“Jeanne du Barry”, un dramma in costume che funziona a metà
Nelle sale il film con protagonisti Johnny Depp e Maïwenn. Tra le altre novità, una bella sorpresa è il lungometraggio d'animazione “Manodopera”
di Andrea Chimento
I punti chiave
2' di lettura
Mentre siamo nel vivo della Mostra del Cinema Venezia, in sala è arrivato il film che ha aperto il Festival di Cannes, “Jeanne du Barry”, che segna il ritorno davanti alla macchina da presa di Johnny Depp.Alla regia la francese Maïwenn, che veste anche i panni della protagonista Jeanne, ragazza di umili origini nata nel 1743, che ha sempre avuto una forte predilezione per la cultura: grazie alla sua intelligenza e al suo grande fascino, è riuscita a salire i gradini della scala sociale, entrando addirittura nelle grazie di re Luigi XV, fino a diventare la sua favorita.
Tre anni dopo “DNA – Le radici dell'amore”, Maïwenn torna dietro la macchina da presa per raccontare un intenso ritratto al femminile che parla di libertà, indipendenza e passione, descrivendo con attenzione non solo il romanticismo tragico della relazione dei protagonisti, ma anche le usanze della corte reale.La storia di Jeanne du Barry è indubbiamente molto sentita dalla regista transalpina, ma la sceneggiatura cade in troppi stereotipi e manca buona parte di quel pizzico di originalità narrativa quasi necessaria in un'operazione di questo tipo.
La confezione generale è più che discreta, ma sarebbe servito qualche guizzo in più per rendere il risultato più appassionante e coinvolgente.
Le ispirazioni del passato
“Jeanne du Barry” è un lungometraggio che mescola varie ispirazioni tratte da numerosi lungometraggi del passato: dall'irraggiungibile “Barry Lyndon” di Stanley Kubrick, richiamato per l'uso delle candele, fino a “Le relazioni pericolose” di Stephen Frears.Come quest'ultimo, il film di Maïwenn si concentra in maniera decisa sugli intrighi di corte, ma avrebbe potuto essere ancor più provocatorio e coraggioso, così da rimanere più impresso al termine dei titoli di coda.La resa finale è quella di un film che funziona a metà, tra piccoli pregi e lievi difetti, incapace di lasciare il segno nonostante l'eleganza complessiva della messinscena, dei costumi e delle scenografie.Buona l'armonia tra Maïwenn e un ritrovato Johnny Depp, qui alla sua prima apparizione sul grande schermo dopo il processo contro l'ex moglie Amber Heard, svoltosi nel corso del 2022 e che ha avuto un grandissimo eco mediatico.
Manodopera
Tra le sorprese della settimana c'è un bel lungometraggio d'animazione, “Manodopera”, diretto dal francese Alain Ughetto.Al centro la storia della famiglia Ughetto che vive ai piedi del Monte Monviso in Piemonte. Siamo a cavallo del Novecento e i protagonisti della pellicola sono estremamente poveri: un giorno Luigi Ughetto decide di partire con tutti i suoi famigliari per trasferirsi in Francia. Il viaggio è lungo e faticoso, devono attraversare a piedi le Alpi, sotto la neve in pieno inverno, ma sono motivati dall'idea di trovare un’esistenza migliore.Come si evince facilmente, questa toccante coproduzione internazionale è il racconto autobiografico del regista, che ricostruisce la vita e le avventure dei suoi nonni, ripercorrendo la storia delle sue origini italiane.Attraverso la tecnica della stop-motion, il regista transalpino crea una vera e propria poesia in movimento, precisa nella forma ed emozionante nei contenuti: per chi è in cerca di un film d'animazione originale e profondo, è la scelta giusta da vedere al cinema questa settimana.
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