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Industria bonsai nel dopo lockdown: il rimbalzo di maggio non ricuce il gap

Il rimbalzo mensile di maggio non chiude il gap: produzione giù del 29,6% rispetto al 2019. «Sostegno subito per evitare l’emergenza sociale»

di Luca Orlando

(bnenin - stock.adobe.com)

3' di lettura

Rispetto ad aprile c’è un rimbalzo di oltre il 31%. Ma se in tempi normali un simile balzo della produzione industriale giustificherebbe ampiamente lo champagne, in questo caso non c’è in effetti nulla da festeggiare.
Perché se è vero che l’output, nelle stime del Centro studi di Confindustria, risale in modo deciso rispetto al mese del lockdown, è il confronto con l’anno precedente ad offrire la plastica rappresentazione della distanza rispetto alla normalità.

Il trend anno su anno

In rapporto a maggio 2019 il calo della produzione è infatti pari al 29,6%, solo un poco meglio del drammatico -46% annuo verificatosi ad aprile. Nella media degli ultimi tre mesi, ovvero da quando sono state introdotte le prime misure di contenimento del Covid-19, il livello dell'indice destagionalizzato della produzione è inferiore del 34,2% rispetto a febbraio, dando il senso della crisi in atto.
La fine del lockdown e la conseguente riapertura delle attività manifatturiere che erano ancora sospese si è tradotta in una lenta ripartenza dell'industria, anche se domanda interna ed estera rimangono estremamente deboli.

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E nei mesi primaverili - spiega la nota Csc - Pil e produzione sono attesi diminuire in misura più forte rispetto a quanto osservato nel primo trimestre.
Il Csc rileva così una diminuzione della produzione industriale del 33,8% in maggio rispetto allo stesso mese dell'anno precedente mentre in termini congiunturali, rispetto al mese precedente, si è avuto un rimbalzo del 31,4% dopo la caduta di 25 punti del mese precedente.

Ripresa debole per gli ordini

Analoga divaricazione è visibile negli ordini, in caduta 51,6% su base annua, in ripresa del 12,3% sul mese precedente.Visti i livelli minimi raggiunti in aprile - spiegano gli analisti - il rimbalzo di maggio non va interpretato come segno di una robusta ripresa, tutt’altro.

La variazione acquisita della produzione industriale nel secondo trimestre è di -27,7% sul primo: se anche in giugno procedesse la lenta ripresa della domanda, nella media del secondo trimestre si avrebbe comunque una riduzione di oltre il 20% dell'attività, quasi tre volte la dinamica registrata a inizio anno.
Calo che comporterebbe un contributo negativo di circa 5 punti percentuali alla diminuzione del Pil nel secondo trimestre.

I freni alla ripresa

Numerosi sono i fattori che continueranno a frenare la piena ripresa dei ritmi produttivi. Dal punto di vista della domanda, si rileva una diminuzione dei consumi delle famiglie a causa dell'incertezza sui tempi di uscita dall'attuale emergenza sanitaria che ha portato a un aumento del risparmio precauzionale e al rinvio di acquisti ritenuti non essenziali. Mentre in parallelo le difficili condizioni del mercato del lavoro negli ultimi mesi hanno determinato la perdita di potere d'acquisto per milioni di lavoratori.

La domanda estera attuale risulta ancora compromessa dalla diversa tempistica con la quale sono state introdotte le misure di contenimento del Covid-19 negli altri paesi; quella di breve periodo è sostenuta dagli ordini già in portafoglio prima dell'emergenza sanitaria, mentre il blocco delle attività commerciali estere delle imprese industriali nei mesi scorsi non ha consentito un adeguato rinnovamento del portafoglio ordini e ciò si ripercuoterà negativamente su produzione ed export dei mesi autunnali.
Dal punto di vista dell'offerta, l'attività delle imprese è frenata dai livelli elevati di scorte che devono essere smaltite prima che il ciclo produttivo possa tornare su ritmi normali. E questo si affianca al forte peggioramento delle attese degli imprenditori manifatturieri sulla domanda nei prossimi mesi (il saldo delle risposte è sceso a -76,1 in maggio da -13,5 in febbraio); queste due condizioni da sole determinano un avvitamento che frena l'attività e incide anche sulla programmazione degli investimenti.

Carenza di liquidità

Molti imprenditori, inoltre, soffrono per la carenza di liquidità a causa del blocco normativo delle attività nei mesi scorsi. Per il momento, dunque, molti sono costretti a navigare a vista, anche a causa di uno scenario di estrema incertezza sull'economia italiana e internazionale. In assenza di adeguati interventi a sostegno della ripresa del sistema produttivo - conclude la nota Csc - nel giro di pochi mesi si rischia l'esplosione di una vera e propria emergenza sociale che renderà ancora più impervia la strada verso l'uscita dall'attuale crisi economica.

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