Guidare una 4x4 vuol dire investire in libertà e predisporsi all'avventura
È come darsi una nuova identità, non solo in nome della praticità. È un mezzo che può comunicare messaggi forti di anticonformismo e carattere.
di Fiona Golfar
5' di lettura
Ieri ho caricato (con un po’ di aiuto, devo ammettere) due enormi contenitori per l’acqua in acciaio zincato, un paio di grandi fioriere in rame e una sdraio di legno del X1X secolo sull’ampio cassone del mio nuovo pick-up, un Toyota HiLux Invincible del 2009. È stato gratificante, avrei potuto fare tranquillamente anche un secondo carico. Proprio un mese fa, il mio amico James Henderson, titolare di Greenside Cars, rivenditore del Norfolk specializzato in modelli classici, mi ha inviato il video di un pick-up, accompagnato dal messaggio: «Hai bisogno di questo nella tua vita». Mi ha subito incuriosito. Non avevo idea di che cosa fosse un Toyota HiLux, ma da giovane ho vissuto per un periodo in Australia e ho sempre avuto un debole per i fuoristrada, così ho pensato che fosse arrivato il momento di averne uno e ho cominciato subito a mettere insieme un'apposita playlist con pezzi di Willie Nelson, Karen Dalton e Lucinda Williams. Una volta, a Los Angeles, avevo intervistato Renée Zellweger che mi aveva portato in giro per la città sul suo pick-up Ford ammaccato: mi ricordo di aver pensato che il veicolo si addiceva molto a lei e al suo accento texano.
Per i meno informati, il Toyota HiLux è un fuoristrada – il mezzo ideale per attraversare fiumi o percorrere strade sterrate di montagna. Ha un motore massiccio e la sua potenza si sente tutta. Vivendo nel sud della Cornovaglia, non mi capita spesso di dover attraversare una montagna, ma le strade labirintiche della zona possono essere infide, soprattutto dopo il nevischio e la neve invernale. Niente qui si associa tanto all'idea di “seconda casa” quanto la Lexus nera con cui ci muoviamo a Londra, ma mi è sempre piaciuta l'idea di guidare auto che mi rendessero più connessa alla campagna.
Per un certo periodo, il veicolo in questione è stato un Land Rover Defender TDI passo lungo del 1992 (di cui il Duca di Edimburgo aveva commissionato una versione pick-up su misura come carro funebre per il suo funerale). Aveva una porta arrugginita che si apriva a ogni curva, ma mi ci sentivo abbastanza sicura da salutare il mio vicino agricoltore con una confidenza che non mi sarei mai permessa sulla Lexus. Quando la ruggine è diventata troppa, ispirata dal programma tv Antiques Roadshow, mi sono procurata una Morris Minor convertibile del 1962. Aveva delle belle linee, ma sembrava di guidare una lattina e, anche se mi è stata di grande aiuto negli interminabili viaggi per fare la spesa da Tesco, non andavamo molto d'accordo: era troppo delicata per me.
Il Toyota HiLux, invece, sembrava “giusto” per varie ragioni. Era più robusto, anticonvenzionale. E poi rispettava il mantra che vige in campagna, per cui un veicolo deve essere grande abbastanza per trasportare due pecore. Per qualche anno era stato del mio amico James, che l'aveva personalizzato con pneumatici all-terrain. Salire a bordo e guidarlo verso casa con il cassone carico mi ha fatto sentire subito una persona del posto. Il Toyota Hi- Lux esercita su di me lo stesso fascino che aveva il pick-up Ford su Renée Zellweger.
