Il dollaro continuerà a salire? Ecco perché il mercato dà risposte diverse
Il biglietto verde è sui massimi da marzo rispetto all’euro e alla sterlina. Lo yen è sprofondato ai minimi da 11 mesi. Tre i motivi del forte rally
di Morya Longo
4' di lettura
Secondo Goldman Sachs sta ancora decidendo «che rotta tenere». Lombard Odier prevede invece un suo ulteriore rafforzamento. Mentre Capital Economics ritiene che «stia perdendo forza». Tutto e il contrario di tutto. Sta di fatto che il super-dollaro è tornato a far parlare di sé sui mercati finanziari. Il biglietto verde è salito ai massimi da marzo sia sull’euro sia sulla sterlina inglese, mentre ha schiacciato lo yen sui minimi da novembre 2022. È da 10 settimane di fila che l’euro perde quota sul dollaro: non era mai successo dalla nascita della moneta unica.
Se sull’andamento futuro del biglietto verde ci sono opinioni contrastanti, con analisti divisi tra chi prevede un ulteriore rafforzamento e chi no, sui motivi di questo rally sono tutti d’accordo: il principale (ma non unico) è legato al fatto che nell’ultima tornata di riunioni delle banche centrali la Federal Reserve è stata l’unica ad aver sorpreso il mercato per durezza. Per un atteggiamento da “falco”. Per tassi più alti del previsto.
Il super-dollaro
Partiamo dalla fotografia del mercato. Il 17 luglio l’euro scambiava a 1,12 sul dollaro. Lunedì è sceso sotto 1,06, arrivando - per la prima volta da marzo - a 1,059. Il movimento dura da mesi, da luglio appunto. Ma da quando la Fed, il 20 settembre, ha fatto capire che è nell’aria un altro rialzo dei tassi e che nel 2024 potrebbe ridurre il costo del denaro meno del previsto, il biglietto verde ha fatto un ulteriore scatto di reni e si è apprezzato di un altro 0,79%. Dal giorno della riunione Bce (14 settembre) il balzo è dell’1,27%.
Il fenomeno è stato forte su tutte le valute globali. Dalla riunione della Fed del 20 settembre il dollaro ha guadagnato l’1,42% sulla sterlina, lo 0,59% sullo yen, lo 0,53% sul dollaro australiano e l’1,66% sul peso messicano. Considerando che già in precedenza il biglietto verde si stava rafforzando, il trend è ormai conclamato. Tanto che il mercato si attende che la Bank of Japan possa presto intervenire sul mercato dei cambi per calmare la caduta dell o yen.
Lo scisma delle banche centrali
Il primo motivo di questa accelerata finale del dollaro va cercato nell’atteggiamento delle banche centrali. Nelle ultime settimane tutte hanno stupito il mercato per cautela. Tutte tranne una: la Fed Usa, appunto. La Bce il 14 settembre ha alzato i tassi ma ha fatto capire che non li alzerà più: sebbene abbia detto che il costo del denaro resterà alto a lungo (ma il mercato ci crede poco con la recessione alle porte), la percezione degli investitori è stata di una Bce “colomba”. Cioè non più restrittiva. Idem per la Bank of Japan: il mercato temeva che aprisse in qualche modo all’ipotesi di una futura fine della politica ultra-accomodante, dato che lo stesso Governatore l’aveva fatto capire qualche giorno prima e dato che l’inflazione è sopra il 3%. Ma la Bank of Japan non ha fatto nulla del genere. E anche la Bank of England ha sorpreso per un atteggiamento cauto, da ”colomba”.
La Fed invece ha fatto l’opposto: se fino a qualche tempo fa il mercato era convinto che avesse finito con la politica di rialzi dei tassi (mentre la Bce era vista come quella che avrebbe continuato), ora le prospettive si sono ribaltate. L’economia Usa è troppo forte per chiudere qui il ciclo di rialzi dei tassi. Così la Fed probabilmente li aumenterà ancora una volta nel 2023. E nel 2024 li taglierà meno del previsto. Tutto questo non poteva che spingere verso l’alto il dollaro, dato che i capitali tendono sempre a spostarsi dove i tassi sono - in prospettiva - più elevati.
Le altre ragioni
Ma non ci sono solo le banche centrali a guidare i cambi. Anche perché il differenziale tra i tassi Usa e tedeschi, in realtà, non si è allargato tantissimo: dalla riunione della Fed del 20 settembre i rendimenti Usa a 2 anni sono saliti da 180 a 188 punti base rispetto a quelli tedeschi sempre a 2 anni. E sui decennali il gap è aumentato da 162 a 173. L’allargamento c’è stato, certo, ma non clamoroso. Quindi ci sono anche altri motivi che sostengono il dollaro. Il primo è legato al differenziale dell’economia: quella Usa sta dimostrando più resilienza del previsto (per questo la Fed è più ”falco” del previsto), mentre quella europea sta sprofondando in recessione. Anche questo giustifica il movimento del dollaro.
Poi c’è il rischio di shutdown negli Usa: dal primo ottobre inizia il nuovo anno fiscale negli Stati Uniti, e se non si trova un accordo tra Repubblicani e Democratici per varare il nuovo provvedimento di spesa, il Governo Usa può essere costretto a chiudere gli uffici pubblici per mancanza di soldi. Questo sta spingendo il Tesoro e le società Usa a collocare bond ora (il Governo emetterà questa settimana la bellezza di 134 miliardi di dollari di titoli di Stato), prima che si congeli tutto. E sta spingendo gli investitori a comprare dollari, prima che poi ci sia una carenza. O comunque per proteggersi da eventuali rischi. Così il dollaro sale. E continuerà a farlo? Come visto, le opinioni sono le più disparate. Il mercato naviga a vista.
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