Gestire il rischio per proteggere la resilienza aziendale
Uno dei passi è la costruzione di uno scenario in cui collocare gli eventi negativi che possono potenzialmente verificarsi e le relative cause
di Giampiero Volpi *
4' di lettura
Il contesto globale costellato da eventi imprevisti e improvvisi, pandemia, conflitti, blocchi nella logistica, carenza di rifornimenti, impennate di prezzi, ha messo in evidenza le criticità di alcuni aspetti dei modelli di business adottati dalle imprese. In particolare, la strategia di approvvigionamento si è rivelata molto orientata a principi quali: esternalizzazione, che produce un allungamento delle catene di fornitura; delocalizzazione di siti produttivi, che impone un costante monitoraggio sui “sistema paese” e sui sistemi di trasporto; razionalizzazione della base di fornitura, che privilegia l’efficienza di una gestione più snella alla maggiore robustezza al rischio di una base più ampia e diversificata.
Le imprese hanno sentito il bisogno di rivedere l’architettura della propria resilienza e di aumentare la capacità di predisporre organizzazione e processi più in grado di affrontare un contesto incerto e volatile. Uno dei passi nel percorso di revisione è la costruzione di uno scenario di rischio in cui collocare gli eventi negativi che possono potenzialmente verificarsi e le relative cause. La percezione che questo passo abbia un impatto positivo sulla supply chain aziendale, confortata anche da diverse indagini conoscitive, si sta traducendo in un progressivo aumento degli investimenti in progetti con obiettivo la mappatura dinamica dell’esposizione dell’azienda al rischio di fornitura.
La configurazione ricorrente di un progetto consiste in analisi condotte da competenze professionali, sui processi aziendali e sugli aspetti di esposizione al rischio. Fondamentale è il censimento delle fonti di dati che possono interagire con i processi di fornitura: dalle anagrafiche di codici di acquisto a sistemi gestionali e a info provider. Infine, devono essere adottate soluzioni digitali per elaborare i dati e quantificare la gravità dei rischi. Soluzioni che diventano particolarmente efficaci quando includono algoritmi di intelligenza artificiale, capaci di sfruttare la disponibilità degli elevati volumi di dati prodotti dalla progressiva diffusione della Digital Transformation.
Introduciamo qualche esemplificazione operativa ponendoci, per esempio, nel contesto manufatturiero, tenendo comunque presente che la configurazione di un progetto deve essere dimensionata sulla natura e sugli obiettivi dell’impresa che lo vuole realizzare. L’analisi dei processi aziendali porta al rilevamento di eventi negativi; per esempio, nel ciclo di acquisto si possono riscontrare ritardi di consegna, mancato rispetto delle clausole contrattuali, qualità inadeguata dei materiali consegnati, mentre nei processi di produzione si possono segnalare rallentamenti, presenza di scarti, e così via.
Materiali e fornitori sono i soggetti di rischio più rilevanti che emergono. Relativamente ai materiali, i fattori di rischio più ricorrenti da quantificare e monitorare sono: materiale con fornitore unico; vincoli di certificazione e brevetto; origine geografica; andamento di disponibilità e prezzi. Per i fornitori, i fattori di rischio più frequenti sono: livello di criticità e strategicità; affidabilità finanziaria; reputazione; compliance a normative e certificazioni; localizzazione geografica; performance operativa; livello di interesse e coinvolgimento nella relazione con il cliente.
Tutti questi ultimi dati possono essere raccolti, organizzati e monitorati nell’albo fornitori, che viene a giocare un ruolo importante nella costruzione della resilienza aziendale.Il monitoraggio sistematico della presenza dei fattori di rischio, nelle serie storiche di eventi negativi, permette di definirne la classe di gravità usando lo standard AS/NZS ISO, che tiene conto della frequenza con cui un fattore di rischio si può presentare, e dell’'impatto sulla performance aziendale attraverso l’analisi della propagazione del rischio lungo la supply chain.
La mappatura dinamica di tutti i fattori considerati ha un duplice obiettivo: definire delle priorità in base alla gravità della classe di rischio; fornire un contributo alla definizione di un piano di resilienza aziendale. La mappatura può suggerire azioni di prevenzione a fronte di un rischio di gravità inaccettabile: per esempio la previsione di un possibile fallimento di un fornitore unico di uno specifico materiale, deve corrispondere alla capacità di fare tempestivamente scouting di fornitori alternativi, o addirittura, di coinvolgere il reparto di ricerca e sviluppo per ridisegnare un prodotto finito in modo che possa prescindere dal materiale a rischio.
La previsione di un ritardo o di una probabile interruzione di fornitura deve segnalare all’azienda l’opportunità di pianificare la rinuncia temporanea alla metodologia lean, più adatta a operazioni di routine e ripetitive, e di adottare una strategia agile, più efficace in situazioni di emergenza, per aumentare tempestivamente la ridondanza delle scorte.
Questo fa emergere anche la necessità che l’azienda sia dotata di una struttura organizzativa che preveda la stretta collaborazione tra reparti diversi: gli Acquisti, che devono relazionarsi con il mercato di fornitura; la Produzione, che deve evitare fermi o riduzione di lavorazione; il Finance che deve controllare i parametri finanziari.
La mappatura del rischio può suggerire anche azioni di mitigazione basate su un rigoroso monitoraggio dei processi per ridurre le incertezze, oppure sulla cooperazione tramite accordi tra imprese della stessa catena di fornitura. Anche in questo caso è necessario che l’azienda sia preparata ad attuare un modello che consenta di operare in un ecosistema esterno.
loading...