Il Montecucco si fa largo tra i big della Toscana e cresce del 35% nel 2022
Il Consorzio di tutela: miglior tasso di crescita in regione. È biologico l’85% della produzione sui 500 ettari delle 68 aziende associate: il 60% va all’estero
di Emiliano Sgambato
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La piccole cantine del Montecucco, con una crescita del 35% di vino imbottigliato, corrono più velocemente degli altri vini toscani, anche grazie ai risultati ottenuti all’estero dove va il 60% della produzione. Nel 2022 è stato superato il record del 2019 e raggiunto il milione di bottiglie per un valore finale di mercato – tra vendite in enoteca e ristoranti – di circa 15 milioni di euro.
I vini Doc e Docg della zona dell’Amiata, nel sud della Regione, rimangono una nicchia che rappresenta meno dell’1% della produzione toscana con gli 8mila ettolitri prodotti nel 2022 a fronte degli oltre 2 milioni di ettolitri dalle principali denominazioni registrati dai numeri dell’Associazione vini Toscana Dop e Igp (AviTo, ovvero: Igt Toscana che pesa per il 36%, Chianti e Chianti Classico che insieme valgono un latro 44%, Brunello e Rosso di Montalcino, Nobile e Rosso di Montepulciano, Vernaccia di San Giminiano, Bolgheri, Morellino di Scansano, Maremma Toscana, Montecucco, Val d'Arno di Sopra, Vini Orcia, Pomino).
«Se “nicchia” e “sostenibilità” si confermano come leitmotiv del mercato vinicolo, il Montecucco si fa coerentemente largo in questa ormai consolidata dimensione della domanda internazionale. A dimostrarlo – commenta Giovan Battista Basile alla guida del Consorzio Tutela Vini Montecucco – la straordinaria crescita di imbottigliato osservata a chiusura del 2022, che ci colloca al primo posto del podio delle denominazioni toscane. Il mercato oggi più che mai è in cerca di prodotti che siano bio-certificati, di qualità e affidabili, valori da sempre legati a doppio filo alla nostra Do, garantiti dal nostro Consorzio di Tutela e costantemente promossi a livello internazionale».
La denominazione Montecucco, con 68 aziende associate che lavorano su 500 ettari (su circa 800 potenziali) distribuiti nei sette comuni di Arcidosso, Campagnatico, Castel del Piano, Cinigiano, Civitella Paganico, Roccalbegna e Seggiano, provincia di Grosseto vanta l'85% di produzione biologica.
«Quello appena concluso – dicono dal Consorzio – è un anno che ha dovuto fare i conti con un quadro generale di grande incertezza e di difficoltà per il settore vinicolo, e non solo, ma che allo stesso tempo ha confermato una direzione già ben delineatasi a fine 2020 rispetto ai nuovi trend di consumo a livello internazionale. Una tendenza che osserva un incremento delle vendite del prodotto ricercato, di fascia media e medio-alta, in sfavore dei vini cosiddetti comuni».
«Ma anche al di là della sostenibilità –aggiunge Basile – il nostro è un Sangiovese estremamente distinguibile, autentica bandiera del suo luogo di origine, prodotto da piccole o medie aziende a conduzione familiare che negli anni sono state capaci di interpretare la peculiare identità del territorio. Insomma, un gioiello unico nel suo genere».
Le buone notizie non placano tuttavia la preoccupazione del Consorzio sulle tematiche legate all’emergenza climatica e il ricordo dei devastanti incendi che hanno colpito l'area di Cinigiano nell’estate del 2022. «Di fronte a calamità di questa portata diventa più che mai necessario riaprire un dibattito che negli ultimi anni sta interessando il settore agricolo non solo toscano. Ribadiamo la nostra posizione circa l'’urgenza di semplificare le procedure per la realizzazione di invasi per contrastare l'emergenza idrica provocata dai cambiamenti climatici che affligge il nostro comparto», conclude Basile.
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