d’impresa) ma comprendendo entrambi gli elementi per sviluppare una leadership più profonda e un mindset che metta il manager in condizione di affrontare qualsiasi sfida.
Il primo dei cinque aspetti fondamentali nella vita aziendale a cui fare riferimento riguarda la centralità delle persone. Troppo spesso i manager entrano direttamente nel merito delle questioni aziendali, dimenticando che i componenti dei loro gruppi di lavoro hanno sentimenti, emozioni, necessità e prospettive personali che non possono essere trascurate. E non è un caso, come ha sottolineato ancora Polverari, che nel cosiddetto “triangolo del talento” l’intelligenza emotiva sia considerata una delle competenze più importanti della leadership di un responsabile di progetto.
Padroneggiare le soft skills annulla le distanze, sia quelle geografiche che quelle anagrafiche: è un altro concetto consolidato che sicuramente aiuterà i manager a traguardare il proprio il ruolo in una dimensione operativa e relazionale diversa. Le attitudini fondanti dei comportamenti umani, infatti, non cambiano in ragione dell’utilizzo di una piattaforma virtuale, del lavoro da casa o anche della generazione di appartenenza. Di conseguenza, gestire e guidare le persone in presenza o in modalità remota non può prescindere dalla capacità di valorizzare al massimo le competenze necessarie per cogliere in modo sistemico i bisogni, i desideri, i timori e le problematiche dei propri collaboratori.
Per superare le complessità occorre inoltre ripercorrere alcuni princìpi guida della leadership, come l’ascolto attivo, il pensiero critico, il sistematico approccio al problem solving, la capacità tecnica di gestire una negoziazione e le strategie di team working. Princìpi che non sono (mai) cambiati e che portano a credere nell’autorevolezza di certe persone, piuttosto che di altre.
Altro concetto che deve rimanere fermo nell'agenda del manager è l’assunzione di “accountability” oltre il significato classico di “responsabilizzazione” per il ruolo ricoperto: serve cioè fissare gli obbiettivi, saper agire in anticipo per far fronte ad una prospettiva futura e saper rendicontare azioni svolte e risultati raggiunti ai propri stakeholders, a prescindere dalla dispersione geografica dei gruppi di lavoro.
Un ultimo aspetto che non può mancare al manager “post pandemico” è l’autorevolezza. Essere autorevoli significa pensare ed agire al di fuori di schemi preconfezionati, padroneggiare una materia perché la si è studiata profondamente e perché si è ascoltato attentamente chi ha maggiori conoscenze specifiche a ogni livello dell'organizzazione, non avere più paura di ricevere richieste di approfondimento. Sapere molto, insomma, senza l'obbligo (e la presunzione) di sapere tutto.
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