ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùLe proteste a Teheran

IIran, arrestata la nipote di Khamenei. Ong: 11 i condannati a morte per le proteste

Farideh Muradkhani, attivista iraniana e nipote della Guida suprema dell’Iran, è stata condannata a 15 anni di carcere

Aggiornato il 9 dicembre 2022 alle 10:14

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4' di lettura

Farideh Muradkhani, attivista iraniana e nipote della Guida suprema dell’Iran, Ali Khamenei, è stata condannata a 15 anni di carcere dal Tribunale speciale del clero, pena poi ridotta a 3 anni. Lo riferiscono i media iraniani, citando l’avvocato Mohammad Hossein Agassi. La donna era stata arrestata il 23 novembre scorso. Prima di finire in carcere, aveva chiesto ai Paesi “amanti della libertà” di espellere gli ambasciatori dell’Iran, a sostegno delle proteste del popolo iraniano. Farideh è figlia di Badri Hosseini Khamenei, sorella di Ali, che nei giorni scorsi ha condannato la repressione delle proteste.

Intanto, sono 11 le persone condannate a morte in Iran dopo essere stati arrestate durante le proteste che si susseguono da quasi tre mesi nel Paese. Lo denuncia la ong «Iran Human Rights», con sede ad Oslo, facendo sapere che «altre decine di persone rischiano attualmente la pena capitale» e che «la Repubblica Islamica ha intenzionalmente nascosto i nomi dei manifestanti con condanne a morte confermate». Secondo la ong, «gli imputati non hanno accesso ai loro avvocati» e non possono avere contatti con i familiari.

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La prima esecuzione di un condannato, Mohnsen Shekar

L’esecuzione della pena capitale per il primo manifestante condannato, Mohsen Shekar, è stata eseguita l’8 dicembre 2022. Shekar era stato accusato di aver bloccato una strada, di disordini, di aver estratto un’arma con l’intenzione di uccidere nonché di aver ferito intenzionalmente un ufficiale durante il servizio.

La magistratura ha detto che l’udienza si è tenuta il 10 novembre e l’imputato ha confessato le sue accuse. Eppure, la Repubblica islamica avrebbe avviato trattative con i suoi alleati venezuelani per organizzare l’asilo per i funzionari del regime e le loro famiglie nel caso in cui la situazione si aggravasse e aumentasse la possibilità di un cambio di regime: lo hanno riferito fonti diplomatiche occidentali a Iran International English che ha rilanciato la notizia su Twitter.

La condanna

La Gran Bretagna è «indignata» per la prima esecuzione in Iran di un manifestante, Mohsen Shekari. Lo ha affermato su Twitter il ministro degli Esteri James Cleverly. «Il mondo non può chiudere un occhio di fronte all’aberrante violenza commessa dal regime iraniano contro il suo stesso popolo», ha affermato ancora il titolare del Foreign Office. E ha aggiunto: «Il Regno Unito è contrario alla pena di morte in ogni circostanza».

La petroliera con 2 milioni di barili

Nei giorni scorsi, una petroliera iraniana, con due milioni di barili di petrolio, era arrivata in Venezuela, secondo quanto riportato dall’organizzazione non governativa United Against Nuclear Iran. Negli ultimi mesi Iran e Venezuela, entrambi paesi produttori di petrolio e gas ed entrambi posti sotto sanzioni statunitensi, hanno rafforzato i loro legami ampliando la collaborazione nel settore del greggio e non solo.

“Mirano al viso, al petto e ai genitali”

Le forze di sicurezza iraniane mirano al viso, al petto e ai genitali delle donne che protestano contro il regime. E’ quanto emerge dalle interviste del Guardian a dieci medici e infermiere che curano di nascosto chi viene colpito in piazza. Le ferite delle donne sono diverse da quelle degli uomini che arrivano per farsi curare con proiettili nelle gambe, nelle natiche o nella schiena. “Vogliono distruggere la bellezza di queste donne”, ha testimoniato un medico di Isfahan. Le forze iraniane sparano pallini per la caccia agli uccelli a breve distanza. Particolarmente comuni sono i colpi contro gli occhi di donne, uomini e bambini. “Ho curato una donna giovane di vent’anni o poco più a cui avevano sparato nei genitali, con due pallini. Altri dieci erano conficcati nell’interno coscia. Questi sono stati facili da rimuovere, ma gli altri due no perché si erano annidati fra l’uretra e l’apertura vaginale. C’era un grave rischio di infezione vaginale. Poteva essere mia figlia”, racconta un medico.

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La smentita del Tribunale su Fahimeh Karimi

L’allenatrice iraniana di pallavolo Fahimeh Karimi non è stata condannata a morte. Lo precisa l’Ufficio per le pubbliche relazioni del tribunale di Pakdasht, citato dall’agenzia di stampa Mehr, secondo cui “il caso è oggetto di indagine, e finora nessuna sentenza è stata emessa dalle autorità giudiziarie per l’imputata Fahimeh Karimi e le notizie pubblicate online si basano su informazioni false”. La donna ha condiviso per 34 giorni la cella con Alessia Piperno, la blogger romana che era stata arrestata il 28 settembre scorso a Teheran nell’ambito delle proteste in corso per la morte di Mahsa Amini e rilasciata il 10 novembre.

Tajani: prima condanna a morte in Iran punto di non ritorno

«La prima condanna a morte di un manifestante in Iran dall’inizio delle proteste è un punto di non ritorno. L’Italia e il suo governo esprimono forte condanna. Continueremo in ogni sede, con le nostre pressioni diplomatiche, a difendere la libertà e i diritti umani violati da Teheran». Lo scrive su Twitter il ministro degli Esteri Antonio Tajani.

Usa: esecuzione è escalation sinistra del regime

«L’esecuzione di Mohsen Shekari rappresenta una escalation sinistra dei tentativi del regime per eliminare tutte le critiche e reprimere le manifestazioni»: lo ha detto il portavoce del dipartimento di stato Usa Ned Price, mentre il consigliere della Casa Bianca per la sicurezza nazionale Jake Sullivan ha twittato che gli Usa «chiederanno conto al regime iraniano delle violenze brutali che ha inflitto al suo popolo».

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