I punti chiave
2' di lettura
Dobbiamo farci le domande giuste, ogni giorno, nel rapporto quotidiano coi nostri alunni, e domande ancora più giuste dobbiamo farci quando ci troviamo di fronte a ragazze e ragazzi con una fragilità psichica. C’è allora bisogno di fermarsi e respirare e contare prima di dire qualunque cosa a questi ragazzi. Sono di una materia delicata quanto il cristallo e, per diverse ore al giorno, è nostra precisa responsabilità far sì che quei cuori misteriosi e sofferenti non vadano in mille pezzi. È una prova continua, non si può mai abbassare la guardia: ogni parola, per quanto impalpabile a noi, può avere un peso insostenibile per loro. Non c’è niente che vada accudito di più, nient’altro al mondo che ci metta in modo così netto di fronte alla nostra responsabilità di educatori, di un adolescente preda dei suoi demoni interiori.
Alunni da maneggiare con cura
Spesso li riconosci ancor prima di aver a che fare coi loro Pei, Pdp, piani Bes… l’insopportabile congerie di scartoffie con cui si tenta di incasellarli entro coordinate cliniche, comportamentali, socioeconomiche, relazionali. Sono rassicuranti, le scartoffie, ci danno l’impressione di poter sempre agire, normalizzare, di poter riportare l’ordine compensando o dispensando o prescrivendo. Ma si riconoscono quasi sempre prima delle scartoffie, questi alunni. Spesso, semplicemente, sembra che portino un enorme MANEGGIARE CON CURA scritto in faccia. A volte se ne vergognano, provano a nasconderlo, ci riescono perfino. Altre volte, invece, non celano il malessere, condividendolo coi compagni e con noi, e quelle sono incredibili occasioni di crescita collettiva.
La chiave, come al solito, sono gli alunni stessi. Notano tutto, questo ogni insegnante lo comprende fin dalla prima settimana di lavoro. Notano ogni minimo cambiamento, le tue insicurezze e quelle dei compagni. Alcune volte, raramente, le trattano senza delicatezza, inconsapevoli di quanto possano far male una parola crudele, un sorriso di disprezzo, un gesto disattento: anch’io l’ho fatto, alla loro età, e a distanza di molti anni me ne vergogno ancora.
Creare uno spazio sicuro
C’è però una cosa che riesce loro bene, anche a quelli che, a considerarli dal lato adulto della cattedra, hanno tutte le carte in regola per far impazzire i docenti: sanno creare, il più delle volte, una sorta di spazio sicuro. È difficile da spiegare ma è come se, spesso, attorno ai più fragili si costituisse una sorta di bolla, un piccolo spazio-cuscinetto sostanziato dal resto della classe e più o meno consapevolmente rafforzato da noi, all’interno del quale i bisognosi di protezione possono muoversi con una relativa sicurezza emotiva. È uno spazio fatto di piccoli gesti accudenti, di un «Come stai» o un «Non preoccuparti» pronunciati una volta in più, di un interessamento vago, leggero ma persistente. È bello, quando te ne accorgi. E quando non succede fa paura. Fa moltissima paura.
* Insegnante e scrittore
- Argomenti
- docente
loading...