Fine wines: quando il vino è così prezioso che va messo in cassaforte
Rossi da invecchiamento e champagne millesimati: la ricerca di bottiglie pregiate come beni rifugio sta crescendo a ritmi esponenziali. Ma occorre sapere come conservarle.
di Barbara Sgarzi
4' di lettura
En primeur. È l'affascinante nome dato ai vini che vengono venduti durante l'affinamento. Ossia mesi, più spesso anni, prima del rilascio sul mercato. Una realtà tipica per vini come il Barolo, che riposa per anni prima di essere pronto nel calice. Si chiama proprio Barolo en primeur l'asta svolta a fine ottobre al Castello di Grinzane Cavour, in collaborazione con Christie's e in contemporanea con New York. Sono state battute 14 barrique di Barolo della vendemmia 2021 dalla vigna storica Cascina Gustava, quella di Camillo Benso di Cavour, che diventeranno circa 300 bottiglie con etichette artistiche ad hoc, per un ricavato di quasi 770mila euro, donato a progetti di solidarietà e inclusione sociale sul territorio.
Quella delle aste è un'opzione nota per investire in vini, che siano appunto en primeur o già in commercio. In generale, la ricerca di bottiglie pregiate come beni rifugio sta crescendo a ritmi esponenziali, sia per l'accresciuto interesse e competenza del settore che come risposta a tempi incerti, in cui investire è sempre più complesso. Negli ultimi anni si stanno moltiplicando le piattaforme digitali che aiutano anche i meno esperti ad acquistare e conservare rossi da invecchiamento o champagne millesimati. Con algoritmi che permettono di conoscere l'andamento dei prezzi, basato sull'indice Liv-Ex, e soluzioni per ovviare al problema principale, quello della corretta conservazione delle bottiglie. Tra quelle più adatte ai principianti assoluti, che possono partire da investimenti piccoli come 100 euro, c'è la startup eWibe. «Il mercato dei vini pregiati toccava i 77 miliardi nel 2021, e la crescita prevista nei prossimi tre anni è del 30 per cento», conferma il giovane cofondatore Edoardo Lamacchia. «È un mercato che in Italia è ancora acerbo e segue la ricerca di asset alternativi, i trend del lusso, del collezionismo e degli NFT». Un tipo di investimento che, come capita per molti beni rifugio, unisce il calcolo finanziario alla passione dei conoscitori.
Non è raro, infatti, che chi investe in fine wines utilizzi nel tempo una parte degli acquisti per degustarli in privato, magari proprio per brindare a un guadagno extra. Mentre qualcuno pensa alla corretta conservazione di queste gemme in bottiglia, impossibili da mantenere nelle condizioni migliori in una cantina casalinga. Spiega Enrico Garzotto, ceo e co-founder di Wine Profit: «Piattaforme come la nostra individuano anche le soluzioni di stoccaggio ottimali, che devono soddisfare tre caratteristiche: essere antisismiche, protette dalle vibrazioni, avere temperatura e umidità controllate e costanti». Wineprofit si avvale di magazzini certificati in tutta Europa, come il Geneva Freeport, punto di riferimento anche per i collezionisti d'arte in tutto il mondo, e il London City Bond, che oltre ad assicurare una perfetta conservazione, sono anche enti terzi di certificazione. Si occupano infatti di verificare i vini in entrata e in uscita e di garantire al successivo acquirente - spesso un altro merchant, un ristorante o un hotel - che il vino sia stato conservato al meglio.
Ma quali bottiglie attirano l'attenzione degli investitori? Gabriele Gorelli, primo Master of Wine italiano e ambassador di Oeno, una delle realtà più note del trading di vini pregiati, con una soglia di ingresso decisamente alta, traccia il perimetro: «I vini più movimentati parlano francese: Bordeaux, Borgogna e Champagne. La prima regione è una vera blue chip del vino; nel caso di Borgogna e Champagne vediamo una corsa alle rarità che ne ha fatto impennare i prezzi, complici le vendemmie della Côte d'Or, sempre più scarse». Per l'Italia, dominano in maniera assoluta la Toscana, con il 50 per cento degli scambi monopolizzati quasi interamente dai Supertuscan, a seguire il Barolo e poi piccole percentuali per le altre regioni. Da seguire, però, con attenzione: oggi la Toscana rappresenta la metà del mercato italiano, ma era il 90 per cento nel 2010. Segno che gli investitori, soprattutto stranieri, stanno iniziando a conoscere gemme pregiate e più nascoste della viticoltura italiana. Fa eco Garzotto: «Parliamo di un mercato in crescita costante da trent'anni, che ha registrato un incremento del 200 per cento negli ultimi dieci. Indicare chicche sconosciute è quasi impossibile, perché un vino diventa da investimento se ha una certa storicità, se ci sono state già molte annate recensite da critici prestigiosi e se è aumentato di prezzo negli anni. Certo, occorre diversificare e uscire dalle strade troppo battute. Noi inseriamo alcuni prodotti spagnoli, un mercato che sta crescendo molto bene e dove il rapporto qualità-prezzo è ottimo, guardiamo con interesse al Cile e anche alla Toscana meno nota, penso ad esempio alla Maremma».
È ancora Gorelli a raccontare che tipo di investitore è quello che scommette su vini pregiati: «Osserviamo l'abbassarsi dell'età media e una crescita notevole delle donne: alcune, che hanno iniziato a investire o collezionare appena da due anni arrivano già ad avere portafogli a sei cifre. Sempre in generale, notiamo una divisione netta tra investitori senior, più speculatori, e i Millennials, che invece operano su base molto più emotiva». E magari frequentano la Oeno House al London Exchange: una wine boutique nel cuore della City, dove si possono bere i migliori vini al mondo. Qui, l'investitore può decidere di vendere il proprio vino non al mercato dei collezionisti, ma direttamente a chi lo consumerà, anche una bottiglia alla volta.
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