Riso, un altro record negativo: produzione ai minimi storici per colpa della siccità
Secondo le previsioni dell’Ente Risi quest’anno verranno coltivati a riso non più di 211mila ettari
di Micaela Cappellini
2' di lettura
Quest’anno l’Italia coltiverà a riso non più di 211mila ettari: siamo al minimo degli ultimi 23 anni. Le previsioni arrivano dall’autorevole Ente Risi e non promettono nulla di buono. Per il secondo anno consecutivo il nostro Paese, che è il principale produttore di riso in Europa, con il 50% del raccolto continentale, subirà un drastico calo della produzione per colpa della siccità.
Solo il 30% dell’acqua che serve
La risicoltura, infatti, è l’attività agricola che richiede il maggior quantitativo di acqua, e nel Norditalia, dove si coltiva il 94% del riso italiano, le riserve sono già in affanno. Ai risicoltori i consorzi dei bacini idrixi hanno già fatto sapere che a disposizione oggi c’è solo il 30% dell’acqua normalmente necessaria. Se da qui a metà aprile, cioè quando avrà inizio la semina, non pioverà, gli agricoltori dovranno decidere se piantare riso oppure passare ad altre colture.
Un altro anno nero
Oltre ad essere il principale produttore europeo, l’Italia è anche pressoché l’unico Paese al mondo dove si coltivano le varietà più adatte per i risotti, come ad esempio l’arborio o il carnaroli. «L’acqua è scarsa - ha detto il direttore generale dell’Ente Risi, Roberto Magnaghi - le stime per il 2023 ci dicono che verranno coltivati 7.400 ettari in meno rispetto al 2022 e 16.000 in meno rispetto al 2021». L’anno scorso, dopo un’estate di siccità, la produzione complessiva di riso del Piemonte e della Lombardia è stata in media del 17% in meno rispetto al 2021.
Per produrre un chilo di riso sono necessarie quantità di acqua comprese tra i 3mila e i 10mila litri, a seconda della varietà e del tipo di terreno utilizzato. crescere, il riso ha bisogno di un quantitativo. Dopo che, in aprile, le piante vengono seminate, è subito necessario ricoprirle con 30-40 centimetri di acqua, il cui livello deve essere costantemente mantenuto. «Il mondo della ricerca sta già studiando nuove varietà più resistenti alla siccità - ha spiegato Magnaghi - ma finché la normativa Ue non aprirà la strada alle nuove tecnologie di biogenetica, diverse dagli Ogm, ci vorranno anni per vederla in campo».
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