Falcone e quella lezione del 1982 che svelava i segreti delle indagini antimafia
Quaranta anni fa Giovanni Falcone e Giuliano Turone illustrarono le rivoluzionarie tecniche investigative basate sulla caccia ai soldi per trovare la mafia. La terza puntata del podcast “Il Metodo Falcone”
di Roberto Galullo e Angelo Mincuzzi
2' di lettura
Nel 1982 il giudice istruttore Giovanni Falcone – ucciso 30 anni fa nella strage di Capaci con la moglie e tre agenti di scorta – ebbe per la prima volta la possibilità di raccontare agli altri giudici impegnati in processi contro i mafiosi, le nuove tecniche di indagine antimafia che stava conducendo.
Sarà infatti indicato dal Csm a fare il relatore con il giudice istruttore di Milano Giuliano Turone a un convegno a Castel Gandolfo dal 4 al 6 giugno 1982. Un convegno a cavallo tra l'assassinio di Pio La Torre (al quale si deve la legge che ha introdotto l'articolo 416 bis del codice penale e le misure patrimoniali antimafia) e quello del prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa.
Il suo collega Turone aveva condotto indagini e inchieste sul boss di Cosa Nostra Luciano Liggio, sul banchiere della mafia Michele Sindona e su Licio Gelli, Maestro Venerabile della loggia massonica deviata P2.
Quella relazione – illustrata nel piccolo centro dei Castelli romani che in estate è solito ospitare il Santo Padre in un Palazzo pontificio – sarà destinata a diventare una stella polare per quanti si affacciano ancora oggi alle indagini patrimoniali contro le mafie. Quella lezione sembra scritta oggi.
Da quella traccia, nell'arco di un quarantennio si è sviluppato il percorso, parallelo a quello penale, del diritto della prevenzione patrimoniale antimafia, che ruota intorno a un'idea semplice ma rivoluzionaria nei primissimi anni ‘80: e cioè che i patrimoni di mafia sono intrinsecamente pericolosi, indipendentemente dal legame con i soggetti mafiosi che ne sono titolari o che comunque ne hanno la disponibilità effettiva.
Quella relazione è destinata – ancora oggi – a diventare oggetto di una polemica distorta, in relazione ai tre livelli dei reati di mafia, individuati dai due magistrati. A innescare la polemica fu l'esistenza – attribuita a Falcone e Turone – di una direzione strategica esterna a Cosa nostra, che la orientasse nei delitti.
La terza puntata del podcast “Il Metodo Falcone” – disponibile da oggi sul sito del Sole 24 Ore, Spotify, Apple Podcasts e tutte le piattaforme digitali audio – racconta quella lezione di tecnica investigativa attraverso le testimonianze e i ricordi degli ex magistrati Giuliano Turone e Antonio Ingroia e del generale della Guardia di Finanza Ignazio Gibilaro, tra i più stretti collaboratori del giudice istruttore ucciso da Cosa Nostra.
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