Gli onirici capolavori del Surrealismo in mostra a Milano
L’esposizione “Dalí, Magritte, Man Ray e il Surrealismo. Capolavori dal Museo Boijmans Van Beuningen” è al Mudec, Museo delle Culture, fino al 30 luglio
di Stefano Biolchini
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In principio fu una folgorazione. “Il est beau … comme la rencontre fortuite sur une table de dissection d'une machine à coudre et d'un parapluie!” Tratta dal canto VI de Les Chants de Maldoror di Isidore Lucine Ducasse, comte de Lautréamont, questa descrizione di un ragazzo “bello come l’incontro casuale tra una macchina da cucire e un parapioggia su un tavolo operatorio” ebbe un sicuro effetto illuminante sulla mente di André Breton.
Da qui in avanti le associazioni inaspettate, nelle parole come nelle immagini, avranno sempre per i Surrealisti un ruolo centrale, e se è vero che essi collocavano se stessi “entro una lunga genealogia di pensiero fantastico”, trovando antecedenti e spunti nell’arte medievale, nei dipinti Jheronimus Bosch e di Giuseppe Arcimboldo, nelle descrizioni del marchese De Sade o nelle fascinazioni per Victor Hugo, Edgar Allan Poe e Sigmund Freud, è nel testo di Ducasse che rinvennero l’affondo per lanciare il loro “colpo ferale” alla dominante “realtà univoca razionalmente e moralmente intesa”.
Primo Manifesto del Surrealismo, 1 dicembre 1924
Correva dunque il primo dicembre 1924 quando a Parigi il poeta André Breton pubblicò la sua raccolta di prose “Poisson Soluble”, la cui introduzione sarebbe diventata il Primo Manifesto del Surrealismo, inaugurando ufficialmente la più freudianamente onirica avanguardia novecentesca. Da lì in avanti la psiche umana sarebbe stata scandagliata oltre i suoi limiti e i confini imposti dalla ragione, secondo le linee di quella dimensione più piena dell'esistenza che definirono surrealtà. Per Breton il Surrealismo è infatti il mezzo di espressione di un io interiore inconscio: “un automatismo psichico allo stato puro, con il quale ci proponiamo di esprimere verbalmente, per iscritto o in qualunque altro modo il funzionamento reale del pensiero. Dettato dal pensiero, in assenza di qualsiasi controllo esercitato dalla ragione, esente da qualsiasi preoccupazione estetica o morale”. Freudianamente liberati, devotamente progressisti, convintamente (...e contradditoriamente) anticolonialisti, sotto l’ala di Breton, Dalí, Max Ernst, Magritte, Man Ray e non solo, con il loro modo alternativo di essere e concepire il mondo, lanciarono la loro sfida onirica al novecento, all’insegna di parole d’ordine quali “sogno, irrazionalità, psiche, inconscio, meraviglioso, pulsioni, amore, sesso”.
MUDEC, Museo delle Culture, Milano
A loro è dedicata la mostra al MUDEC di Milano, “Dalí, Magritte, Man Ray e il Surrealismo. Capolavori dal Museo Boijmans Van Beuningen”. Divisa in sei sezioni, l’esposizione presenta 180 opere, tra dipinti, sculture, disegni, documenti, manufatti, tutti provenienti dalle collezione del museo Boijmans Van Beuningen di Rotterdam, chiuso fino al 2029 a causa dei lavori di ristrutturazione, in dialogo con alcune opere della Collezione Permanente del Museo delle Culture. La mostra milanese è curata da Els Hoek con la collaborazione di Alessandro Nigro, che ha sviluppato il complesso rapporto tra il Surrealismo e le culture native.
Sono a Milano alcuni fra i maggiori master piece del museo, fra cui - primi tra tutti - L’enigma di Isidore Ducasse di Man Ray e quell’emblematico gioco di parole per additare quanto il linguaggio incida sulla percezione del mondo che è Lo specchio vivente di René Magritte , oltre a La giovinezza illustrata e alla Venere restaurata sempre del pittore belga. E ancora di Salvador Dalí, le Impressioni d’Africa, La Venere di Milo con cassetti, e il bellissimo Coppia dalle teste piene di nuvole. “Il fatto che io stesso non capisca il significato dei miei quadri, nel momento in cui li dipingo, non significa che i quadri non abbiano significato: al contrario, il loro significato è così profondo, complesso, coerente, involontario che sfugge alla semplice analisi del pensiero logico” spiegherà il marchese di Pùbol, il sodale geniale e ingombrante del movimento, ancor prima d’esser trasformato nel reietto “avida dollars” di bretoniana memoria, di cui è presente in mostra anche il rosso Mae West Lips Sofa. E ancora, sono al Mudec Scatola in valigia di Marcel Duchamp, e la Figura seduta di Eileen Agar.
Il Surrealismo e le culture del sud globale
Ma è nella sezione dedicata al complesso rapporto tra il Surrealismo e le culture del sud globale che - a mio avviso - si trovano gli spunti più interessanti di questa mostra. Le culture native non furono per i surrealisti un solo interesse di tipo estetico o collezionistico, ma dei temi portanti del movimento che, alla continua ricerca del “meraviglioso”, predilesse “ gli artefatti dell’Oceania e del Nord America (in particolare Tlingit, Inuit e pasquensi) di cui furono anche importanti collezionisti e che apparivano dotati ai loro occhi di valenze magiche e fantastiche, quindi più in linea con il loro interesse per la dimensione onirica e soprannaturale” come spiega il saggio di Nigro.
“Bellezza convulsiva”
Artefatti ai loro occhi più fantastici e poetici di quelli africani, già cari a Matisse e legati indissolubilmente al Cubismo.Tali manufatti, nella loro totale impermeabilità alle convenzioni mimetiche occidentali, sembravano inoltre incarnare anche un altro concetto chiave del movimento, quello della “bellezza convulsiva”, non intesa quindi come equilibrio e armonia, ma come “tensione distopica tra due polarità contrastanti generanti energia”.
Ed è qui che le collezioni permanenti del Mudec - prima fra tutte l’indonesiana “Maschera per rito funebre” o la azteca “Figura di nobiluomo seduto” - dialogano al meglio con le opere in mostra. Una sezione questa che ha il suo apice nell’imprescindibile I Gemelli sono di nuovo nel frutteto, di Leonora Carrington, e che ha il merito di ospitare le sculture, fra cui Figura maschile nella posa in cui il corpo viene deposto dopo la morte e la bellissima Maschera (Abelam, Papua Nuova Guinea) provenienti dalla collezione di Alessandro Passaré. Da ultimo, non sfuggo al giudizio: già soltanto per il numero di capolavori esposti, questa mostra appartiene a pieno titolo alle imperdibili del momento.
Ps: Per dovere di chiarezza verso i lettori, preciso che la mostra è prodotta da 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE, e quindi dal gruppo a cui lo stesso scrivente appartiene. Ebbene, se in passato non sempre ho condiviso alcune scelte espositive del Mudec, debbo, anche soltanto per dovere di cronaca, scrivere che il percorso recentemente culminato nella esposizione “Bosch e un altro Rinascimento”, e vieppiù con quest’ultima prova, si segnala per ricchezza, chiarezza e spunti di riflessione. Ecco perché “Dalí, Magritte, Man Ray e il Surrealismo. Capolavori dal Museo Boijmans Van Beuningen” è un’imperdibile...per l’appunto!
“Dalí, Magritte, Man Ray e il Surrealismo. Capolavori dal Museo Boijmans Van Beuningen”, Milano, Mudec, Museo delle Culture, fino al 30 luglio
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