ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùVrso le elezioni di Mid-term

L’America spaccata mette a rischio l’ordine mondiale

Solo la destra anti-Trump del partito repubblicano può salvare gli equilibri democratici negli Usa

di Sergio Fabbrini

(REUTERS)

4' di lettura

Dopodomani, gli occhi di molti saranno rivolti verso l'America. Circa 120 milioni di cittadini americani andranno a votare per le elezioni di mid-term, in un contesto di polarizzazione politica senza precedenti. L'esito delle elezioni condizionerà la politica interna di quel Paese ma anche il destino del mondo. Vediamo meglio. Contrariamente ad un'opinione diffusa, l'America ha un governo debole, non forte. Forte è il Paese e (fino ad ora) le sue istituzioni. Il governo è debole perché i costituenti l'hanno organizzato secondo la logica della separazione dei poteri. Il presidente, la Camera dei Rappresentanti e il Senato sono “istituzioni separate che condividono il potere di governo”. Le elezioni per la Camera si tengono ogni due anni, in distretti elettorali interni ai singoli stati; quelle per il Senato ogni sei anni, scaglionate per un 1/3 dei senatori ogni due anni, in distretti elettorali che coincidono con i singoli stati; quelle presidenziali ogni quattro anni. Le elezioni di dopodomani si chiamano di metà mandato perché si tengono tra un'elezione presidenziale e l'altra.

In gioco vi saranno i 435 seggi della Camera e 1/3 dei 100 seggi (35) del Senato (le due camere che costituiscono il Congresso). Le tre istituzioni di governo (presidenza, Camera e Senato) sono elette da elettorati diversi, stanno in carica per periodi diversi, non dipendono dalla fiducia dell’una o dell’altra. L’America non ha un governo, se inteso come l’istituzione dotata del potere dell’ultima parola. Essa riesce a ben governare quando le tre istituzioni riescono a convergere su comuni obiettivi, mentre invece è destinata a mal governare quando le tre istituzioni divergono sugli obiettivi da perseguire. Attualmente, il presidente (democratico) Joe Biden beneficia di una maggioranza democratica ristretta alla Camera (220 democratici, 212 repubblicani, 3 seggi vacanti) e risicata al Senato (50 democratici, 50 repubblicani, con la vicepresidente Kamala Harris che può sbloccare lo stallo a favore dei primi). A causa di queste (ristrette e risicate) maggioranze, Biden ha dovuto ridimensionare i progetti legislativi più ambiziosi, anche se è riuscito a far approvare misure importanti. Come, recentemente, l’Inflation Reduction Act (che include 300 miliardi dollari per ridurre il deficit e 369 miliardi di dollari per abbassare i costi dell’energia, oltre che il prezzo delle prestazioni sanitarie per i cittadini a basso reddito) oppure la Security Assistance for Ukraine (più di 1 miliardo di dollari che si aggiungono a 16 miliardi dollari finora impegnati per assistere Kiev).

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Se è difficile governare l’America, lo sarebbe ancora di più se le elezioni di dopo-domani producessero una maggioranza repubblicana alla Camera (un esito probabile) e al Senato (un esito possibile). Infatti, le due maggioranze repubblicane sarebbero largamente condizionate da rappresentanti e senatori sostenuti dalla componente trumpiana del partito. L'ex presidente Donald Trump si è personalmente impegnato, durante le primarie repubblicane che dovevano scegliere i candidati per le elezioni, a promuovere politici che condividono la sua accusa che Biden abbia “rubato” l’elezione del 2020 (Stop the Steal). Ciò ha spinto i repubblicani, che controllano la maggioranza legislativa degli stati, ad introdurre vincoli alla partecipazione elettorale di minoranze etniche (dagli afroamericani ai gruppi di recente immigrazione) e ad utilizzare il nuovo censimento del 2020 per ridisegnare i distretti elettorali così da massimizzare il voto del proprio elettorato e disperdere quello dell’elettorato avversario. Dentro il partito repubblicano si è consolidato un diverso partito, con un nome distinto (MAGA o Make America Great Again), un programma radicale (isolazionismo in politica estera e deregolamentazione in politica interna) e un suo leader indiscusso. Un leader che, nonostante le acclarate irregolarità costituzionali compiute durante il suo mandato quadriennale (2017-2020), dispone di un sostegno elettorale militante. Lo si è visto il 6 gennaio 2021, quando sostenitori di Trump hanno dato l’assalto al Congresso con lo scopo di bloccare il passaggio dei poteri presidenziali a Joe Biden. Una sorta di colpo di stato, come non si era mai visto. Trump ha trasformato il risentimento sociale in una risorsa politica. Così, dopodomani, una vittoria repubblicana rafforzerebbe la sua candidatura per le elezioni presidenziali del 2024, anche perché (sempre dopodomani) in 27 stati si voterà per la posizione di segretario di stato (il funzionario che dovrà certificare i risultati elettorali dello stato nelle prossime elezioni presidenziali) con ben 18 candidati trumpiani in lizza. Come ha dichiarato il possibile nuovo Speaker della Camera, Kevin McCarthy, un Congresso repubblicano taglierebbe subito il programma di aiuti all’Ucraina e quello finalizzato a contenere i costi dell’energia. Ecco perché Mosca e Pechino, ma anche Bruxelles, seguiranno con attenzione le elezioni di dopodomani.

Insomma, un’America polarizzata è un pericolo per sé stessa e per il mondo. Solamente la destra conservatrice (anti-trumpiana) del partito repubblicano potrebbe fermare la polarizzazione. Decidendo se seguire la strada di Paul Hindenburg, il presidente conservatore del Reich (1925-1934) che, nella Germania in crisi, aprì le porte alla destra eversiva oppure la strada della repubblicana Liz Cheney che ha votato per l’impeachment di Trump alla Camera (2021), pur sapendo che avrebbe perso il suo seggio (come è avvenuto). Spetta alla destra conservatrice salvare la democrazia americana e, con essa, l’ordine liberale internazionale.

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