Investimenti

L’Europarlamento blocca l’accordo tra Unione e Cina

Esame del testo bloccato: «Pechino tolga le sanzioni contro i deputati Ue». Bruxelles cerca di migliorare le relazioni con gli Usa, ieri riunione sul commercio

di Beda Romano

(REUTERS)

3' di lettura

Il Parlamento europeo ha deciso ieri di congelare l’attesa ratifica dell’accordo raggiunto dall’Unione europea con la Cina per regolamentare gli investimenti bilaterali finché Pechino non abolirà le sanzioni adottate recentemente, anche contro alcuni deputati europei.

La decisione era nell’aria da quando la stessa Commissione europea aveva avvertito qualche giorno fa che non avrebbe fatto campagna attiva per una rapida ratifica dell’intesa.

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La risoluzione è stata approvata con 599 voti a favore, 30 contrari e 58 astenuti. La presa di posizione è giunta dopo un botta e risposta politico tra Bruxelles e Pechino. L’Unione europea ha deciso all’inizio dell’anno di introdurre sanzioni contro la Cina per protestare contro la situazione in cui versa la minoranza musulmana uigura nel Paese asiatico (si veda Il Sole 24 Ore del 23 marzo). Per tutta risposta, Pechino ha annunciato ritorsioni, sanzionando anche alcuni eurodeputati.

Nel testo della risoluzione approvata ieri pomeriggio in sessione plenaria si legge che le contro-sanzioni cinesi sono «arbitrarie e immotivate», senza fondamenta nel diritto internazionale. Di conseguenza, il Parlamento europeo «subordina la sua ratifica dell’accordo di investimento alla revoca delle misure sanzionatorie da parte del governo cinese» (si veda Il Sole 24 Ore del 31 dicembre). «Le relazioni sino-europee non possono continuare come se niente fosse».

«Decidendo le sanzioni, la Cina ha fatto male i conti. Dovrebbe imparare dai suoi errori e ripensarci. A causa delle sanzioni cinesi, l’accordo sugli investimenti è stato messo nel congelatore», ha affermato Reinhard Bütikofer, un eurodeputato verde tedesco oggetto di sanzioni cinesi. Le risoluzioni parlamentari non sono vincolanti, ma in questo caso la posizione del Parlamento ha un peso specifico poiché spetta all’assemblea ratificare l’intesa.

Già alcuni giorni fa il vicepresidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis aveva spiegato che Bruxelles non avrebbe fatto campagna attiva in vista di una rapida ratifica dell’accordo. Lo stesso commissario al mercato unico, il francese Thierry Breton, aveva succesivamente spiegato che l’intesa «non è veramente una intesa», quanto più che altro «una intenzione». Detto ciò, la scelta del Parlamento europeo è uno scacco sia per Pechino che per Bruxelles.

L’accordo raggiunto nel dicembre scorso regola il campo degli investimenti e fu voluta in particolare dalla Germania. A cavallo dell’anno Bruxelles aveva spiegato chiaramente i vantaggi del trattato, che fa chiarezza in settori cruciali per le imprese europee: l’auto, l’industria chimica, i macchinari industriali. A questo punto è difficile fare previsioni. La Cina è apparsa particolarmente combattiva nel reagire alle sanzioni europee relative alla minoranza uigura.

Sempre ieri si è tenuta a Bruxelles una riunione ministeriale dedicata proprio al commercio. Mentre il rapporto con la Cina si complica, la Commissione europea tenta di migliorare la relazione con gli Stati Uniti. Ieri lo stesso vicepresidente Dombrovskis ha auspicato che le parti risolvano entro metà luglio la vicenda relativa ai sussidi pubblici di cui godono Boeing e Airbus e che è al centro di una diatriba nell’ambito dell’Organizzazione mondiale del commercio.

I ministri hanno anche discusso del negoziato bilaterale appena avviato e relativo al settore siderurgico (si veda Il Sole 24 Ore del 18 maggio). La trattativa è partita dopo che Bruxelles ha deciso di sospendere una nuova tornata di contromisure per rispondere ai dazi americani sull’importazione di acciaio e alluminio. C’è la speranza che Washington possa anch’essa fare un gesto di buona volontà nei confronti dell’Europa su questo fronte, magari prima dell’incontro bilaterale di metà giugno.

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