CREATO PER SUSTAINABILITY MAKERS - THE PROFESSIONAL NETWORK

Il manager della sostenibilità è sempre più centrale nella transizione verso modelli di business sostenibili

4' di lettura

Sono legati al clima ben cinque dei dieci rischi globali percepiti con maggiore urgenza: il Global Risk del World Economic Forum (Wef) mette persino l'accento su un'”ansia climatica” che investe soprattutto le giovani generazioni. Infatti, il 75% di un campione di 10.000 persone, di età compresa tra i 16 e i 25 anni, descrive il futuro come “spaventoso”. Sebbene gli impegni della Cop 26 siano ancora insufficienti e il mancato intervento sul climate change potrebbe erodere un sesto del Pil globale, avverte il Wef che anche una transizione ecologica non gestita e troppo rapida potrebbe avere ricadute sociali imponenti.

Nel 1987 all'interno del Rapporto Brundtland della Commissione mondiale sull'ambiente viene per la prima volta definito sostenibile lo sviluppo quando “soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri”. La transizione richiede di ridurre l’impronta di carbonio con un'attenzione costante a circolarità, qualità del lavoro, tutela di territori e comunità. La chiamano “triple bottom line” (TBL o anche 3BL) secondo cui le aziende dovrebbero prendere decisioni che perseguono tre obiettivi contemporaneamente: sostenibilità sociale, sostenibilità ambientale e sostenibilità economica.

Pur se ineluttabile, la transizione tuttavia sarà graduale e sarà l'esito dell’intreccio di settori, competenze e tipi di esperienza con il contributo di molti attori. Questo perché a sua volta ha un impatto su organizzazioni che devono misurarsi con rischi di perdite di operatività o di rendimenti inferiori degli investimenti.
Per le aziende la sostenibilità non può essere solo un bonus di marketing: le pratiche sostenibili sono la posta in gioco per creare valore a lungo termine e competere nell’economia globale.
Ma come si gestisce la transizione nell'ambito delle singole organizzazioni? La gestione di un cambiamento passa necessariamente dalla presenza di attori che promuovano e coordino la transizione verso nuovi modelli di business (i professionisti della sostenibilità) e dalla progressiva introduzione di competenze di sostenibilità in modo trasversale tra le funzioni aziendali. Tre aziende su quattro prevedono di ampliare l'organico con competenze di sostenibilità, tanto nei ruoli specializzati quanto in ruoli “ibridi” che richiedono competenze tecniche combinate con quelle di sostenibilità.

È una tendenza che emerge con forza nel report di ricerca Sustainability Career Compass 2022, uno studio condotto da Sustainability Makers, in collaborazione con ALTIS-Università Cattolica del Sacro Cuore e l'Università degli Studi di Milano, coinvolgendo 394 manager e professionisti della sostenibilità in Italia.
Sustainability Makers, l'associazione dei professionisti della sostenibilità, monitora così la progressiva istituzionalizzazione della professione dei sustainability manager e sustainability professional, la cui prassi di riferimento è definita nella certificazione UNI/PdR109.
In un contesto di crescente sensibilità, soprattutto fra le giovani generazioni, per le tematiche sociali e ambientali, la sostenibilità è ormai una tendenza imprescindibile per le aziende e ad essa è dedicato un numero crescente di corsi di studio, dentro e fuori il mondo universitario, segno di come la professione della sostenibilità sia ormai consolidata, tanto da avere percorsi di formazione e accesso codificati.

Donna, under 40, con un percorso formativo prevalentemente in economia e management (36,5% degli intervistati) ma con una crescente presenza di soggetti con formazione scientifica: questa edizione della survey conferma come le professioni attorno alla sostenibilità siano a prevalenza femminili (64,6%, +2,7 rispetto al 2020) e come la percentuale di giovani under 40 sia in crescita di oltre 10 punti percentuali (dal 39,6% rispetto al 29,2% di due anni fa). Inoltre, elemento di novità, è aumentata significativamente la percentuale di professionisti che provengono da una formazione di tipo scientifico (dal 14,2% al 20,3 %) in sintonia con la crescente importanza rivestita dalla dimensione ambientale nell'ambito delle tematiche di sostenibilità. L'8,7% degli operatori interni alle aziende e l'11,5% dei consulenti esterni hanno conseguito una laurea triennale attorno alla sostenibilità, mentre una quota maggiore (il 15,6% dei professionisti interni e il 23,7% dei consulenti) può vantare un master dedicato alla CSR/sostenibilità.

Sempre più spesso l'unità organizzativa dedicata alla sostenibilità diviene apicale all'interno delle organizzazioni: il 76,9% risponde direttamente al vertice aziendale. Il collocamento dell'unità organizzativa di sostenibilità alle dipendenze di altre funzioni (più di frequente marketing o comunicazione) è ormai una pratica residuale. Negli anni, inoltre, le unità organizzative dedicate alla sostenibilità hanno aumentato la propria dimensione; oggi il 36,2% conta da 3 a 5 risorse FTE (nel 2020 era solo il 26,6%), mentre il 9,8% ha più di 10 FTE dedicati. Dal punto di vista delle retribuzioni, la ricerca rivela che la RAL di questi professionisti presenta una significativa variabilità tra aziende, settori e posizioni. Tuttavia, il 31,2% dei responsabili intervistati supera i 100.000 euro annui.

Nei prossimi anni sia le aziende sia le società di consulenza prevedono di esprimere una forte domanda di lavoro su ruoli legati alla transizione sostenibile. 4 aziende su 10 cominceranno ad introdurre esperti di sostenibilità in funzioni produttive, di marketing, amministrative. In questo senso per i giovani si aprono due possibilità di percorsi formativi in un mercato particolarmente vivace: o focalizzati attorno alla sostenibilità, per accedere alle specifiche unità organizzative, oppure “ibridi” per combinare specifiche competenze funzionali con quelle di sostenibilità. Le posizioni all'interno della funzione sostenibilità, inoltre, dovranno disporre sia di competenze di sostenibilità sia di soft skills in particolare rispetto al change management.
Dalle dichiarazioni degli intervistati è possibile ipotizzare che in futuro il reclutamento attorno alla sostenibilità avverrà per quasi un terzo delle imprese attingendo direttamente a figure junior in uscita dalle Università, percentuale che si innalza sino al 60% per le società di consulenza.

Due raccomandazioni scaturiscono dalla ricerca di Sustainability Makers: una scelta precoce dell'uno o dell'altro percorso formativo e un investimento nella costruzione di una rete di relazioni sociali visto che le modalità di reclutamento seguono sia canali formali (54%) sia canali informali (45%).
La transizione, infine, è graduale, per questo la domanda di professionisti della sostenibilità sarà tanto maggiore tanto più le aziende avranno consolidato un impegno attorno a queste tematiche.

Loading...
Riproduzione riservata ©

loading...

Loading...

Brand connect

Loading...

Newsletter

Notizie e approfondimenti sugli avvenimenti politici, economici e finanziari.

Iscriviti