Il Marini un museo di comunità che intercetta il futuro
Bilancio di un quinquennio di guida di Patrizia Asproni con oltre 4,5 milioni di euro, un piccolo utile di esercizio, 18 mostre, 123 conferenze ed eventi, più di 62mila visitatori
di Marilena Pirrelli
I punti chiave
6' di lettura
A fine anno gli ingressi totali raddoppieranno rispetto al 2021 e così anche il fatturato. Il Museo Marino Marini di Firenze (in foto Cappella Rucellai), lo spazio che racchiude le 183 opere, tra sculture, dipinti, disegni e incisioni donate dallo scultore e dalla moglie Mercedes Pedrazzini, chiude un quinquennio positivo dal 2016 al 2021, nonostante il Covid, sotto la presidenza di Patrizia Asproni che oggi lascia l’istituzione fiorentina con un bilancio di oltre 4,5 milioni di euro, un piccolo utile di esercizio, 18 mostre, 123 conferenze ed eventi, più di 62mila visitatori e oltre 4mila visite guidate. «Ma soprattutto la parola museo si è lasciata alle spalle la definizione di mera conservazione per entrare nel futuro della ricerca e dell'innovazione a 360 gradi» spiega in questa intervista di Arteconomy ad Asproni. «Il Museo Marino Marini, nonostante le restrizioni e le chiusure dovute prima ai lavori di climatizzazione e messa a norma e poi per il Covid, non solo ha recuperato le perdite delle gestioni precedenti, ma ha registrato un trend in rimonta sia per il valore di esercizio che per la capacità di autofinanziamento e l'aumento dei visitatori. I musei per la comunità, come il nostro, sono pochi e generalmente fanno fatica: il Marini al contrario ha raggiunto gli obiettivi che ci eravamo prefissi nei cinque anni di mandato, è finanziariamente sano e in crescita costante in tutti i suoi numeri» prosegue Asproni, presidente anche di Confcultura e già presidente dei Musei di Torino.
Il passaggio di testimone
La Fondazione Marini - San Pancrazio, costituita a Firenze nel 1988 per volontà del Comune di Firenze e della Fondazione Marino Marini di Pistoia, che hanno contribuito nel 2021 rispettivamente per 195mila e 140mila euro, ora deve individuare una nuova figura per la guida dell’istituzione, che è riuscita a usufruire di 45mila euro di contributi pubblici a sostengo del Covid19. Il mandato quinquennale è scaduto a febbraio 2021, Asproni non si è ricandidata al secondo mandato; il bando si è concluso e dal 1° ottobre arriva il nuovo consiglio composto da tre consiglieri nominati dalla Fondazione Pistoia e altri tre dal Comune e la presidenza affidata a Carlo Carnacini, già presidente della Fondazione pistoiese.
L’intervista
Come avete lavorato in questi cinque anni?
Sono stati incredibilmente densi, durante i quali abbiamo affrontato molti cambiamenti, ridefinito le prospettive di questa importante istituzione culturale, che doveva porsi come laboratorio di innovazione culturale guardando all'Europa e al contesto mondiale: una gestione che ha consentito la fondazione di un Comitato d'onore con tante prestigiose personalità, creato, unica al mondo, la figura del Visiting Director: direttori di musei internazionali che per un anno condividono la propria professionalità ed esperienza al Marini; coinvolto partner e mecenati che hanno contribuito con generosità a sostenere il museo e le sue attività.
Quale le ricadute?
Il Museo ha implementato il suo pubblico, non prima di passare da una importante ristrutturazione degli spazi espositivi, nel 2017-2018, che oltre ai lavori dell'impianto di climatizzazione ha dato luogo al restauro di strutture portanti e alla creazione e riqualificazione di una nuova ala destinata a spazio laboratorio educativo e didattico, il KinderArt che ha visto la partecipazione di oltre 11mila studenti.
Quali le difficoltà?
La burocrazia, ma l’esperienza mi ha aiutato. Alla fine 2017 la proprietà dell’edificio era del demanio, non potevamo ricevere i contributi comunali per rinnovare l’impianto di climatizzazione. Abbiamo risolto con un accordo di valorizzazione, al tavolo si sono seduti il Demanio, la Soprintendenza, il Comune e la Regione, con un atto di buona volontà la proprietà è passata al Comune in cinque mesi. Poi nel 2018 abbiamo chiuso per avviare la ristrutturazione, abbiamo riaperto a gennaio 2019, ma poi il Covid nel 2020 ha chiuso tutti i musei. In quando presidente del cda so di essermi presa delle responsabilità e avevo consapevolezza dei rischi, abbiamo impugnato multe e vinto cause, ero cosciente dei diritti del museo e ne ho risposto personalmente.
E il reperimento delle risorse? Bastavano quelle del Comune e della Fondazione di Pistoia?
