I sindaci non possono fare ricorso contro le norme Ue sui veicoli
Corte Ue: i regolamenti omologativi sono estranei ai divieti di circolazione
di Maurizio Caprino
2' di lettura
I municipi non possono presentare ricorsi contro le norme antinquinamento di omologazione dei veicoli, perché esse vietano solo la commercializzazione dei mezzi che non rispettano i limiti alle emissioni previsti. Perciò la Corte Ue (sentenza sulle cause riunite da C-177/19 P a C-179/19 P) ha dato torto ai sindaci di Bruxelles, Madrid e Parigi, che lamentavano di non poter vietare la circolazione alle auto diesel di ultima generazione. Questione cui guardano con interesse molti Comuni italiani, Milano in testa.
Tutto nasce dal regolamento Ue 2016/646, che dopo il dieselgate inasprì i test delle emissioni di ossidi di azoto, disponendo che le misurazioni fossero effettuate nella guida su strada. Per tener conto della maggior gravosità della prova e delle difficoltà di ottenere valori precisi, la Ue riconobbe tolleranze (prima del 110% con lo standard Euro 6D-Temp e poi del 50% con l’Euro 6D) sulle soglie dello standard Euro 6.
I sindaci delle tre capitali, tra i più impegnati nelle polemiche di quel periodo, rimarcavano che di fatto quel regolamento alzava i limiti, lasciandoli invariati solo formalmente (anche se gli sforamenti reali con la norma precedente andavano ben oltre il 110%). I ricorsi argomentavano che i comuni hanno titolo a opporsi in qualità di soggetti interessati, perché il regolamento avrebbe loro impedito di vietare la circolazione delle diesel di ultima generazione.
Il 13 dicembre 2018, il Tribunale dell’Unione europea (competente sui ricorsi di questo tipo) diede ragione ai municipi, riconoscendo che il regolamento li riguardava direttamente e stabilendo che la Commissione Ue non avrebbe avuto il potere di modificare i limiti di emissioni, in quanto «elementi essenziali» del regolamento (sentenza sulle cause T-339/16, T-352/16 e T391/16).
La Commissione, la Germania e l’Ungheria si sono opposte davanti alla Corte Ue (in qualità di organo d’appello), che ha respinto l’originaria richiesta dei sindaci di annullare il regolamento. Il motivo è che esso s’inquadra nella direttiva 2007/46, che non impatta sul potere di vietare la circolazione a livello locale, per cui i municipi non sarebbero direttamente interessati. Si arriva a ciò osservando che la direttiva contiene un obbligo negativo (impedisce agli Stati membri di vietare, limitare o impedire la circolazione dei veicoli conformi alle prescrizioni di omologazione) e uno positivo (consente di immatricolare e autorizzare la loro vendita e messa in strada). Quindi il secondo obbligo non tocca la circolazione. E la Corte esclude che uno dei due obblighi possa avere portata più ampia dell’altro, perché sono complementari. Di qui la conclusione che la norma tocca solo la fase di omologazione dei veicoli (cui le amministrazioni comunali sono estranee) e non la circolazione locale.
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