Alla Festa del cinema di Roma

Ibrahimovic tra infanzia, talento e ribellione

Nel film la crescita umana e sul campo del campione di calcio svedese di origini slave

I 40 anni di Zlatan Ibrahimovic

3' di lettura

Infanzia, talento e ribellione. «Ci siamo concentrati sulla storia non raccontata di un personaggio molto raccontato. Non il leone, ma i problemi affrontati, ovvero i problemi a comprendere quale fosse il suo problema. Non è stato facile, Ibrahomovic è un personaggio grosso e impegnativo». Lo ha detto il regista Jens Sjögren presenta Zlatan, presentando il film dedicato alla gioventù del calciatore Ibrahimovic, interpretato da Dominic Bajraktari Andersson (11-13 anni) e Granit Rushiti (17-23 anni). Non un film «su un giocatore di calcio, ma su un ragazzino che cresce. Non ci siamo concentrati sulle vicende in campo, ma sugli elementi di una classica storia di formazione». É la chiave che il regista Jens Sjogren della pellicola tratta da ’Io, Ibra’ (Rizzoli), l’autobiografia bestseller del calciatore, che ne è autore con David Lagercrantz.

Partito dai sobborghi di Malmo è diventato un campione

Il fim racconta la storia della crescita e della trasformazione del calciatore che è partito dai sobborghi di Malmo e ha salito le scale del successo. Il calcio per lui è stato la liberazione da un ambiente difficile. Talento e fiducia in se stesso lo hanno catapultato contro ogni probabilità ai vertici del calcio internazionale, portandolo a giocare nell'Ajax Amsterdam, nella Juventus, nell'Inter, nel Milan, nel Barcellona, nel Paris Saint-Germain e nel Manchester United.

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Nei cinema dall’11 novembre

Il film, che ha debuttato in prima mondiale alla Festa del Cinema di Roma, sarà in sala dall’11 novembre, distribuito da Universal e Lucky Red, in associazione con 3 Marys. Ibrahimovic ne è stato consulente. E non potendo essere alla presentazione del film per motivi calcistici, ha mandato un video messaggio in cui si dice orgoglioso del lavoro del regista e fa i complimenti ai due giovani attori/calciatori Dominic Bajraktari Andersson e Granit Rushiti che «mi interpretano nei primi 20 anni della mia vita».

Zlatan si è commosso

Zlatan «ha visto il film quando era pronto al 70% - ha detto Sjogren in conferenza stampa -. Ero un po’ in ansia, ma lui si è davvero commosso. Non avevamo realizzato il film pensando a doverlo rendere felice, ma vederlo ricordare molti episodi della sua vita è stata una delle esperienze più belle che ho avuto da regista. É piaciuto anche ai figli e alla moglie».

La crescita umana e sul campo del calciatore

La storia incrocia costantemente tre momenti della crescita umana e sul campo del protagonista. C’è Zlatan tra gli 11 e i 13 anni (interpretato da Andersson), bambino ribelle nel sobborgo popolare di Malmo dove passa le giornate, non compreso a scuola, soggetto a esplosioni di rabbia e alle prese con genitori a loro modo affettuosi, ma separati e problematici. Il calcio per il quale ha un grande talento, inizia a essere la dimensione che può contribuire a fargli trovare un’identità. Lo ritroviamo poi (con il volto di Granit Rushiti) 17enne poco avvezzo alla disciplina nelle giovanili del Malmo e 23nne in un momento chiave della sua carriera come giocatore (in bilico) dell’Ajax.

Due interpreti per un campione

«Questa potrebbe anche essere la mia storia - sottolinea l’esordiente Rushiti - anch’io ho dovuto lottare nella mia vita. Sono un calciatore di talento, ma mi sono fatto male due volte al ginocchio e non so se potrò continuare a giocare. Spero Dio mi abbia dato (con il film) qualcosa di bello di diverso attraverso cui crescere e affermarmi». I due interpreti hanno incontrato Ibrahimovic solo due mesi fa a Milano: «Ci ha dato dei consigli, è un tipo di persona che a me piace, perché è diretto, se ha qualcosa da dire te la dice». Ibrahimovic «è un personaggio impegnativo con diversi aspetti caratteriali. Noi ci siamo concentrati sulla storia non detta di un personaggio molto raccontato. Non c’è l’ibra leone che ti aspetti».

Sjogren: «In tutti noi c’è una parte più oscura»

Sjogren odia «i personaggi in bianco e nero, preferisco i toni grigi. C’è in tutti anche una parte più oscura, noi volevamo raccontarla dal suo punto di vista e Zlatan, con il quale siamo sempre stati chiari sul fatto che non avrebbe avuto nessun controllo creativo sul film, è stato generoso nel condividere anche con noi ricordi che non aveva mai raccontato» o anche «cosa provasse sentendosi costantemente il dito puntato addosso. Tutti elementi che hanno arricchito la storia, che il cineasta non vede come un racconto consolatorio, ma come il ritratto di un giovane uomo che mantiene gli elementi (anche negativi) del suo carattere ma sa affrontare le sfide». Al giocatore «è piaciuto il mio approccio di non voler fare un film che fosse solo sullo sport».

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