L’assenza di danaro è una costanza in un’istituzione di 4.500 mq, ma grazie all’autofinanziamento abbiamo assunto cinque persone. Abbiamo risolto l’aumento dei costi cercando di massimizzare le entrate proprie con attività quotidiane rivolte alla cittadinanza: abbiamo diversificato gli orari di apertura (sabato, domenica e lunedì con biglietto da 10 euro), mentre durante la settimana abbiamo aperto il Museo on demand con visite guidate prenotate (costo 150 euro per 10 persone). Ha funzionato tantissimo, grazie anche alla convenzione con un hotel a 5 stelle che ha inserito nel prezzo della camera la visita al museo. Poi abbiamo lavorato sull’affitto dello spazio alle aziende per viste guidate, cocktail o cene. Abbiamo scoperto che il Museo Marini piace alla moda giovane, tantissimi stilisti internazionali sono venuti per gli shooting, compreso Ferragamo. E poi abbiamo aperto agli eventi teatrali e musicali, così abbiamo raggiunto tutti i pubblici, tantissimi fiorentini in primis, che considerano il museo un luogo aperto, ma anche tanti turisti nordici, olandesi, francesi, tedeschi e tante scuole americane.
Avete guardato all’Europa per rinnovare l’offerta culturale?
Sì e siamo stati premiati. Tra le innovazioni più visionarie, Il Playable Museum Award, un grant di ben 10mila euro che premia le idee più audaci e immaginifiche, aperto a tutti, indistintamente: dai designer agli architetti, dagli artisti ai gamer, ai programmatori, ai filosofi, purché proiettati nel futuro. Giunto alla terza edizione, ha visto la partecipazione di più di 500 progetti. Il vincitore dell'edizione 2021/2022 si può ammirare oggi al Museo Marino: “ArtGate” è una finestra che si apre su altri luoghi e che per l'occasione trasporterà i visitatori a Venezia davanti alla scultura di Marini , “l'Angelo della città” sul Canal Grande alla Fondazione Guggenheim. E il rinnovamento strutturale, organizzativa e di posizionamento lo abbiamo raccontato nell'ultimo report del Museo Marino Marini, che si è aggiudicato il Silver Prize agli European Design Awards 2022, prestigioso riconoscimento dedicato al design in Europa.
Insomma il Marini non è solo un museo?
Da una parte è un hub di futuro e dall'altra luogo di comunità. In un contesto in cui i musei sono stati di fatto “occupati” dai turisti, questa istituzioni si è posizionata all'opposto come museo di cittadinanza, sempre sperimentando nuovi linguaggi e iniziative multidisciplinari. Forse oggi è uno dei musei italiani più nord-europeo: non incentrato solo sulle mostre, con un respiro internazionale grazie al confronto con i visiting director che hanno portato punti di vista diversi. Sentiamo di averlo trasformato in luogo di accoglienza, di cittadinanza attiva, nel quale i cittadini si riappropriano del loro patrimonio culturale e tornano.
Il Museo ha ospitato performance teatrali (è la residenza stabile dell'attore Sandro Lombardi, quattro volte vincitore del Premio UBU per il teatro) e musicali, danza e multimedialità, moda e libri, readings e talks, bambini nel KinderArt e anziani in percorsi di cura.
Quali progetti ha per il futuro?
Penso alla scena europea. Sono stata nominata nel Comitato Programma Horizon Europe dal ministro del Miur Maria Cristina Messa, in quanto expert per cluster cultura, creatività e inclusione sociale. Continuerò a occuparmi di futuro in campo culturale in senso lato, mescolare cultura e innovazione. Negli States e in Asia i musei non si occupano solo di conservazione e restauro, ma i temi forti sono climate change, problema demografico, gender equality, restituzioni. Vorrei indossare i panni di un futurist, studiare gli scenari futuri con la Fondazione Industria e Cultura di cui sono presidente, con un centro studi e di ricerca che utilizza modelli predittivi da offrire alle istituzione culturali per prepararle ad affrontare il futuro. La cultura è stato uno dei settori più fragili durante il covid, tra il 2019 e il 2021 si sono persi 55mila posti di lavoro, nonostante la crescita complessiva della spesa media mensile delle famiglie italiane, le risorse destinate alle attività ricreative, agli spettacoli e alla cultura ha fatto segnare un -22%, con picchi che sfiorano il -35% in alcune regioni d'Italia, secondo i dati Istat. La cultura soccombe.
La vivacità culturale di Firenze sembra smentita?
Stiamo reagendo con una bulimia culturale, basta guardare la coda di tre ore che c’è davanti al Museo delle Illusioni . Mi sembra una grande panna montata, per offrire qualità ci vogliono competenze, risorse e tempo, nonostante tutto, ho fiducia.
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