ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùHarley-Davidson

Formula a stelle e strisce per il moto turismo sportivo

Low Rider St

di Gianluigi Guiotto

Total Black. La versione con borse e parabrezza consente di affrontare lunghi viaggi senza limitare il piacere di guida

3' di lettura

Muscolosa e tanto cattiva, specie in versione total black, a Low Rider St (poco più di 23mila euro) rappresenta come dev’essere il turismo sportivo secondo Harley-Davidson: sella bassa e monoposto, posizione di guida ben inserita nella moto, con braccia allungate, e motore reattivo fin dal primo grado di rotazione della manopola del gas. In più, rispetto alla versione S, troviamo due borse rigide con una capienza totale di 54 litri (con un intelligente sistema di apertura e sgancio) e un cupolino, grande e squadrato, che è agganciato al telaio e non al manubrio, per non appesantire le manovre da fermo e a bassa velocità. Già, perché i kg da muovere non sono pochi (327 kg in ordine di marcia) e richiedono braccia robuste; in parcheggio, meglio sedersi sulla sella, posta a 720 mm da terra, e usare il motore per spostare la moto. Qui la mano sinistra faticherà un po’, perché la frizione non è idraulica ma una più pragmatica a filo, che non è leggerissima da azionare. La strumentazione è essenziale, con un elenco di spie e un piccolo display che mostra le informazioni essenziali, a patto di passare da una schermata all’altra; tra le gambe abbiamo il serbatoio, anch’esso ben corposo visto che contiene 18 litri di benzina. In movimento l’energico V2, il Milwaukee-Eight 117 a iniezione e raffreddamento ad aria-olio da 1.923 cc, spinge parecchio e consente di gestire la moto con relativa facilità; i cavalli in gioco sono 105 cv ma la coppia massima è di ben 168 Nm a 3.500 giri: la Low Rider St ha grinta da vendere ai medio-bassi regimi, quelli più sfruttati nella guida in città e nell’extraurbano. Il V2 domina un telaio di tipo Softail (imbullonato senza silent block per conferire maggior rigidità alla moto, dicono in H-D) con ammortizzatore posteriore singolo nascosto, regolabile nel precarico (si soffre un po’ sulle buche più marcate), abbinato a una forcella rovesciata Showa da 43 mm. Quando il ritmo cresce, la Low Rider St consente una guida allegra grazie al retrotreno più alto rispetto alla Softail Standard che aumenta la luce a terra. Risultato: si riesce a piegare di più senza raschiare sull’asfalto le pedane che sono in posizione rialzata. L’impianto frenante è potente all’anteriore dove lavorano due dischi flottanti da 300 mm, mentre al posteriore è deboluccio e contribuisce in minima parte a frenare la moto: il pedale destro si rivela molto più utile per correggere l’impostazione della moto in curva, quando si entra un po’ più veloci di quanto si dovrebbe. A proposito: in impostazione di curva, la Low Rider St non è un fulmine, visto che davanti monta un cerchio da 19 pollici (dietro è da 16), ma, una volta impostata, procede rocciosa e senza indecisioni, complice l’interasse consistente di 1.615 mm. Il cambio ha innesti precisi e rapidi, senza indecisioni, anche se non si tende a sfruttarlo più di tanto, perché l’elasticità del V2 invoglia a una guida rotonda, senza troppi picchi. Infine, in autostrada – àmbito che è nel dna di questa H-D – si beneficia del cruise control, intuitivo nell’uso, mentre il parabrezza offre poca protezione sopra le spalle ai più alti che dovranno pensare al cupolino maggiorato, presente nell’interminabile lista degli optional.

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