Gazprom chiude il gas a Polonia e Bulgaria. Germania verso l’addio al petrolio russo
Mosca dà seguito alle minacce: forniture sospese a chi non si è adeguato al nuovo sistema di pagamento, con la conversione in rubli
di Sissi Bellomo
4' di lettura
La Germania «a giorni» sarà in grado di rinunciare al petrolio russo, mentre la Polonia forse ha già detto addio al gas di Mosca, sia pure in anticipo rispetto a quanto avrebbe auspicato: le forniture si sono azzerate e potrebbero non riprendere più. Gazprom ha chiuso i rubinetti e lo stesso, com’è emerso nelle ore successive, farà con la Bulgaria. Un’accelerazione degli eventi che sembra spianare la strada a misure sanzionatorie più severe da parte Ue.
Ad annunciare la prossima emancipazione di Berlino sul fronte del greggio è stato il ministro dell’Economia Robert Habeck, affermando che «un embargo oggi è diventato gestibile per la Germania». Il Governo tedesco è infatti riuscito a ridurre la dipendenza da Mosca ad appena il 12% (dal 35% di prima dell’invasione dell’Ucraina) individuando approvvigionamenti alternativi per la maxi raffineria di Leuna e ora è impegnato a trovare una soluzione anche per l’altro impianto servito dall’oleodotto Druzhba, quello di Schwedt, partecipato da Rosneft.
Ricadute sui prezzi
Più incerti gli ultimi sviluppi sul fronte del gas. L’allarme, partito dalla Polonia, martedì 26 ha provocato un’impennata fino al 20% del prezzo del gas, che ha toccato quota 107 euro per Megawattora al Ttf, prima di ripiegare a 99 euro, comunque in rialzo del 6,6% rispetto a lunedì.
Varsavia si prepara da anni a fare a meno del gas russo, da cui un tempo dipendeva al 100%: si è dotata di due rigassificatori, in gran parte riforniti grazie a contratti con società Usa, e dal 1° ottobre metterà in funzione il Baltic Pipe, gasdotto con cui potrà importare 10 miliardi di metri cubi di gas all’anno dalla Norvegia. In questo modo potrà sostituire del tutto le forniture russe, evitando di rinnovare il contratto con Gazprom, in scadenza a fine anno.
C’è anche un altro gasdotto in costruzione, dalla portata di 4,7 miliardi di metri cubi l’anno, che consentirà di scambiare gas tra Polonia e Slovacchia: i test dell’infrastruttura cominceranno a luglio.
Flussi già interrotti
I flussi di gas tra Russia e Polonia però si sono già interrotti. E a deciderlo è stata Gazprom. A dare notizia della chiusura dei rubinetti è stato inizialmente un portale di informazione polacco, Onet, che citava fonti governative anonime. Dopo qualche ora la conferma ufficiale della compagnia di Stato PGNiG, che ha riferito di essere stata avvertita da Gazprom della sospensione delle forniture, un atto che considera una violazione contrattuale e contro il quale conta di opporsi anche in sede legale.
Una ritorsione da parte da Mosca era quasi scontata: Varsavia sembra anzi aver quasi “cercato” l’incidente. Nella stessa giornata di martedì 26 ha annunciato sanzioni contro 35 società e 15 individui russi, black list in cui ha incluso anche Gazprom, attraverso la joint venture EuRoPol GAZ, che gestisce il tratto polacco del gasdotto Yamal-Europe. E nelle ultime settimane diversi esponenti dell’esecutivo avevano sbandierato il rifiuto di adeguarsi al nuovo meccanismo di pagamento del gas, con l’apertura di un secondo conto in rubli presso una banca russa: sistema che la Commissione Ue ha giudicato praticabile in un parere legale distribuito il 21 aprile ai Paesi membri.
«Abbiamo ricevuto minacce da Gazprom legate tra l’altro ai mezzi di pagamento», ha dichiarato martedì 26 il premier polacco Mateusz Morawiecki, in visita a Berlino. «La Polonia rispetta gli accordi originari e forse la Russia proverà a punirci».
Scorte e nuove pipeline
La chiusura dei rubinetti è arrivata davvero, anche se Varsavia ribadisce di non averne paura: se la caverà con le scorte (piene al 76%) e con il Gnl, in attesa dell’avvio delle nuove pipeline. «Questo è un punto di svolta, che la Russia oggi ha solo accelerato», ha affermato Piotr Naimski, responsabile delle infrastrutture energetiche nel Paese.
Più difficile si prospetta la situazione per la Bulgaria, che ancora dipende per il 90% dalla Russia, benché anche Sofia abbia un contratto in scadenza a fine anno con Gazprom, che aveva detto di non voler rinnovare.
Dal gasdotto Yamal-Europe transita anche gas destinato alla Germania e non è chiaro che cosa accadrà in futuro. Gazprom potrebbe sfruttare maggiormente le altre rotte di transito, come ha già fatto molto spesso: da mesi la linea da Yamal funziona in modo intermittente o trasporta il gas in senso inverso, ossia dalla Germania alla Polonia (il cosidetto “reverse flow” è previsto anche per mercoled’ 27, secondo i dati sulle nomine diffusi da Gascade).
Punto di non ritorno
Gli ultimi sviluppi sono comunque destinati a pesare dal punto di vista politico, incoraggiando ulteriormente gli sforzi europei per ridurre la dipendenza energetica da Mosca.
La Ue ha intanto compiuto un primo passo verso l'applicazione di un tetto ai prezzi del gas, concedendo a Spagna e Portogallo di limitare temporaneamente a 40 euro per Megawattora il prezzo delle forniture destinate alle centrali elettriche nella penisola iberica. L’Italia spera in misure analoghe, estese a tutta la Ue. «Continueremo a batterci in Europa con tutte le forze - ha commentato su Facebook il ministro degli Esteri Luigi Di Maio -. Subito un tetto massimo europeo al prezzo del gas, per tutelare famiglie e aziende contro speculazioni che non permetteremo».
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