Il Giappone riapre: è ora di riscoprire gli onsen, fra natura e benessere
Viaggiare nell’arcipelago è finalmente tornato possibile, e fra boschi colorati, montagne o in riva all’Oceano questa è la stagione ideale per immergersi nelle tradizionali sorgenti termali dove trovare l’armonia del corpo e dello spirito
di Luca Bergamin
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Onsen e momijigari: il primo termine indica le sorgenti termali calde in cui rilassare il corpo e la mente, il secondo il piacere di ammirare le foglie rosse. In Giappone l’autunno è la stagione dei colori e del tepore che, in un Paese ricco di vulcani, sorgenti naturali e boschi, significa ricercare le fonti termali per professare l’antico rito purificatorio del bagno nudi tra i vapori bollenti in parchi dove, soprattutto gli aceri, sfoggiano cangianti rossi, marroni e gialli capaci di colpire dritti al cuore gli animi più sensibili, come fanno i petali bianchi di sakura in primavera.
Dopo la lunga chiusura agli stranieri, inoltre, da circa un mese il Paese del Sol Levante ha rimosso la maggior parte delle restrizioni al suo ingresso stabilite per fronteggiare l’emergenza pandemica (è raccomandata la semplice registrazione sul sito vjw-lp.digital.go.jp/en), pertanto viaggiarvi in questo periodo è come prendere parte a una sorta di rinascita per una delle nazioni più amate dagli italiani.
In passato le terme erano stazioni di sosta e refrigerio per samurai, shōgun, pellegrini e monaci: le più antiche, dalla facciata in legno scuro e le vasche in pietra, capaci di ispirare il film La città incantata di Hayao Miyazaki (premio Oscar nel 2003,) sono le Dōgo Onsen nella piazza di Matsuyama, capoluogo della prefettura di Ehime. Risalgono al 712 e un tamburo percosso ogni mattino alle sei annuncia l’apertura delle 18 sorgenti ancora attive. Il primato delle più scenografiche va invece alle Saki-no-Yu di Shirahama, scavate nella roccia e affacciate sul Pacifico, con l’acqua calda salata che fuoriesce direttamente dai meandri misteriosi del terreno.
Oggi, invece, gli onsen, già molto diffusi nel periodo Edo tra il XVII e il XIX secolo sotto la spinta del Buddismo che incoraggiava il rituale di purificazione dello spirito e la pulizia del corpo, si trovano e sono accessibili un po’ in tutto il Giappone. Spesso vengono messi a disposizioni dai ryokan, gli alberghi tradizionali, spazi appositi dove immergersi nelle vasche riservate, le kashikiri buro - oggi separate per sesso - tra acque ricche di acido metabolico, ferro, zolfo e radio, a una temperatura che in media supera abbondantemente i 25 gradi.
Atterrati a Tokyo, per compiere il primo bagno termale si può scegliere di raggiungere il paesaggio incantato di Haukone, sullo sfondo del Monte Fuji che le vedute dipinte da Katsushika Hokusai hanno reso familiare e dove, tra templi shintoisti dai rossi portali di ingresso rivolti al lago Ashi, lungo il corso del fiume Sukumo, si trova l’Onsen di Tenzan Toji-kyo: le acque giungono direttamente da una cascata tra le rocce, alcune vasche sono state scavate nelle grotte al cospetto di statuine di Buddha che osservano dalle nicchie, altre ricavate dentro tinozze in legno di cedro secondo la filosofia estetica del wabi-sabi che invita ad accettare l’imperfezione delle cose della vita.
Spettacolari sono senza dubbio le sorgenti termali di Noboribetsu nell’isola di Hokkaido, distanti dal capoluogo Sapporo un’ora e mezzo di viaggio on the road tra alte montagne e boschi: le acque bollenti ricche di sostanze minerali, bianche come il latte, calano dalla cosiddetta “Valle dell’Inferno” creando piscine naturali, alimentano la foresta primordiale di Jigokudani e lo specchio trasparente del lago Kuttara in cui si riflettono i curiosi macachi.
Un’altra meta rigenerante è il Takaragawa Onsen a Minakami, a due ore di treno veloce Shinkansen da Tokyo (con il Japan Rail Pass si può viaggiare su tutti i convogli più rapidi nell’arco di un determinato periodo a prezzi più vantaggiosi): qui i quattro rotenburo, i bagni all’aperto in pietra naturale, nutriti dall’acqua del fiume Takara, sono aperti anche alla luce della luna per un bagno di mezzanotte che richiama sempre decine di persone.
Dopo aver trascorso la notte all’Osenkaku Resort, anche l’alba offre un momento catartico per immergersi ascoltando il proprio corpo risvegliarsi all’unisono con la natura circostante, i suoni del bosco, il canto gli uccelli.
Arrivati a Kyoto, prima ancora di scoprire a piedi la culla spirituale e culturale del Giappone di cui è stata a lungo anche capitale (si può scegliere di affittare una casa tradizionale con japan.experience.com), si può fare una gita termale all’Onsen Genji No Yu, elegante e raffinato, il cui nome è ispirato al fortunato romanzo Storia di Genji, opera dell’anno Mille dellascrittrice Murasaki Shikibu che racconta la vita della nobiltà feudale e degli amori del principe Genji lo splendente. All’aperto si pratica yoga, mentre tendaggi e bambù fungono da scenografia all’architettura contemporanea e minimalista. L’acqua promana da una sorgente profonda ben mille metri, al ristorante Beniya si gustano piatti giapponesi e coreani e ci si può poi distendere sul tatami per un altro po’ di relax. Tornati a Kyoto, dove la corte imperiale risiedette dal 794 al 1868, anno in cui con la Restaurazione Meiji l’impero spostò a Tokyo la propria sede amministrativa, a trasmettere armonia provvedono i templi e soprattutto i loro giardini, in cui viene manifestata una sorta di filosofia botanica zen grazie alla solerzia secolare dei monaci: sotto gli occhi di tutti potano le capigliature degli alberi, disegnano sulla sabbia grigia figure geometriche, allineano le pietre secondo un preciso simbolismo, danno la pastura alle grosse e colorate carpe koi. Soprattutto la cosiddetta Passeggiata del Filosofo offre un’esperienza quasi onirica, fra santuari e templi come il quattrocentesco Daitoku-ji, lo Shoren-in, il Nanzen-ji, l’Eikan-dō fondato nell’anno 1000, l’argenteo Ginkaku-ji, e il dorato padiglione di Kinkaku-ji, capaci di proiettare chi li ammira in una dimensione prossima all’assoluto.
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