In viaggio sulle tracce dell'umami, dall'Estremo Oriente alla Danimarca
Da meno di 30 anni è riconosciuto come gusto autonomo, ma è un sapore che ha una lunga tradizione. Da scoprire lungo nuove rotte del gusto.
di Barbara Sgarzi
3' di lettura
In Giappone, certo, che all'umami dà il nome, traducibile pressappoco come “saporito”, dove degustare alghe kombu, funghi shiitake e, ovviamente, salsa di soia. In tutta l'Asia, alla ricerca della salsa tailandese Nam Pla, a base di gamberetti essiccati o del kimchi, il cavolo fermentato icona della cucina coreana. Ma anche in Bretagna e Normandia, insieme alla baia irlandese di Galway, patria delle ostriche più iodate e sapide. Oppure, fuori dalle solite rotte, in Danimarca, dove nell'isola di Rømø, davanti alla costa occidentale dello Jutland bagnata dal gelido mare di Wadden, prosperano selvaggi i carnosi molluschi, dal vago retrogusto di nocciola e ricchi di umami, protagonisti di un festival a ottobre.
Se state progettando un viaggio enogastronomico alla ricerca del quinto gusto, quell'umami in realtà antichissimo, ma individuato nel 1908 dal chimico Kikunae Ikeda e solo nel 1985 riconosciuto come “gusto base” autonomo, potete creare percorsi trasversali, a medio e lungo raggio, oppure concentrarvi sul turismo di prossimità. Non tutti lo sanno, ma la cucina italiana è uno scrigno di questo sapore sapido e inconfondibile, che a torto riteniamo esotico. Le Langhe e i suoi profumatissimi tartufi, ad esempio. Le regioni di produzione del Parmigiano Reggiano, quello classico nelle province di Parma, Reggio Emilia, Modena, Bologna e il Trentingrana di alpeggio. Alla ricerca del saporitissimo prosciutto crudo e anche in Liguria, Sicilia e Puglia sulle tracce di acciughe e olive nere, e, ancora nel sud dei pomodori, più maturi e succosi, ricchi di umami sotto forma di salsa e vero concentrato di gusto nella versione secca.
È facile fare il giro del mondo intorno a questo sapore, che stimola l'appetito, gratifica il gusto e cresce nell'interesse dei consumatori. Secondo catene Uk come Waitrose e Sainsbury's, la richiesta di cibi ad alto contenuto di glutammato monosodico sale a due cifre da un paio di anni. Anche in versione sweet: l'austriaca Hanni Rützler, ricercatrice di food trend, nel 2020 ha indicato lo sweet umami come gusto del futuro. È la combinazione dolce-salato del miso e del cioccolato con il sale, ad esempio, il tocco che si ritrova nei piatti dello stellato milanese Iyo, dal sushi al dessert. Ed è stata tutta dedicata all'umami la sesta edizione dell'Académie du Champagne, animata da Barry C. Smith, professore del Centre for the Study of the Senses della University of London, che ha regalato una spiegazione scientifica agli appassionati di ostriche e champagne: «È noto quanto lo champagne si accompagni bene con l'umami. Sorseggiarlo mentre si degustano scaglie di Parmigiano, ad esempio, ne accresce esponenzialmente la piacevolezza». Stessa cosa per le ostriche che, soprattutto nelle tipologie più iodate, sviluppano il cosiddetto “umami sinergico” che potenzia l'intensità dell'abbinamento cibo e vino.
Agli abbinamenti sensoriali è particolarmente sensibile Séverine Frerson, chef de cave Perrier-Jouët, che ha creato A Banquet of Nature , un'affascinante degustazione che abbina ad alcune annate di Belle Époque le sensazioni olfattive di essenze spruzzate su blocchetti di craie, ovvero il gesso dove crescono le vigne in Champagne, e il concomitante assaggio di fiori edibili, per esaltare verticalità e sapidità del vino e, conseguentemente, dei cibi che lo accompagnano. Si chiama proprio Cuvée Umami lo champagne di De Sousa pensato soprattutto per accompagnare la cucina giapponese.
Con un 60 per cento di Chardonnay e un 40 per cento di Pinot Noir dalle zone più vocate, ha aromi di lime, miele, zenzero e poi dolcezze di lampone e ciliegia. Allo stesso tempo floreale e minerale, è uno champagne con un potenziale di invecchiamento lunghissimo.
Infine, nasce dalla volontà di creare un vino che accompagni alla perfezione piatti asiatici ricchi di sapore l'“Umami” del produttore ceco Milan Nestarec. Un orange wine biodinamico e originalissimo, assemblaggio di Gewürztraminer e Riesling, macerato sulle bucce e maturato in grandi botti di rovere per due anni. Cedro, marmellata di agrumi, miele e zafferano al naso e un assaggio intenso, rotondo, con una freschezza che fa presagire grande longevità.
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