Ho sempre avuto un debole per le auto che comunicano un messaggio forte. A poco più di vent'anni ho comprato una Mercedes 450 SE del 1975 per 2mila sterline. Era un macchinone argentato lontano anni luce dalle Fiat onnipresenti negli anni Ottanta. Quando si parla di auto, non mi interessa particolarmente la marca o il modello, ma piuttosto come mi fanno sentire. «Argento», rispondevo quando qualcuno mi chiedeva di che marca fosse, «con dei buoni speaker». La guidavo fumando una Marlboro Light dietro l’altra, indossando un paio di slingback con tacco altissimo di Bella Freud e shorts di Vivienne Westwood. Dieci anni dopo, quando i miei due figli erano ancora molto piccoli, andammo a Richmond a pranzo da alcuni amici che stavano per trasferirsi in America. Mio marito fumo l’ultimo spinello di sempre, fece un acquisto d'impulso e io tornai a casa guidando una Mercedes 220 SE del 1964 color oro pallido, con il tettuccio abbassato. Quell'auto contribuì molto a rompere il velo di mitezza dietro cui mi ero nascosta dopo le gravidanze: mi faceva sentire me stessa. Eravamo una bella coppia, sfrecciavamo nel West End durante le tiepide sere d'estate e in vacanza percorrevamo strade di campagna. La gente ci sorrideva quando attraversavamo i paesini e io allungavo il braccio fuori dal lato aperto per toccare i fiori delle altissime siepi, con i miei bimbi biondi, le tavole da bodyboard e i cani stipati nella parte posteriore.
Sono passati 25 anni e ora vivo per la maggior parte del tempo in campagna. La Mercedes ha trascorso gli ultimi dieci anni in garage e siamo entrambe un po' fuori forma. Per molto tempo non sono riuscita a convincermi a venderla, perché rappresentava un bel pezzo di vita, ma con l'arrivo del nuovo fuoristrada è come se stesse iniziando un nuovo capitolo. C'è voluto un po' per abituarmi ai suoi quasi 5 metri e mezzo di lunghezza, ma quando l'ho guidato per raggiungere la brughiera di Bodmin alla ricerca dei pony selvatici con i loro cuccioli, è andato tutto liscio come l'olio. Nel caso in cui ve lo stiate chiedendo, ha dei buoni altoparlanti, anche se forse dovrei sostituire il lettore cd in cui è ancora infilato un album reggae di James. Non posso dire che il modello sia al 100 per cento ideale dal punto di vista ambientale – il motore è diesel – ma, in un certo modo, è un esempio di “riciclo creativo”, ed è così ben costruita che sicuramente mi sopravviverà.
Ma non sono l'unica ad aver scoperto le nuove libertà offerte dal pick-up. La designer di accessori e consulente creativa Katie Hillier e suo marito, lo scultore/artista Jeff West, hanno un Toyota 4x4 nella loro proprietà a Hudson, nello stato di New York. «Lo amiamo», dice Katie Hillier. «Dopo averlo comprato Jeff l'ha smontato e ha rifatto il telaio, così l'abbiamo personalizzato quasi senza volerlo. A Jeff piace caricarlo di grossi ceppi, a me spolverarlo e pulirlo, e lui si arrabbia perché lo tengo troppo ordinato». Come chiunque possieda un fuoristrada, anche Katie Hillier ha un'uniforme ad hoc: una camicia Filson, pantaloni da lavoro Carhartt e scarponi Red Wing.
Catherine St Germans, cofondatrice del festival letterario di Port Eliot, è un'ex giornalista di moda. Si divide fra Waimea Bay, alle Hawaii, e la Cornovaglia, che percorre con disinvoltura su un Mitsubishi L200 a doppia cabina rosso e argento, indossando un abito vintage a fiori, calze e un paio di Blundstone. «Ho fatto amicizia con la surfista e skater Alex Florence, che guida un pick-up Toyota Tacoma. La prima volta che è passata a prendermi e ci sono salita, mi sono subito convertita».
Secondo Catherine St Germans questi modelli comunicano che sei «aggressivo, forte e capace». Rappresentano libertà e avventura. «Con un pick-up cominci un viaggio. Il mio trasmette il messaggio: “Vivo in campagna, posso prendermi cura di me stessa”. Nel momento in cui salto a bordo mi sento forte e autonoma. Lavoro nel settore dell'agricoltura rigenerativa e viaggio in tutto il Paese per visitare piccole aziende agricole. Il pick-up annuncia il mio arrivo e mi sento una pioniera».
Per quanto mi riguarda, credo che io e il mio pick-up avremo un grande futuro insieme. Siamo fatti l'uno per l'altra. Stamattina sono andata dal macellaio del mio paesino e, nel consegnarmi la spesa, mi ha detto: «Belle gomme». Che super complimento!
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