I musei riaprono, ma il futuro rimane incerto
La sfida è mantenere le istituzioni redditizie dopo la crisi, ma i controlli per il distanziamento minacciano di colpire il numero dei visitatori e incidere sulle risorse
di Maria Adelaide Marchesoni
4' di lettura
Dopo cinque di mesi di chiusura forzata il Governatore di New York Andrew Cuomo ha dato il via libera ai musei e alle istituzioni culturali “a basso rischio” della città di accogliere nuovamente i visitatori a partire dal 24 agosto. MoMA , Met e altre istituzioni hanno riaperto nell'ultima settimana di agosto, altri seguiranno nelle prime settimane di settembre, ma c'è chi ha bisogno di più tempo come il Guggenheim che riaprirà il 3 ottobre.
Sono state istituite una serie di precauzioni e visitare un museo richiederà una pianificazione anticipata e la durata della visita potrebbe essere limitata nel tempo per consentire ulteriori pulizie e sanificazione. La capacità di accoglienza degli spazi sarà limitata al 25% oltre ad applicare misure di sicurezza, comprese le maschere per il viso obbligatorie, e alcuni servizi, come il guardaroba, potrebbero essere temporaneamente non disponibili.
Le incognite
La grande incognita è se i visitatori si sentiranno sicuri e a proprio agio durante la visita, come ha sottolineato in un'intervista il direttore del MoMA, Glenn Lowry che, nonostante la prospettiva dei prossimi tre anni con conti in rosso, ha deciso di dare il benvenuto ai visitatori e di non far pagare il biglietto fino al prossimo 27 settembre. Le riaperture dei musei con quasi nessun turista, di solito numerosi, e le restrizioni governative sull'affluenza, non miglioreranno i conti economici delle istituzioni poiché i costi fissi rimarranno gli stessi, mentre le entrate saranno in deciso calo.
Il Met
Durante il lockdown il Metropolitan Museum ha già tagliato 400 posti di lavoro e prevede di perdere 150 milioni di dollari di entrate a causa della pandemia. Anche al 25% della sua capacità, il Met, con 190.000 metri quadrati di spazio espositivo, può ospitare fino a 2.000 persone ogni ora. Ma sono solo ipotesi in quanto il museo non si aspetta di avere più di 4.000 visitatori al giorno. Per i visitatori l'esperienza sarà diversa e le nuove procedure includeranno controlli della temperatura all'esterno della piazza, biglietti a tempo e maschere obbligatorie. Le gallerie più piccole e i guardaroba saranno chiusi. Aperto sette giorni su sette, prima della pandemia, il museo sarà chiuso il martedì e il mercoledì.
Great Britain
Dal 4 luglio i musei britannici hanno avuto il via libera per la riapertura e il British Museum , dopo una chiusura durata 163 giorni, è stato l'ultimo museo a riaprire nel panorama londinese. A differenza di molti altri musei più piccoli, il British Museum ha il vantaggio di avere uno spazio che permette di distribuire i visitatori in alcune sale, ma anche così, il numero di visitatori è limitato a circa 2.000 al giorno - una cifra ben lontana dai 18.000 che normalmente affollano gli spazi. Sul fronte economico anche per le istituzioni britanniche, nonostante il contributo annuale dell'ente governativo DCMS , la situazione è difficile e per far fronte alle perdite finanziarie previste. Alcuni musei e organizzazioni del Regno Unito stanno licenziando il personale. La UK Museums Association ha dichiarato che “la Tate sta licenziando più di 300 dipendenti delle attività commerciali e ciò fa seguito all'annuncio di altri piani di licenziamento, tra cui fino a 1.200 al National Trust , circa 400 al Southbank Centre di Londra e molti altri”.
Il paracadute
I recenti sviluppi indicano che il Culture Recovery Fund del governo britannico, del valore di 1,57 miliardi di sterline, non salverà posti di lavoro nel settore. Dalle indicazioni ufficiali lo scopo principale di 1,15 miliardi di sterline di sovvenzioni e prestiti disponibili è quello di permettere alle istituzioni di sopravvivere alla crisi. Il licenziamento del personale è una delle opzioni menzionate e le indennità di licenziamento sono tra gli scopi per cui il denaro può essere utilizzato. L’Art Fund , l'ente britannico per la raccolta di fondi, che si occupa tra l'altro anche di destinare le risorse alle acquisizioni delle opere d'arte, a fine maggio aveva elaborato un sondaggio tra 427 direttori di musei. La fotografia che emergeva era molto pessimista. Sei direttori su sette erano preoccupati sulla capacità di attirare i visitatori dopo l'abolizione delle restrizioni. Circa il 56% era preoccupato per la redditività dell'organizzazione, dato che la vendita dei biglietti e altre operazioni commerciali come negozi e caffè sono una fonte di reddito vitale per i musei. Con meno visitatori previsti, i ricavi generati dalla vendita dei biglietti, dal bookshop e caffetteria sono destinati a diminuire, ma la crisi comporterà probabilmente un aumento dei costi per le pulizie e per il personale dedicato all'accoglienza. Alcuni direttori dichiaravano le loro perplessità sulla possibilità di non poter riaprire anche dopo l'abolizione delle restrizioni. Poche istituzioni hanno riserve finanziarie sufficienti e i mesi primaverili ed estivi sono quelli dove vengono generati la maggior parte dei ricavi e ormai sono trascorsi senza poter lavorare proficuamente.
In Italia
Lo scorso 18 maggio i musei italiani hanno riaperto. Arteconomy24 ha voluto dare la parola ai direttori delle istituzioni museali italiane per conoscere quali sono stati i dati sull'affluenza nel periodo estivo e quali sono le difficoltà che si apprestano a incontrare in questo difficile 2020.
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